Eh già, almeno su questo pare ormai non ci siano assolutamente dubbi. Eppure in molti, anzi tantissimi, pensano che l’ora legale ci sia solo in quel periodo che va dall’ultima domenica di marzo all’ultima domenica di ottobre, quando in sostanza si mette l’ora “in più” e si passa quindi ad avere tramonti più tardivi ed a goderci cene in veranda o in terrazzo illuminate da un po’ di piacevole residua luce serale, mentre nell’altro periodo, quello più buio autunnale e invernale, sia in vigore l’ora “solare”.
Lo pensavo anche io fino a quando, per i miei studi professionali, nella mia più stupita meraviglia di allievo ventenne, mi… illuminarono dicendomi che in estate (allora il periodo era infatti più breve) vigeva l’ora “estiva”, mentre d’inverno vigeva quella “legale”.
Successivamente un insegnante ancor più… illuminato corresse ulteriormente il tiro e informò l’attonita platea universitaria circa il fatto che l’ora per tutto l’anno fosse “legale” solo e soltanto perché legalmente era, appunto, deciso così da una legge dello Stato.
Ebbene si, l’ora in uno Stato, uno qualsiasi, non solo l’Italia, è decisa a tavolino, per praticità.
In pura teoria astronomica ciascun essere vivente avrebbe una sua ora solare determinata dalla sua posizione geografica, soprattutto dalla sua longitudine. In sostanza, tutti coloro che fossero sulla terra con i loro piedi a cavalcioni dello stesso meridiano godrebbero tutti della loro personalissima “ora solare”.
Tutto ciò, appare evidente, creerebbe non pochi problemi, specie per chi vorrebbe essere puntuale ad un appuntamento, perché si troverebbe costretto a chiedere, oltre all’ora dello stesso appuntamento, anche la longitudine di riferimento, pena farsi dare del… solito ritardatario.
Scherzi a parte, questa evidente problematica è stata risolta in passato suddividendo il mondo in fasce orarie, i cosiddetti “fusi orari”, ampi ciascuno 15 gradi di longitudine (eh si, 24 moltiplicato 15, fa 360, ovvero l’angolo giro, ovvero la rotazione che la terra realizza in un giorno, 24 ore).
Quindi (semplificando) per convenzione, sulla terra ci sono 24 fasce geografiche al cui interno vige la stessa ora “legale” e quindi le persone possono arrivare agli appuntamenti puntuali e soprattutto senza dover fare calcoli astronomici complessi.
Una volta, però, non era così. Per esempio i navigatori britannici dell’Ottocento che si spostavano di parecchie miglia da un giorno all’altro verso Ovest, non avendo il GPS e neppure gli orologi atomici, come potevano rimettere i propri orologi e non correre il rischio di dare appuntamento alla loro bella fidanzata statunitense alle 10 del mattino per lo shopping in centro ed arrivare nel posto prefissato mentre la gentile signorina dormiva beatamente perché per lei sono ancora le 4 di notte?
Avendo a disposizione il sole, navigando nelle belle giornate prive di nuvole, ciò era ovviabile osservando il cosiddetto “passaggio in meridiano” del sole, ovvero il passaggio del sole sul punto di tangenza del suo arco diurno, la propria traiettoria giornaliera, quando in sostanza il sole smette di “salire” e comincia a “scendere” per poi, dopo qualche ora del pomeriggio, arrivare a tuffarsi in mare all’orizzonte. Ecco, in quel punto ed in quel momento veniva verificato il “mezzodì” e con quelle osservazioni solari, con i sestanti (che non servono solo a determinare la posizione del natante, il punto nave astronomico serale, con l’osservazione delle stelle), ogni giorno venivano rimessi gli orologi e venivano “resettate” le routine e la vita di bordo.
Si, Tàttaro, bella spiegazione, grazie. Ma perché ci hai voluto rendere partecipi di questa strabiliante verità che a noi però non cambia la vita… se non di pochi minuti ad ogni appuntamento?
La risposta è presto detta.
Il paziente lettore è bene sappia che oggi saper regolare bene il proprio orologio “nazionale” è fonte se non di ricchezza, almeno di notevole risparmio. Ce lo sentiamo ripetere ogni volta che si passa da ora estiva ad ora invernale: “Quest’anno sono stati risparmiati tot KWh per un risparmio economico di tot euro”.
Si, il fatto che si aggiunga un’ora in più a quella teorica di competenza del fuso di riferimento per l’Italia (il fuso “Alfa”) e quindi si passi all’ora vigente nel fuso “Bravo” fa risparmiare al Sistema Paese dei bei soldoni (in termini di centinaia di milioni di euro, si stima addirittura un miliardo).
La domanda conseguente successiva che si fa Tàttaro, lo scrivente, ma ve la potreste fare tutti voi miei cari concittadini e connazionali, è la seguente… ma allora perché non rimaniamo in fuso Bravo tutto l’anno risparmiando ancora di più (anche d’inverno) e anche, per soprammercato, non avendo tutte quelle rotture di cabbasizi (grazie Montalbano!), ovvero lo stress di dover cambiare l’ora ogni 7 e 5 mesi e adeguare il nostro orologio biologico a quello “legale”?
Bella domanda.
Proponiamola quindi a chi, pur potendo scegliere, ovvero i precedenti governi ed in particolare uno dei due “Conte”, non ha voluto scegliere di cambiare, ovvero ha lasciato tutto come prima, non cogliendo un’occasione di risparmio energetico (mossa green) non di poco conto.
Il perché, la risposta a questa domanda è stata data, ma in termini, mi si consenta, opinabili.
“Quell’ora che si guadagna la sera la si perde la mattina. Il vantaggio medio non è altissimo. E se non lo si fa unitariamente con gli altri Paesi, poi, ci sono problemi non da poco per il cambio al confine”.
Questa è stata la risposta dell’allora Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Cingolani.
Tuttavia, le stime di risparmio energetico, economico e di minori emissioni di anidride carbonica di cui ho accennato non sembrano, non solo a parer mio, così secondarie, anzi.
Basti pensare che quello che si perde di mattina d’inverno, lo si guadagna con fattore doppio se non triplo la sera, quando c’è un numero, appunto, doppio/triplo di persone che sveglie e quindi “vivendo” accendono la luce, il sistema di riscaldamento, usano gli elettrodomestici, ecc.
Per quanto riguarda poi il problema con gli Stati confinanti… mi viene da sorridere.
Nel 2023, ventunesimo secolo, nell’era degli smartphone, dello smart working del “tutto a portata di click” ci preoccupiamo delle “teribbbbbili” conseguenze di dover essere un’ora in avanti rispetto a Francia, Austria, Svizzera e “compagnia confinante” (sempre che anche questi Stati non pensino prima o poi di portare avanti, anche loro, l’orologio)?
Ma davvero queste sono le insormontabili problematiche che oggi in Italia ci sconsigliano di fare qualcosa di logico, di “illuminato”, una volta tanto?
La speranza è che il Governo Meloni voglia ripensare a questa opportunità di risparmio in termini di stress biologico, di KWh, di Euro, di CO2 e di tutto quello che vi piaccia pensare e ci consenta di accendere la luce un’ora più tardi nei nostri prossimi, se Dio vorrà che ci siano (Amen!), inverni italici.
Saluti da Tàttaro.