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Scritto da Redazione
Cultura
29 Aprile 2023

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Nel quarto appuntamento invernale del festival L’Augusta - La Fortezza delle idee, il giornalista, scrittore e filosofo Marcello Veneziani ha presentato il suo ultimo libro: “Scontenti. Perché non ci piace il mondo in cui viviamo”.  Gli scontenti - secondo Veneziani - sono la maggioranza della popolazione e la scontentezza cresce nonostante l’aumento del benessere materiale.

Il filosofo ha parlato anche dell’importanza di correlare diritti e doveri. “Al momento che si impone il ‘diritto di avere diritti’, in realtà si elevano i desideri a norma e si entra nel puro egoismo. Anche la maternità è diventata un ‘diritto’, inteso come desiderio e capriccio, da soddisfare a qualunque prezzo. Come nella maternità surrogata, che sdogana la vendita e l’acquisto del corpo umano e rappresenta il gradino più basso della commercializzazione dell’esistenza”.

Veneziani ha raccontato poi la sua partecipazione al Festival du Livre di Parigi, dove ha incontrato altri ospiti recenti de L’Augusta, come Beatrice Venezi e Federico Palmaroli. “Dopo decenni di egemonia culturale di sinistra, è un buon segnale che si riaprano le maglie di certi eventi culturali a una presenza trasversale. A Parigi si è respirata quest’anno un’aria più plurale e frizzante”.

Sul tema culturale, Veneziani ha continuato: “È fondamentale riconoscere la libertà di espressione, la qualità a prescindere dagli orientamenti politici e la circolazione delle idee. Bisogna consentire l’avvicendamento nei luoghi di responsabilità: non ci può essere un monopolio ideologico. Non bisogna avere il complesso di inferiorità, il timore di sostituire la classe dirigente. Esiste la possibilità di cambiamento, esiste lo spoil system: bisogna avere il coraggio di mandare a casa alcuni poteri che da troppo tempo governano, e che sono diventati così cosche, mafie culturali”.

Veneziani ha infine accennato anche ai meccanismi mentali della emergenza. “In nome dell’emergenza ci stanno togliendo libertà elementari: dal covid, alla guerra, alla crisi economica, per ‘il nostro bene’ è stato appiattito il dibattito e impedito il dissenso, andando verso un conformismo obbligato. L’ultimo esempio è stata la retorica del 25 aprile: ascoltando i tg sembrava di essere nel 26 aprile del 1945. Ogni fatto del passato è stato storicizzato, mentre il fascismo viene rappresentato come ‘emergenza’ per poter applicare questi meccanismi di censura e controllo. Questa cultura dell’emergenza ci porta alla perdita della libertà, nel nome della libertà: che è il paradosso dei regimi totalitari”.

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