E' il caso che decide della vita o è la vita che provoca il caso? No, non siamo su Sliding Doors il film del 1998 che rese famosa Gwyneth Paltrow. Eppure può capitare e sarà sicuramente capitato a tutti di interrompere, improvvisamente, quanto era già stato programmato e ribaltare il tutto. C'è un paese nella città metropolitana di Firenze, l'ultimo prima di entrare in provincia di Siena e si chiama Tavarnelle Val di Pesa. Niente di che, nemmeno particolarmente conosciuto, nella sua storia, in particolare, una strage compiuta dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale, dodici contadini senza colpe presi, arrestati e messi al muro senza tanti complimenti. Per il resto, poche case, meno di diecimila abitanti e stop. Ma perché, allora, palarne o, addirittura, scriverne?
Destinazione Certaldo, questo sì un borgo conosciuto e ricco di storia tanto più che proprio qui è morto e, probabilmente anche nato, Giovanni Boccaccio, l'autore del Decamerone e proprio nella sua opera cita la propria città: «Certaldo, come voi forse avete potuto udire, è un castello di Val d'Elsa posto nel nostro contado, il quale, quantunque picciol sia, già di nobil uomini e d'agiati fu abitato». Senonché alle 19.15 parte l'ultima funicolare su rotaia destinazione Certaldo alto, la parte più interessante e visitabile, mentre Certaldo basso lascia un po' a desiderare sotto questo aspetto. E' ormai buio e fa molto freddo, ma la decisione è stata presa.
Ecco che, però, nemmeno un paio di chilometri dall'uscita del COMO Castello del Nero località Sticciano - una roccaforte del XIII secolo meravigliosamente ristrutturata in un resort extra-lusso dalla proprietaria, anche lei una donna, Christina Ong, innamorata dell'Italia, di Singapore - si stagliano di fronte al conducente le luci natalizie insolitamente vivaci e appariscenti di un centro abitato sconosciuto. E' una frazione di secondo: continuare dritto verso Certaldo, svoltare a sinistra dirigersi verso il centro della località illuminata ossia una certa Tavarnelle Val di Pesa.
Se ce lo avessero detto mai e poi mai avremmo potuto immaginare ciò che ci avrebbe atteso a seguito di questo, si fa per dire, radicale mutamento. C' è un caffè nella piazza, accanto a un negozio di frutta e verdura ricco di colori e di prodotti in vendita. Fa freddo e tira vento, ma dove siamo finiti? Altro che Frittole e il millequattro quasi millecinque di Roberto Benigni e Massimo Troisi nel loro stratosferico ed esilarante Non ci resta che piangere.
E, invece, ecco che tutto, all'improvviso, prende una piega incredibile. La proprietaria del locale si chiama Maria Giulia Bonarelli, parlantina veloce, tosta, grintosa, una che dà l'aria di non mollare mai, presidente, racconta, del centro commerciale naturale, il responsabile principale di quella illuminazione così attraente che ha condotto due viandanti a cambiare completamente la loro tabella di marcia. Maria Giulia è un fiume in piena, si confida e si confessa: Tavarnelle deve vivere e non deve arrendersi alla mediocrità. Così, lei, insieme ad altri commercianti, ha fondato questa nuova associazione vicina a Confcommercio e, al momento dell'insediamento, è stata chiara anzi, chiarissima: Chi ha votato questo sindaco - targato Pd - deve stare zitto visto che vi siete tutti lamentati. Detto fatto, tutti ad ascoltare in religioso silenzio: "Andate in giro, non c'è granché, ma qui accanto c'è un negozio di abbigliamento con della bella roba, poco più indietro troverete una erboristeria che merita una visita. State cercando un ristorante? Andate alla Gramola, merita sinceramente. E, qui accanto, l'ortofrutta Branchi, una istituzione, da tre generazioni, dal 1950, al pezzo". Cappuccino e caffè niente male.
