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Scritto da ubaldo gnesi
StoricaMente
23 Dicembre 2023

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Tanti anni fa mi capitò per le mani un vecchio libro privo anche della copertina, ritrovato non so dove e in verità non ricordo neppure dove l’ho riposto. Quel libro è intitolato “Uomini contro navi”, raccontava buona parte delle imprese dei mezzi d’assalto della Regia Marina Italiana durante l’ultima guerra mondiale, con particolare riferimento a quelle compiute con i “maiali” (siluri a lenta corsa) e dai marinai che ebbero l’onere e l’onore di condurli.

Quegli uomini e quei mezzi furono una spina nel fianco della Royal Navy, tanto che l’estensore del libro, per far comprendere a chi legge i danni procurati al naviglio inglese, ricordò un motto che ci riguarda: Costi più del Serchio ai lucchesi, anche perché la base del gruppo dell’”Orsa Maggiore - X MAS” era a Bocca di Serchio in quel di Marina di Vecchiano.

Il Tenente di Vascello Luigi Ferraro, frequentò la scuola sommozzatori di Livorno, una volta ottenuto il brevetto passò al “Gruppo Gamma della X MAS”, nel maggio del 1943 venne inviato dall’allora comandante, Junio Valerio Borghese, in Turchia per compiere azioni belliche contro il naviglio mercantile nemico.
Arrivò ad Alessandretta figurando come impiegato del Consolato, dunque coperto da un passaporto diplomatico, portò con sé quattro grandi valige anch’esse coperte da immunità diplomatica, che contenevano l’equipaggiamento e delle cariche esplosive.

Fece in modo che la gente percepisse che lui non era altro che un imboscato, in modo da non dare nell’occhio, in concomitanza al suo reale programma.
Un poco alla volta trasportò il materiale esplosivo a disposizione in una cabina nei pressi della spiaggia da cui avrebbe intrapreso le missioni d’assalto. Dal giugno condusse quattro azioni di sabotaggio contro i mercantili nemici, nei porti di Alessandretta e di Mersina. Nel primo porto applicò, la sera del 30 giugno, due bauletti esplosivi alla chiglia del piroscafo greco Orion, che affondò il mattino successivo a poche miglia dal porto.

Il 9 luglio, operando dal vicino porto di Mersina, ripeté l'operazione sul piroscafo Kaituna, il quale subì ingenti danni e fu portato ad incagliare sulle coste dell’Isola di Cipro per  evitarne l'affondamento.

Nuovamente a Mersina, Luigi Ferraro ripeté l'azione la sera del 30 luglio, sul piroscafo britannico "Sicilian Prince", che non ebbe a subire conseguenze perché una ispezione alla carena consentì ai sommozzatori britannici di rimuovere i bauletti esplosivi.  Migliore sorte ebbe l'azione effettuata il 1º agosto contro la motonave norvegese Fernplant ancorata nel porto di Alessandretta. La Fernplant affondò poi nelle acque al largo della Siria.

Avendo finito l'esplosivo a disposizione e non potendo, quindi, effettuare ulteriori attacchi al naviglio nemico, rientrò in Italia nell'agosto dello stesso anno. Per le quattro missioni venne inizialmente decorato di quattro medaglie d'argento al valor militare, convertite nel dopoguerra in una medaglia d’oro al valor militare.

All’alba del 26 marzo 1941 sei uomini a bordo di altrettanti “barchini esplosivi” puntarono al cuore della base inglese nella Baia di Suda, sono il Tenente di Vascello Luigi Faggioni, il Sottotenente di Vascello Angelo Cabrini, il Capo Cannoniere Alessio De Vito, il Capo Motorista Tullio Tedeschi, il 2° Capo Meccanico Lino Beccati e il Sergente Cannoniere Emilio Barberi.

Si tratta di uomini particolarmente coraggiosi, dotati di grande abilità che, dopo aver superato ben tre ordini di sbarramento a protezione dei mezzi inglesi, riuscirono ad affondare l’incrociatore pesante britannico York e a danneggiare profondamente la petroliera Pericles, che affondò in seguito. Il piano d’attacco funzionò impeccabilmente, gli assaltatori si avvicinarono il più possibile agli obiettivi, stabilizzarono il timone, quindi lanciarono i “barchini esplosivi” alla massima velocità contro i bersagli nemici dopo essersi lasciati sbalzare in mare.

L’impresa della Baia di Suda è stata definita dagli storici come un’azione perfetta, quasi matematica, attuata con un sincronismo unico da sei uomini che, con straordinaria audacia, avevano raggiunto un eccezionale grado di efficienza in mare. Solo al sorgere del sole gli inglesi concretizzarono che non si era trattato di un attacco aereo, ma di un assalto dal mare. L’inaccessibile base di Suda era stata violata dagli uomini della Marina Italiana che, in pochi minuti, avevano distrutto ventimila tonnellate di naviglio britannico. Tutti i protagonisti dell’eroica impresa si salvarono, ma furono fatti prigionieri dagli inglesi.

