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Scritto da Valter Nieri
Amore e Vita
26 Novembre 2022

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Fra i tanti primati che Ivano Fanini può vantare c’è anche quello degli anni 1988 e 1989, quando fu artefice di una operazione binaria tra due squadre professionistiche create sommando gli investimenti: la Fanini – 7 UP con D.S.Franco Gini e capitano Pierino Gavazzi e la Pepsi Cola - Fanini diretta da Giuseppe Lanzoni con capitano G.B.Baronchelli nel 1988 e Polli - Mobiexport - Fanini e Pepsi - Fanini nel 1989.

Per la prima volta nella storia del ciclismo due squadre gestite dalla stessa persona diventavano rivali nella stessa famiglia. Un insieme di ricche doti umane di quel personaggio sportivo che è Ivano Fanini e lo è in tutto, sia nelle sue battaglie come la lotta contro il doping, sia nelle discussioni animate con i principali organi federali per il bene del ciclismo. Ma nella sostanza c’è comunque la sua capacità nell’essere riuscito a dare continuità alle sue squadre professionistiche dal 1984.

Molto comunicativo, ma poco sereno perché con la sua “vulcanicità” è sempre a mulinare pensieri e idee per proseguire la storia delle sue squadre. A livello professionale si è creato da sé decidendo gli assetti delle squadre, le strategie e gli obiettivi, ma anche avviando alla pratica ciclistica nuove leve di atleti, facendoli crescere nelle sue squadre giovanili con lungimiranza pronti ad aggregarsi alle prime squadre. Una storia che si ripete da decenni ed ora a oltre 70 anni si avvale del grande lavoro di suo figlio Cristian, ma fino al momento che questi diventasse adulto il lavoro se lo caricava tutto sulle sue sole spalle, per paura che troppi cervelli non gli consentissero di arrivare ad essere un protagonista fino ad oggi. I successi a livello professionistico ebbero inizio nel 1984 hanno consentito all’imprenditore lucchese di diventare non soltanto il dirigente ciclistico più continuo nel tempo, ma di essere anche fra i più conosciuti dagli amanti del ciclismo a livello internazionale.

Nella storia delle sue squadre sono tante le emozioni, tante le attese ed esperienze uniche ma anche i brividi da accapponare la pelle che ti scuotono come un albero che perde le foglie curvato dalla tempesta. Un arrivo che riassume tutte queste sensazioni fu nella 3.a tappa al Giro del Trentino del 1988, vinto dallo svizzero Urs Zimmermann davanti al connazionale Toni Rominger. Ma i retroscena della terza tappa forse superarono di clamore anche i vincitori finali perché a contendersi il successo parziale furono due corridori della stessa famiglia Fanini e in quella circostanza Roberto Gaggioli, con un colpo di reni, superò sulla linea del traguardo Alessio Di Basco. Il primo correva per la Pepsi Cola Fanini, il secondo per la Seven Up-Fanini. Il Giro del Trentino, che dal 2017 ha cambiato nome diventando Tour Of the Alps e che attualmente fa parte del circuito Uci Proseries classe 2.HC, ha un albo d’oro di nomi che hanno fatto la storia del ciclismo e la prima edizione fu vinta nel 1962 da Aldo Moser, ma due squadre della stessa famiglia l’ha avute alla partenza soltanto nelle edizioni 88 e 89: le squadre Fanini che segnarono il proprio nome anche nella classifica finale del 1989 grazie a Mauro Antonio Santoromita (Pepsi Cola-Fanini) che superò El Diablo Claudio Chiappucci. Una edizione che vide primeggiare i colori Fanini anche con Stefano Tomasini (Pepsi-Fanini), vincitore della 2.a tappa, in un anno per lui trionfale tanto che vinse la classifica finale di miglior giovane e quindi la maglia bianca al Giro d’Italia.

