Dal marzo 2017 abito/iamo in città, dentro le Mura, all’inizio di corso Garibaldi tra le porte Sant’Anna e San Pietro. Occupo/iamo una parte del terzo piano di uno stabile del secolo scorso - e forse anche qualcosa di più - e tale posizione mi garantisce una bella vista su una discreta porzione dell’anello semimillenario onore e vanto di Lucca e della sua gente.
Mi piace indugiare alla finestra: con la vista e l’udito partecipo alla vita esterna, ma mantengo i piedi ben piantati nella mia protetta comfort zone. Essere al tempo stesso dentro e fuori e per di più in alto, mi regala, come tanta letteratura e tanto cinema hanno raccontato, la piacevole sensazione di piccolo potere nascosto. Ma torniamo alle nostre Mura, popolatissime fin dalle prime ore del mattino di studenti in evidente e sospetta libera uscita, di anziani in cerca di tranquillità, di rumorose comitive di turisti, di dogsitter impegnati a garantire la quotidiana sgambata (?) ai rappresentanti di tutte le razze del più fedele amico dell’uomo.
E poi, numerosissimi, ci sono loro: i runner, ovvero i corridori salutisti. Di alcuni – pochi – non posso che ammirare la nervosa potenza dei muscoli, la scattante agilità della corsa, il passo ben coordinato e veloce. Di altri – molti, molti di più – registro, con qualche pena, il senso di un’improba fatica, di un debilitato spossamento, di una stanchezza stremata. Così corricchiano, trotterellano, galoppano per brevi tratti e alla fine si arrendono limitandosi a camminare di buon passo. Sudati, sbuffanti, ansimanti, scaracchianti, in perenne deficit d’ossigeno… Significando in tutti i modi possibili ai comuni mortali, col linguaggio del corpo sofferente, il senso di una fatica tanto ciclopica quanto inutile. E mi chiedo: perché? Perché nell’illusione di strappare qualche ora alla “banca della vita” ci si sottopone come cosa buona e giusta a “tutto ‘sto mazzo”?
È il senso comune diffuso, bellezza. O per meglio dire, la moda del momento; ovvero come ebbe a scrivere nel suo Diario notturno il lungimirante e perspicace Ennio Flaiano “l’autoritratto di una società e l’oroscopo che essa stessa fa del suo destino”. Quindi, a giudicare da quanto avviene sotto i miei occhi, ci aspettano tempi igienisti sino allo spasimo, salutari a costo di morire, vigorosamente energici o, se preferite, energicamente vigorosi. Ci torna in proposito alla memoria un acuto aforisma nientemeno che di papa Francesco: “Chi corre dietro al nulla, diventa nullità”.