Il 13 settembre 2022 la 22enne Mahsa Amini fu arrestata a Tehran dalla polizia religiosa a causa della mancata osservanza della legge sul velo. Pare che non indossasse bene il velo e per questo motivo le si vedevano delle ciocche dei capelli.
Questa legge è in vigore dal 1981, impone a tutte le donne, anche straniere (a seguito di una modifica del 1983), di indossare il velo. Mahsa, dopo essere stata arrestata, e condotta presso un posto di polizia, è in seguito deceduta in circostanze misteriose il 16 settembre, dopo tre giorni di coma. La sua morte ha suscitato l'indignazione dell'opinione pubblica iraniana e in particolare a delle donne, che alcuni giorni dopo la tragica morte della giovane curda, sono scese in piazza per manifestare il loro dissenso contro la polizia e il governo teocratico degli ayatollah.
Questi due mesi di manifestazioni delle donne e uomini iraniani, sono stati repressi dalla polizia in maniera brutale.
I numeri della protesta sono agghiaccianti:
342 le vittime tra i manifestanti;
14 mila i manifestanti arrestati;
62 i giornalisti detenuti.
Questi numeri evidenziano la forte crisi in cui il governo iraniano si trova. La rivolta del popolo iraniano dura interrottamente da due mesi e non accenna a placarsi.
Il preside Ebrahim Raisi è in forte difficoltà, la polizia non esita a sparare sui manifestanti.
La magistratura ha già emesso le prime condanne a morte per alcuni manifestanti, che avrebbero dato fuoco a un edificio pubblico.
Nonostante questa dura repressione, posta in essere dal governo teocratico, il popolo iraniano non cede. Va avanti nella protesta, pur sapendo di rischiare la prigione e in alcuni casi anche la condanna a morte. Ma la democrazia per i giovani iraniani non ha prezzo, quindi continueranno a manifestare, mettendo a rischio la loro incolumità fisica e la libertà (14 mila manifestanti già arrestati).
In questi due mesi di rivolta, i mass media italiani hanno dato notizie con il "conta gocce", a nostro parere hanno trattato e stanno trattando il caso Iran, con molta cautela.
Facendo un paragone con lo spazio dato alla guerra in Ucraina, sulle televisioni e quotidiani,la differenza è abissale, ovviamente in questo caso vi è un aggressore (la Russia) e un aggredito (l'Ucraina); si tratta di una guerra tra due stati, con lo schieramento dei rispettivi eserciti, e tutto ciò che ne consegue.
Se andiamo ad analizzare, la rivolta in Iran, ci accorgiamo che anche in questo caso abbiamo uno stato che aggredisce il suo popolo perché condanna i metodi violenti della polizia religiosa che hanno portato alla morte della giovane Mahsa e, nel contempo, chiede più democrazia. Questo stato usa tutto il potere di cui dispone per aggredire i dimostranti cercando di farli tacere anche con l'uso delle armi.
A nostro parere vi è una similitudine tra i due episodi, in entrambi i casi vi è un aggressore e un aggredito.
Nella guerra in Ucraina, la Russia aggredisce lo stato confinante perché ritiene di difendere gli interessi dei cittadini russofoni, a suo dire, vessati dagli ucraini. In Iran il governo aggredisce il suo popolo perché non vuole concedere i diritti civili.
E allora perché questa differenza nella divulgazione delle notizie?
A nostro parere perché vi sono interessi economici da tutelare.
Tutto ruota intorno agli affari che l'Italia ha con Repubblica Islamica dell'Iran.
Da un recente studio di mercato si ipotizza che: "La fine del regime sanzionatorio nei confronti dell'Iran apre per le imprese italiane importanti opportunità, in termini di export. "Lo stop alle sanzioni - si legge nello studio - potrebbe portare a un incremento dell'export italiano verso l'Iran di quasi tre miliardi di euro nei prossimi 4 anni (periodo 2015-2018)".
Una cifra che, tuttavia, specifica Sace, rimane comunque "una quota marginale rispetto a quanto perso dal sistema italiano negli anni di vigenza del regime sanzionatorio".
(Vedasi articolo di Giuseppe De Marinis - Iran, fine dell'embargo: opportunità per imprese italiane e banche.)
In questi giorni Irene Testa, tesoriere del partito radicale, sta facendo uno sciopero della fame, insieme ad alcuni studenti iraniani, per svegliare le coscienze sulla situazione in Iran.
Irene Testa ha dichiarato: "Nel silenzio assordante dell'informazione e della politica italiana sui diritti umani universali violati in Iran e per richiedere la giusta informazione sulla marcia indetta dal partito radicale per il 10 dicembre nella giornata mondiale per i diritti umani ho iniziato dalla mezzanotte del 16 novembre uno sciopero della fame di dialogo a oltranza. Chiedo al governo e al parlamento di promuovere atti concreti a difesa delle donne e del popolo iraniano massacrato dal regime teocratico islamico. È nostro dovere intervenire con ogni mezzo per far cessare la brutalità in corso. Ad oggi 25 studenti iraniani si sono uniti allo sciopero".