L’ORIGINALE MA DISPENDIOSA IDEA DI IVANO FANINI DI FAR COMPETERE DUE SQUADRE NEL PROFESSIONISMO

Successe un qualcosa senza precedenti nel ciclismo mondiale. Per la prima volta due squadre della stessa famiglia si contendevano la vittoria ad una corsa. Nella volata di gruppo a contendersi la vittoria della tappa erano Roberto Gaggioli ed Alessio Di Basco. Due velocisti di rango sovrapposti rivali nello sprint da Fanini, che è sempre stato anche un rigeneratore di corridori sull’orlo del tramonto(come sta a dimostrare il titolo italiano vinto ad Imola da Pierino Gavazzi nell’88 ndr). Due squadre per disporre più atleti e disegnare molte più emozioni: c’era in palio la contesa come miglior velocista di famiglia ma anche il premio economico. ” L’idea-dice Ivano Fanini-mi venne perché quando con il direttore marketing della Pepsi Cola Alberto Ritteri stipulai il contratto di sponsorizzazione, gli chiesi se poteva farmi avere anche la Seven Up fra i main sponsor. Lui mi rispose che anche la Seven Up, di cui era pure direttore marketing, avrebbe voluto nome sulla maglia dei ciclisti e così feci nascere anche la Fanini - Seven Up. Anni di successi e di soddisfazioni. Non posso dimenticare il commento Rai in diretta televisiva di Adriano De Zan sul finale emozionante della tappa al Giro del Trentino che vedeva opposti due miei corridori.Di sicuro stavo per fare primo e secondo posto con le mie squadre. Sensazioni uniche, piene di charme. Erano due squadre operaie e corsare che si battevano molto sulla forza fisica personale e che riuscivano ad imporsi nelle classiche ed anche nelle tappe del Giro d’Italia, riuscendo a ritaglliarsi un piccolo spazio fra grandi campioni come Moser, Saronni, Knudsen, De Vlaeminck, Chiappucci,Rominger, Argentin e tanti altri che andavano per la maggiore “. Anche in quegli anni però le polemiche con gli organizzatori non mancarono..” L’organizzatore del Giro d’Italia Vincenzo Torriani non mi accettò più di una squadra. Anche in federazione non si poteva avere più di una squadra affiliata e così-conclude Fanini-iscrissi la Pepsi in America. In occasione della Milano-Sanremo manifestammo in segno di protesta e due ore prima della partenza feci  correre il percorso dalla Pepsi attirando l’attenzione di sportivi e mass media ma Torriani non cambiò decisione nè per la Sanremo né per il Giro d’Italia”.

ROBERTO GAGGIOLI IL VELOCISTA CHE CONQUISTO’ GLI STATES

La storia di Fanini è disseminata di velocisti che hanno avuto stagioni piene di successi. Uno di questi è il toscano Roberto Gaggioli, professionista dall’84 al 2005. Un corridore coraggioso, dai riflessi pronti e quando si apriva un varco ci si inseriva ad alta velocità a sprint lanciato. Con 207 vittorie è uno fra i professionisti che vantano il maggior numero di successi anche se in prevalenza è andato a conquistarseli negli Stati Uniti. “Devo gran parte della mia carriera a Ivano Fanini-dice-perchè dopo che avevo vinto la Coppa Berocchi nell’86 con Ecoflam ed essermi piazzato in diverse corse a fine stagione anziché fare il salto di qualità mi ritrovai senza squadra. Ero un corridore spontaneo, che amava le fughe già a inizio gara e le volate. Non calcolavo mai ma mi lasciavo guidare dalla mia esuberanza. Fu Fanini a credere in me altrimenti probabilmente avrei smesso di correre ed invece grazie a lui la mia carriera è stata lunghissima e ricca di successi”. Al Giro del Trentino una volata entusiasmante le consentì di superare l’amico rivale Di Basco della consorella Fanini-Suven Up. Quale fu la reazione? “Alessio era comunque felice che quel giorno a batterlo ero stato io. Eravamo e siamo tutt’oggi ottimi amici. Si correva nella stessa famiglia ma ognuna delle due squadre puntava a vincere per se stessa. L’esclusione dal Giro d’Italia ci portò a correre in America dove vinsi il Philadelphia International Championship. Gli unici italiani a vincere una gara di Coppa del Mondo quell’anno siamo stati io e Maurizio Fondriest. L’America mi conquistò. Sono stati gli States a dare una sterzata alla mia carriera, fino a quel momento non troppo densa di soddisfazioni e priva di acuti significativi che soltanto le tappe del Giro d’Italia mi avrebbero potuto dare, ma non ebbi la possibilità di parteciparvi. Grazie però a Fanini diventai un leader al di là dell’Oceano e mi sentivo a mio agio sotto i riflettori. Fra gli sconfitti a volte c’è stato anche Lance Armstrong che però svolse la sua carriera prevalentemente in Europa.” Anche i suoi stipendi lievitarono pur con l’inconveniente di doversi ambientare in un nuovo paese che è comunque sempre tra le mete preferite dai giovani. Successi che continuarono saltuariamente anche in Europa. “Ricordo che vinsi alla Settimana Bergamasca ma anche al Giro della Slovenia. Feci quella scelta pensando ai soldi e rinunciando allo stesso tempo a disputare corse più importanti e se tornassi indietro rifarei tutto alla stessa maniera”. Attaccata la bicicletta al chiodo iniziò poi a fare il D.S ” Si, la mia prima squadra è stata il Team Monex nel 2005-06, poi la Toshiba infine il triennio 2009-11 con Amore & Vita con nuove soddisfazioni in casa Fanini portando al successo una ventina di volte l’ucraino Jurij Metlushenko". Ma il successo della svolta fu in quel Giro del Trentino, un successo in famiglia, quando la sconfitta non pesa ma esalta il valore degli avversari accomunati sotto la stessa bandiera. Poche volte, anzi mai era successo. Due squadre nel professionismo che correvano in contemporanea le ha messe su soltanto quel vulcanico imprenditore lucchese. Gaggioli è tornato a vivere a Vinci, la sua città natale. Ha tre figli: Luciano ha 14 anni ed è un promettente ciclista. E’ già promesso a Fanini per seguire le orme del padre, di un velocista estroso, bizzarro, ma che è riuscito ad esaltare le folle americane dove ancora è ricordato con tanto affetto.

 

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