Oggi 16 ottobre si ricorda il rastrellamento, con seguente deportazione nei campi di sterminio, degli ebrei del ghetto di Roma, avvenuto ottant’anni fa. L’evento tragico assume adesso un significato tutto particolare. Infatti è dei giorni scorsi la più sanguinosa strage di ebrei proprio dai tempi della Shoah. Per di più ora come allora si combatte una feroce guerra in Europa, oggi in Ucraina mentre ai tempi riguardava tutto il continente dai Pirenei al Volga.
L’Italia era spaccata in due, senza Governo: il Re si era trasferito o era fuggito (a seconda dei punti di vista) con Badoglio, allora primo ministro, a Brindisi. Al
nord stava per tornare l’ultimo Mussolini, con la Repubblica sociale Italiana, “satellite” della Germania nazista. I tedeschi invadevano la penisola, che diventava campo di battaglia tra gli eserciti e la Resistenza si organizzava. Al posto di papa Francesco c’era papa Pio XII. Oggi papa Francesco protesta pubblicamente da anni e in innumerevoli circostanze contro la cosiddetta “Terza Guerra mondiale a pezzi”, con gli esiti che sono sotto gli occhi di tutti noi.
Al papa dell’epoca Pio XII - al secolo Eugenio Pacelli - si è sempre rinfacciata l’accusa di non aver protestato pubblicamente. Giova, a questo proposito, ricordare il passaggio del radiomessaggio del dicembre 1942, nel quale il papa parlava della sorte delle «centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talvolta solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate a morte o a un progressivo deperimento». Si trattava di un cenno esplicito ai campi di sterminio, a pochi mesi dall’inizio della terribile «soluzione finale» voluta da Hitler, e la parola «stirpe» era particolarmente significativa e
ovviamente riferita alle persecuzioni razziali. Vari studi degli anni passati sono stati indirizzati a valorizzare la figura di Pacelli e del suo più stretto collaboratore del tempo, Giovanni Battisti Montini, poi divenuto papa Paolo VI, soprattutto in un contesto tanto calamitoso, che noi possiamo solo in qualche modo immaginare.
Eppure il giudizio negativo si era consolidato su Pacelli. Come era stato possibile? Pochi sanno che tutto nasce con una data e un fatto preciso, nel 1963, quando uscì l'opera teatrale Il Vicario (Der Stellvertreter. Ein christliches Trauerspiel) del drammaturgo tedesco Rolf Hochuth.
Esplose allora la polemica sui presunti silenzi della Chiesa cattolica, e di Pio XII in particolare, circa lo sterminio degli ebrei e le altre persecuzioni messe in atto dalla Germania nazista e dai Paesi suoi alleati. È materia degli studiosi valutare la fondatezza di dette controversie. È impossibile qui e ora esser certi se si poteva fare di più e come.
Si può però ricordare come ai tempi – anni sessanta del secolo passato – reagì un antifascista “laico”(cioè non democristiano), divenuto presidente della Repubblica. Si tratta di Giuseppe Saragat. Racconta il giornalista Ugo Indrio nella biografia a lui dedicata che il presidente Saragat fece una reprimenda delle sue al rappresentante diplomatico dell’allora Repubblica Democratica Tedesca – ovvero la Germania dell’Est, comunista – dove l’opera Il Vicario era rappresentata, dicendo che era un’infamia mostrare a quel modo un papa come Pacelli, che aveva fatto tutto il possibile per quei tempi per difendere i perseguitati, a prescindere dalla fede religiosa, appartenenza politica o altro.
Saragat stesso ne era stato testimone diretto ai tempi del conflitto e delle deportazioni. Chissà tra ottant’anni come sarà ricordato l’impegno del papa d’oggi contro le guerre che proliferano per ogni dove. A leggere sul quotidiano La Stampa di oggi cosa dice sul pontefice il filosofo Alain Finkielkraut, figlio di ebrei polacchi sopravvissuti all'Olocausto (<< Papa Francesco non ha mai condannato come si deve l'invasione russa dell'Ucraina e non ha mai nemmeno voluto
prendere in considerazione la realtà della violenza islamista>>), si può già avere una qualche vaga idea.
Nota di Aldo Grandi:
Non sarei intervenuto se non fosse che le parole di Stagi sui comportamenti di papa Pio XII ieri e papa Francesco oggi, hanno un denominatore comune che a lui, forse, cattolico fervente può dare fastidio, ma che corrisponde alla verità. Pio XII non ci risulta abbia mai alzato o levato la voce contro il fascismo e il nazismo tantomeno contro la deportazione di milioni di ebrei e il loro sistematico massacro. Quanto a Bergoglio, l'omino vestito di bianco d'oltretevere che noi definiamo senza timori l'anticristo, altrettanto ha sempre evitato di accusare apertamente l'Islam per i massacri di ebrei e di cristiani in Africa o nelle zone di evangelizzazione ridicola della Chiesa cattolica. Vengono uccisi quotidianamente preti e monache cattoliche, ma non appare nessun condanna dal balcone di palazzo pardon, da San Pietro. Quindi Stagi lei tenga le sue opinioni e le manifesti, ma noi non possiamo accettare quello che risponde al falso. Gli ebrei hanno di che essere incazzati con la Chiesa cattolica anche se, va detto per onestà, nascostamente molti furono salvati proprio da esponenti del clero cattolico durante gli anni della persecuzione razzista e nazista. La Chiesa per antonomasia non riesce mai ad essere chiara e a condannare le storture anche le più evidenti. Ne sanno qualcosa anche in Argentina e Cile durante gli anni dei golpe coperti e foraggiati dagli Stati Uniti.
In questi giorni il papa ha fatto il possibile per mantenersi in equilibrio e per noi tutto ciò è inaccettabile. Israele e Hamas non possono essere messi sullo stesso piano. In nessun modo.