Conosciamo Mimmo D'Alessandro da molti anni anche se, ad essere sinceri, non è tipo da aprirsi o, almeno, non lo ha mai fatto con noi. Riservato, educato, attento, diplomatico, a volte sospettoso e, comunque, sempre sul chi va là. Dietro, però, questa cortina o corazza si nasconde una persona sensibile, probabilmente costretta a indossare panni anche un po' stretti più per necessità che per scelta. Del resto, in questi decenni di carriera in mezzo ad una giungla frequentata da soggetti che una ne pensano e cento ne fanno e non proprio tutte pulite, del pelo sullo stomaco è assolutamente indispensabile averlo. Non è un cinico, assolutamente, basterebbe sentirgli raccontare la sua passione per la musica napoletana, oppure, a cena, lasciarlo volare via con i suoi aneddoti. L'altra mattina eravamo, come sempre, come ogni anno, alla presentazione della nuova edizione del Lucca Summer Festival 2025. Stranamente, la prima volta in tutti questi 28 anni Covid incluso, Mimmo D'Alessandro ha preso la parola per primo e quello che ha detto ci ha fatto tanta tenerezza. Portando e snocciolando i dati relativi ai biglietti venduti, la conclusione del promoter napoletano cresciuto professionalmente a Viareggio con Sergio Bernardini, è stata che i lucchesi, sostanzialmente, se non odiano, certamente non amano il Lucca Summer Festival e, in particolare e per conseguenza, il suo fondatore. Dopodiché D'Alessandro si è chiesto perché. Perché, visto che lui in oltre cinque lustri ha fatto di tutto per far sì che Lucca diventasse famosa a livello internazionale e portando tutto l'universo musicale conosciuto...