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Scritto da Loreno Bertolacci
Enogastronomia
03 Dicembre 2022

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Cena quella di Osterie d’Italia 2023 al Mecenate di Lucca che ha voluto raccontare il proprio territorio proprio grazie ai mercati contadini e produttori locali. Nulla è stato lasciato al caso, nulla è stato dimenticato. Un tripudio di sapori locali che ha accompagnato il fortunato commensale per giorni, naturalmente nel ricordo di quello che è stato presentato. In una sala piena di “bongustai”, è proprio il caso di sottolinearlo, dopo una breve presentazione della serata, sono iniziate le feste. Feste per palati esigenti che hanno dovuto riconoscere l’altissimo livello delle prelibatezze che il nostro territorio ci riserva. Serata fatta di accoglienza e tanta gentilezza, caratteristica importante per i locali consigliati da Slow food osterie d’Italia 2023. Prelibatezze e specialità locali spesso poco valorizzate, ma che costituiscono quell’elemento identitario che tanto ci invidiano e cercano, senza successo, di imitare. Pillole di saggezza culinaria, insomma, in una serata slow food ai massimi livelli.

Per la ghiotta, è proprio il caso di dirlo, occasione l’osteria Mecenate ha ospitato diverse realtà locali di altissima qualità in termini di ristorazione che hanno dato il meglio presentando ognuna un piatto tipico. Ma “diamo inizio alla festa” del palato. Osteria Dal Manzo apre le danze del gusto con una farinata fritta adagiata su fonduta di pecorino e decorata con una foglia di cavolo nero, sapore eccelso che per alcuni ha significato un ritorno al passato, quando le nostre mamme, riutilizzando quello che rimaneva dai giorni passati, friggevano appunto la farinata avanzata. Locanda Buatino ha presentato poi un piatto dolce e salato fatto di necci con ricotta e salsiccia. Una sfida di gusto con la farinata senza vincitori ne vinti, erano troppo buoni entrambi. Passando ai primi piatti l’osteria Da Mi Pà ha presentato una magnifica zuppa di centopelli e lampredotto, dove il titolare si è scusato per non aver trovato sul mercato centopelli. La sostituzione con la trippa però ha ripagato completamente la mancanza di un ingrediente. Sarà magari per la prossima volta, ci auguriamo. Padrone di casa l’osteria Mecenate che ha servito un piatto di ravioli con fagiolo rosso di Lucca. Un piatto suggerito, come ci ha riferito il titolare del Mecenate, da un giornalista lucchese. E solo per questo non poteva mancare il nostro plauso a questo piatto, suggerito tanti anni prima da un collega di penna. Dopo i due primi favolosi i secondi non potevano essere da meno e così è stato. Entra in scena sul magnifico palcoscenico del teatro culinario l’osteria di Lammari con la cioncia, un piatto sconosciuto per alcuni, ma che si è fatto subito apprezzare. Piatto povero della tradizione pesciatina a base di carne di manzo e ricco di sugo con sapore stuzzicante e piccante. Conclude la serata un ultimo “secondo piatto”, come si scriverebbe oggi “the last but not the least”, presentato dall’osteria di Meati. Coniglio in umido con olive amare. Lasciamo solo all’immaginazione di chi conosce il coniglio in umido i sapori che ha sprigionato il piatto. Alla fine non sono mancante due eccellenze dolciarie lucchesi, conosciute da tutti ed apprezzate per il rigore con cui vengono prodotte e servite. La torta lucchese di erbi, realizzata e presentata dalla trattoria da Gigi, una cascata di sapori che ha preceduto un “dulcis in fundo”, è proprio il caso di scriverlo. Come non parlare di buccellato a Lucca, quello fatto in casa, quello che tutti conosciamo. La sfida è stata raccolta dalla locanda Posapiano che ha realizzato una vera leccornia per il palato. Un buccellato fatto in casa, formato palmare e servito senza posate. Una caduta di stile? Non proprio, il gusto migliore per questo ultimo piatto, a detta dello chef, si poteva apprezzare solo “inzuppandolo” manualmente in una crema inglese alla vaniglia che di inglese, a nostro avviso aveva poco, ma aveva molto della grande cucina italiana. L’operazione manuale consigliata ha avuto un grande successo.

Naturalmente tutta la serata degustativa è stata “annaffiata da altrettanti vini locali. Una “LuccaBioDinamica”, fatta di sole, uomini e humus, ha proposto quattro eccellenze locali provenienti da altrettante aziende agricole: Chiesino rosso dell’agriturismo podere di Rosa, un Malgiacca rosso della omonima società agricola Malgiacca. A seguire poi un Linchetto Rosso prodotto dall’azienda agricola valle di sole e per finire un ultima produzione vinicola locale: casa e chiesa, sempre rosso della famosa tenuta Lenzini.

Una serata slow food all’insegna della migliore cucina lucchese, un momento conviviale dove l’esaltazione dell’identità gastronomica ha fatto capire, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quale fortuna abbiamo di vivere in un territorio come il nostro dove tutto è variegato e complesso. E dove i “sapori e dintorni”, tanto per usare una frase inflazionata, raggiungo una tale complessità e moltitudine, come scriverebbe un matematico, quasi “tendente all’infinito”.

Foto Aldo Grandi

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