Cristi, al secolo Cristina Carella, è dietro il bancone. Carina, gentile, titolare del negozio. Giovane imprenditrice, ha, effettivamente, un abbigliamento di buongusto e non soltanto. Ma come fa a tenere della roba come questa in un posto così?. La domanda è pensata, ma, come al solito, subito dopo pronunciata come se fosse la cosa più normale del mondo. E anche qui si scopre una donna che fa il suo lavoro con passione, che crede ancora nell'identità cittadina di una località che vanta, al massimo, qualche migliaia di esseri umani di buona volontà. Si acquista qualcosa, perché no? Merita avvero.
Saluti anche senza baci ed ecco che, andando retro, si impatta con la erboristeria condotta da una ragazza che assomiglia, in tutto e per tutto, almeno per noi, a Paola Cortellesi. Per di più vorrebbe andare, spiega, a vedere il film appena uscito nelle sale cinematografiche, ma ancora non ha trovato il tempo di farlo. Anche questa ragazza trasmette vitalità, entusiasmo, passione per quello che fa. Alle spalle, appesa al mura, ha la sua laurea conseguita all'Università di Siena in Tecniche Erboristiche, della serie ci capisce eccome. E' una giovane mamma, si chiama Sabrina Gori, e crede fortemente in quello che fa e lo fa bene. Chiacchiera veloce, grande solidarietà femminile con le altre commercianti del luogo, mobilitazione unanime e illuminazione natalizia voluta e cercata a dispetto di chi, l'anno passato, preferì non spendere e il risultato fu che Tavarnelle Val di Pesa fu l'unica località senza luci di Natale. Ma dove siamo capitati?
Qui c'è voglia di fare, di lavorare, di farsi il mazzo. In Italia siamo? E, incredibilmente, tutti commercianti nostrani, nemmeno un immigrato. All'ortofrutta Branchi c'è un clima gioioso, quasi festante: sorrisi, battute, un 'dialetto' che è, in realtà, la nostra lingua madre, una favella che è una gioia per le orecchie. La donna al timone ha un nome da favola, Edi o forse Edy, proprio così, quasi quasi potrebbe essere la quarta nipotina di zio Paperino dopo Emy, Ely ed Evy. Che donna! Arguta, tosta, di poche seghe, che dice subito quel che pensa senza tante preoccupazioni ed eccole le donne toscane che abbiamo sempre conosciuto sin da quando eravamo bambini a Scandicci, provincia di Firenze: lingue che tagliavano e cucivano senza tanti complimenti e gli uomini, e che uomini!, attenti a non urtarne la suscettibilità. Altro che mondo al contrario o alla rovescia come dice il Vannacci Roberto. Quello era un mondo molto, ma molto diritto. L'ortofrutta di Alessandro Branchi è il top e dal 1950 tiene botta. Tanta, tantissima roba e, come lui, un'altra eccellenza questa volta lucchese nel settore, il negozio di frutta e verdura di piazza della Pupporona a Lucca che i Branchi conoscono benissimo, del resto, tra eccellenze. E per noi una grande soddisfazione visto che, ormai, eravamo abituati a vedere frutta e verdura o negli anonimi supermercati o in mano a maghrebini e pakistani. Per carità, niente da dire, ma con questi parvenu di che parli e cosa hai in comune? Niente, assolutamente nulla nemmeno la lingua. Acquistiamo un bel Chianti Classico riserva del 2019 che, come ci dice Gianluca, è appena un bambino nel senso che potrebbe stagionare ancora per anni prima di essere servito in tavola.
Ma questa Tavarnelle è la Repubblica delle donne anzi, il paradiso delle donne tanto per citare un libro della collana di filosofia diretta dal grande Luigi Firpo e che studiava la figura di di Charles Brockden Brown, scrittore americano moto all'età di 39 anni, ma in grado di buttar giù romanzi e, soprattutto, un trattato sui diritti delle donne, Alcuin: e da qui, appunto, il testo del 1985 nominato Alcuin o il paradiso delle donne.
Tavarnelle è una città dove l'imprenditoria è, almeno all'apparenza, tutta al femminile e bisogna ammettere che se la cavano benissimo, le donne. Così come la Cecilia Dei, moglie di Massimo Marzi e, con lui, ristoratrice e cuoca nella cucina del loro ristorante, 30 anni nel 2024, situato all'angolo di via delle Fonti e il cui nome, La Gramola, rimanda ad una sorta di contenitore per il vino. I pareri sono univoci: se mangiar bene si vuole, alla Gramola di Massimo e Cecilia si deve andare.
