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Scritto da Redazione
Enogastronomia
18 Marzo 2024

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Composta fino a ieri da pochi filari, la prima vigna urbana moderna di Firenze rinnova il suo parco viti e ha visto mettere a dimora 700 nuove piante. Si trova sulla collina che sovrasta l’Arno con una vista che spazia dalla cupola del Brunelleschi ai colli di Fiesole, adiacente al giardino dell’Iris dove è conservato il germoplasma del genere Iris, simbolo di Firenze.

I terreni, esposti a nord-est, sono gestiti dall’azienda agricola donne Fittipaldi di Bolgheri, presieduta da Maria Fittipaldi Menarini che, con le quattro figlie Carlotta, Giulia, Serena e Valentina, si è lanciata con convinzione ed entusiasmo in questo progetto. Nei suoi numerosi spostamenti all’estero Maria si era imbattuta nella vigna del Clos Montmartre, sormontata dalla chiesa del Sacro Cuore a Parigi, poi nelle vigne di Leonardo a Milano, nelle vigne della Tenuta Venissa sull’Isola di Mazzorbo a Venezia e della Villa della Regina a Torino.

L’idea di emulare queste particolari colture nel proprio terreno, posto proprio al centro della culla del Rinascimento italiano, è sorta spontanea, così come spontaneo è sorto l’accostamento con Michelangelo Buonarroti, non solo per l’attiguo piazzale Michelangelo ma anche perché questi aveva acquistato una tenuta in Chianti, vicina alla torre Nectar Dei, poi diventata Fattoria Nittardi. D’altra parte a Firenze la toponomastica, giunta fino ad oggi senza grandi cambiamenti lo dimostra. Si può ancora passeggiare per “Via della Vigna Vecchia", antica strada che si snoda dal retro di Palazzo Vecchio e si dirige in Santa Croce. Il nome ricorda i terreni sui quali avevano impiantato le loro vigne i Monaci Benedettini della Badia Fiorentina. Come anche nella via della “Vigna Nuova”, la quale prese il nome dalla vigna dei monaci della chiesa di San Pancrazio.

“Questa vigna rappresenta anche la mia infanzia – ricorda Maria – quando i primi di settembre, di ritorno dalla villeggiatura, amavo cogliere gli acini e anche alcuni grappoli per la tavola”. Poi, venti anni fa, nella sua residenza di Bolgheri scoprì il fascino del vino. Ed è la, in quel periodo, che nasce l’Azienda Agricola donne Fittipaldi. Da quel periodo, per quel progetto, decide di volere accanto a sé anche le quattro figlie che ancora oggi le sono vicine nel portare avanti l’Azienda. Ed è anche la passione e l’esperienza acquisita in questi anni che l’hanno convinta a far rivivere la vecchia vigna di casa.

“In qualche modo – prosegue Maria – voglio dare un segno e un senso di continuità a questa casa, particolarmente amata da mio padre Mario.” La vigna è vista come elemento in grado di ricomporre l’insieme di patrimonio rurale, storico e paesaggistico tipico di una comunità urbana ancora lontana dall’industrializzazione. Un progetto in grado di esaltare la biodiversità e di contribuire alla sostenibilità urbana. L’aspetto tecnico è seguito da alcuni tra i migliori professionisti della Toscana come l’agronomo Stefano Bartolomei e l’enologo Emiliano Falsini. “Il vigneto che andiamo a realizzare – sostiene Stefano Bartolomei - è un vigneto giardino e dovrà essere perfettamente integrato con l’ambiente circostante per mantenere inalterate le caratteristiche del paesaggio”.

“Con la Vigna Michelangelo – prosegue Emiliano Falsini – prenderà forma il primo progetto di Vigneto Urbano a Firenze. Un progetto ambizioso, affascinate e suggestivo in uno degli scenari più belli ed evocativi della città. Un impegno importante, volto al recupero dell’antica viticoltura cittadina da sempre presente nella città culla del Rinascimento e dove il vino ha rappresentato, nel corso della storia, un importante segno distintivo”.

“Mi viene in mente – continua Maria – l’incitazione di Veronelli a ‘camminare le vigne’. Si potrà così farlo anche in città con la prospettiva di contribuire a rendere di nuovo vivibile e salutare una parte del contesto urbano.” Quale sarà il futuro per la Vigna Michelangelo? Le barbatelle daranno i primi frutti adatti alla vinificazione solo fra tre anni, per raggiungere poi il vertice della qualità molto dopo. Il vino richiede pazienza, ma intanto l’appuntamento è per la vendemmia 2027 con la produzione della prima botte di vino dal vigore interamente michelangelesco. “Da quella botte si ricaveranno circa 700 bottiglie – conclude Maria - da vendere sul mercato internazionale tramite aste con finalità benefiche di sostegno sociale. Il fine della vigna non è comunque solo il vino, ma il rapporto che si crea tra uomo, terra e aria, un rapporto che ridimensiona la sterilità del cemento e dell’asfalto con la ricerca di un rispetto reciproco”.

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