Lo psichiatra lucchese Stefano Michelini conosce la collega aggredita a Pisa e ancor prima che venisse fermato un ex paziente, aveva già capito che il colpevole era proprio qualcuno che aveva avuto a che fare con la donna attualmente in coma ricoverata in neurochirurgia a Pisa.
E' di dominio pubblico la tragica notizia dell'aggressione alla psichiatra Barbara Capovani dell'Ospedale Santa Chiara di Pisa, avvenuta di fronte al suo reparto. Ne tracciamo un profilo essenziale con il collega della dottoressa Capovani, Stefano Michelini, decano della psichiatria di avanguardia in Italia.
Ho saputo dell'aggressione ieri mattina, attraverso messaggi di colleghi, mentre visitavo in ambulatorio. La prima reazione che ho avuto è stata visiva, più che di stupore e dolore. Barbara è più giovane di me di otto anni e quando ha iniziato la specializzazione, io ero già psichiatra. Ricevuta la notizia, ho avuto l'immagine di lei giovanissima, tutta riccioli e sorrisi, camminare nei corridoi del reparto. La sua presenza portava leggerezza e luce nei corridoi tristi dell'alienità. Fin dal primo giorno Barbara si presentò così.
Lei ha lavorato per molti anni all'Università di Pisa e quindi conosce bene la dottoressa Capovani. Oltre a questo bel ricordo visivo, che cosa ci può dire di più della vostra collaborazione?
Abbiamo collaborato poco o niente nel settore della ricerca, ma la frequentazione diretta e indiretta mi fanno ricordare una ragazza, ora donna, tenace ed ambiziosa. Si, dietro quel sorriso insolito nei nostri ambienti, in cui ci si prende un po' troppo sul serio, si nascondeva uno spirito indomito di affermazione, una minuta guerriera universitaria che sapeva farsi spazio, Empatica con i pazienti e molto energica, non aveva pause. Con la crescita professionale, la sua penetranza clinica era molto aumentata e la sua presenza nei lavori scientifici costante. Aveva un percorso chiaro in testa, era evidente. A volte inciampava, come accade a tutti in un campo minato com'è quello dell'Università in genere e della psichiatria clinica.
La dottoressa Capovani è stata assalita alle spalle e colpita a sprangate nella testa da uno sconosciuto. Che idea si è fatto dell'aggressore?
Non mi sono interessato molto ai dettagli della dinamica, dopo avere appreso il contesto generale dell'aggressione. Solo in tarda serata, ho pensato, per un attimo, al profilo dell'aggressore, sicuramente un paziente in preda ad un delirio di contenuto misto e guidato da una lucida follia, equiparabile ad un'intenzionalità ferma, volontaria e deliberata. Un cervello dirottato altrove, come un kamikaze al comando di un aereo diretto contro le torri gemelle, in pieno giorno con una forza bruta inarrestabile.
Quanto è pericoloso il vostro lavoro. soprattutto, dopo che non esistono più luoghi di contenimento per persone con gravissimi problemi psichiatrici, pericolose per loro stesse e per gli altri, come in questo caso?
Il nostro pericolo, percepito da me, senza alcuna base statistica, è molto basso e questo rende ancora più drammatico l'evento di ieri. Penso che molti sport ufficiali e altre attività sportive estreme, senza pensare al normale guidare autoveicoli, siano molto più pericolose. Se è vero che non esistono più luoghi di contenzione fisica, la prevenzione e il livello di progresso farmacologico sono strumenti di solito efficaci. Il rischio esiste sempre, ma quanto accaduto a Barbara ieri era non prevedibile in alcun modo. Arriva e basta.
5) Un altro pensiero alla Dottoressa Capovani in queste sue ore difficili?
Ritorno alla prima immagine. Un'allegria contagiosa dentro un camice bianco.