Meglio essere chiari: se si vuole la perfezione allora è meglio rientrare a COMO Castello Del Nero perché, pur essendo, la perfezione, un miraggio, sicuramente questa struttura ci si avvicina parecchio con il suo livello eccelso di coccole somministrate a piene mani. Se, però, si è alla ricerca di un quadro che presenti, magari, delle lievi, metaforicamente parlando, imperfezioni, ma con una sostanza grossa così e un calore umano fatto di decenni di amore e tradizione, beh, allora tuffatevi senza esitazione in questa osteria del tempo andato.
In un mondo dove le emozioni non esistono quasi più e dove tutto, anche loro, hanno un prezzo senza mai riuscire ad eguagliarlo, in questo piccolo centro che fa il paio con Barberino Val di Pesa ed essendosi fuso in un unico comune, le emozioni non costano niente e se ne trovano a iosa. All'osteria La Gramola c'è gente anche se fuori è una serata, forse la prima, realmente fredda e ventosa.
A queste latitudini la ribollita è una istituzione, con il pane ovviamente, altrimenti che ribollita è? Spettacolare senza dubbio servita in un pentolino di alluminio. L'osso buco alla fiorentina è un ricordo dei bei tempi andati. C'era il vizio, una volta, secolo Ventesimo nel fiorentino, degli ossi buchi al pomodoro e se all'epoca non è che li apprezzassimo molto, oggi li divoriamo. Sapori antichi e lontani. Il peposo che sbarca in tavola lo avremmo preferito molto, ma molto più incazzato e pepato, ma va giù lo stesso che è un piacere. Il contorno di fagioli è un must e anche le cipolle nella cenere, a parte, forse, un eccessivo profumo di garofano, erano davvero una specialità. Vino Chianti dei colli fiorentini più che il classico visto che, altrimenti, avremmo dovuto stappare una bottiglia e non l'avremmo mai finita.
Massimo Marzi è un cicerone gastronomico perfetto. Ci fa omaggio, tra l'altro, di un bel libro scritto da lui e la moglie con Lori Hetherington. A fine serata n avremo già lette diverse pagine, un piacere scoprire la storia di questa coppia e di una famiglia dedita con passione alla cucina toscana. I dolci sono un obbligo, ma quelli della casa a cominciare da un meraviglioso panpepato composto da tutti canditi e da tutta la frutta secca possibili e immaginabili. Peccato che è poco, ma che gusto. E poi i ricciarelli della Gramola, altro che quelli di produzione industriale. Ma il vero pezzo forte di tutta la serata è, onestamente, la torta di ricotta fatta da mamma Cecilia e che, al palato e alle papille gustative arriva come un treno in ritardo, ma strabordante. Favolosa, una specie di cheesecake che al cheesecake rifila un distacco abissale. Capolavoro indiscusso. Scortato prima da un vin santo della zona e, subito dopo, da un liquore, Il mio nocino, made by Massimo Marzi raccolta 2022. Top.
Tanti aneddoti, una parlantina facile facile, l voglia di conoscersi e comunicare. Ragazzi, ma come sarà bello essere e sentirsi fra italiani! E ci vengono, da sinistra, a sfasciare gli attributi con l'integrazione mai avvenuta e le boiate sull'immigrazione medicina per tutti i mali. Sciocchezze per non dire peggio. Italiani, italiani e ancora italiani: dentro, fuori e anche dentro fuori. Ovunque.
Una serata memorabile, gradevole, ricca di pathos e di comunicatività, di emozioni e partecipazione. Alla faccia di ogni complotto e di ogni recidiva paventata e ventilata di pandemie di vario genere. Finché questo popolo continuerà a mantenere la sua vera identità, la sua straordinaria capacità dialettica, la sua incredibile curiosità, la sua specificità, niente e nessuno potrà costringerlo a rinunciare a se stesso e al suo passato.