Dopo 45 anni di attività Luciano Colombini va in pensione. Un medico di altri tempi, a stretto contatto con la comunità e i suoi pazienti. Da sempre ha voluto fare il medico, nonostante venga da una famiglia di artisti pittori, musicisti. Una vocazione ispirata dalla nonna malata. La sua sofferenza lo aveva così colpito che ha voluto dedicare la sua vita ad alleviare le sofferenze degli altri.
Dopo la laurea ha tentato strade di specializzazione, ma non era quello che desiderava, così ha deciso di fare il medico di famiglia. Appena laureato fu chiamato dalla USL a Villa Basilica. Rifiutò per ragioni personali, ma il destino lo portò di nuovo a Villa Basilica e in seguito ad Altopascio. Nella sua professione, dice, ha trovato tante persone e colleghi che lo hanno sostenuto e aiutato nella sua professione.
Aveva una visione romantica della figura del medico di famiglia, con la jeep che andava per le campagne a visitare i suoi pazienti. In parte ha realizzato i suoi sogni, ma, poi, i tempi sono cambiati. Il medico sicuramente è migliorato da un punto di vista scientifico e informativo, ma ha perso il suo ruolo di amico e di contatto umano.
Tutti lo volevano perché le sue visite erano non solo mediche, ma socio-familiari: all'epoca il dottore ti prendeva quando nascevi e ti accompagnava per tutta la vita.
In questi lunghi 45 anni tante esperienze, tanti incontri, tanti volti. Tra i tanti c’è il ricordo particolare di una sua paziente colpita da un aneurisma celebrale e che aveva i sintomi di un semplice mal di stomaco. Purtroppo due ore dopo venne a mancare. Questa esperienza l’ha profondamente colpito tanto da chiedersi se avesse sbagliato la diagnosi. Gli fu spiegato dai colleghi che solo dall’esperienza si poteva capire che quei sintomi erano di natura cerebrale. Da questo evento ne ha dedotto che la professione medica ha bisogno dell’informazione, dell’aggiornamento, ma il contatto diretto è determinante. Tutta la sua generazione è stata così.
I giovani medici oggi non se lo possono permettere con i ritmi e le richieste manageriali che vengono dall’alto.
Secondo il dottor Colombini i due anni di pandemia hanno dato il “colpa di grazia” alla professione medica e ai rapporti umani e sociali: E’ stata una dura prova e tutto il personale sanitario ha dovuto affrontare un “nemico” che non conosceva, eravamo impreparati ed è stato drammatico.
Il nostro incontro finisce con un ringraziamento al dottor Luciano Menichetti primario dell’ex ospedale di Carignano a cui deve tutto il suo sapere. Un grande medico e una grande persona, umile e di tanto sapere.
Una vita dedicata agli altri e contento dei “grazie” avuti dai suoi pazienti. Luciano Colombini però non lascia totalmente la sua missione e continuerà la sua attività con il Centro Medico Amico, un’associazione di medici presente in tutta Italia che consente di visitare tutti anche i non abbienti. Il professor Giraldi è il coordinatore nazionale di questa associazione e i centri sparsi in tutta Italia servono da monitoraggio e raccolta dati sui danni collaterali dei vaccini fatti per combattere il Covid.
A Luciano Colombini mancherà sicuramente il territorio, a tutti noi mancherà lui salvo andarlo a trovare al Centro Medico Amico.