Sei uomini diversi per grado, ma uguali per coraggio, per capacità e per tenacia combattiva ispirata alle più autentiche tradizioni della Marina Italiana, ai quali, al ritorno in patria, fu conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

Ai due autori materiali dell’affondamento dell’incrociatore pesante York, Angelo Cabrini e Tullio Tedeschi, sono state intitolate le due omonime Unità Navali Polifunzionali ad Alta Velocità destinate al Gruppo Operativo Incursori.

Un'altra importante pagina di storia è da attribuire al gruppo dell’Orsa Maggiore della X MAS che operò nel Mar Mediterraneo durante il periodo bellico, partendo dalla base di Marina di Vecchiano in fregio al fiume Serchio. Da quei marinai furono scritte indelebili pagine eroiche che molti cercano di coprire di oblio in modo che il tempo cancellasse quelle gesta, ma per me non è così, per cui voglio ricordare due azioni di particolare coraggio.

La prima dolorosa per l’insuccesso, fu l’assalto al porto di Malta, la seconda coronata da successo, fu l’assalto al porto di Alessandria d’Egitto, dove sei uomini riuscirono a beffare ancora la Royal Navy.

E’ giusto che ora parli dei Siluri a Lenta Corsa, impropriamente chiamati maiali.

Gli inventori di quelle armi furono due ingegneri:

1.    il Maggiore del Genio Navale Teseo Tesei, originario di Marina di Campo, laureatosi all’Accademia Navale di Livorno, perito durante l’attacco condotto dagli assaltatori della Regia Marina al porto di Malta;

2.    il Capitano del Genio Navale Elios Toschi originario di Ancona, laureatosi anch’egli all’Accademia Navale di Livorno, specializzatosi successivamente in Ingegneria Navale presso l’Università di Genova. Fu catturato dagli inglesi nel settembre del 1940 a seguito dell’affondamento del sommergibile Gondar, quando era in corso la missione denominata G.A.2. Fuggi due volte dal campo di prigionia, rifugiandosi a infine a Goa, che a quel tempo era un possedimento portoghese. Nel 1968 pubblicò, in ricordo di quei tempi, il libro "In fuga oltre l'Himalaya".

Nel luglio 1941 fu preparata la temeraria azione contro il possedimento inglese di Malta.

Due Mas partirono la sera del 25 luglio 1941 dalla base navale di Augusta in Sicilia, il giorno successivo gli assaltatori avrebbero provato ad attaccare l’infrastruttura militare inglese, partendo dalla nave appoggio Diana.
Vi presero parte il "451" del sottotenente di vascello Giorgio Sciolette e il "452" al comando del tenente di vascello Giobatta Parodi, recante a bordo il Capitano di Fregata Vittorio Moccagatta e il Capitano Medico Bruno Falcomatà, con loro un consistente gruppo di “barchini esplosivi M.T.M.”,  e due S.L.C. (siluri a lenta corsa - maiali).

Il piano operativo prevedeva che durante la notte un Siluro a Lenta Corsa facesse saltare le ostruzioni del ponte di Sant'Elmo, che chiudeva l’ingresso al porto di La Valletta, successivamente i “barchini” avrebbero dovuto irrompere nel varco e colpire le navi all'ancora. L'altro Siluro a Lenta Corsa avrebbe dovuto attaccare i sommergibili inglesi in porto. Gli inglesi già quando i natanti Italiani si trovavano a 14 miglia dalla costa, erano in stato d'allerta e con i cannoni pronti, avendoli individuati grazie ai radar terrestri. 

L'attacco iniziale alle ostruzioni venne portato dal Maggiore Teseo Tesei, ma in conseguenza del ritardo accumulato a causa delle varie avarie al suo siluro, insieme con il 2° capo palombaro Alcide Pedretti, non riuscirono a compiere le manovre previste per far saltare le difese. Tesei e Pedretti decisero allora di far esplodere con il sacrificio della vita il loro mezzo d’assalto spolettando a minuto, facendo crollare una parte del ponte girevole di Sant'Elmo, ma non le ostruzioni marine.

Vedendo l’esplosione e pensando che le difese fossero venute meno, a quel punto i Motoscafi da Turismo Modificati 2 e 3 di Farsetto e Carabelli, si diressero in successione contro il ponte che era a quel punto crollato, sbattendo con i loro mezzi su quelle macerie, saltando in aria con i loro motoscafi.

Fu allora che gli altri assaltatori si lanciarono contro l'entrata, ma molti vennero falciati dalle postazioni che difendevano l'imboccatura delle baie che costituivano il porto, denominate Marsamuscetto e Porto Grande, tre di loro, Costa, Barla e Farsetto, sbarcati sulle coste maltesi, furono catturati dai militari inglesi. All'alba dall’isola decollarono trenta aerosiluranti inglesi, che individuarono le navi appoggio italiane e le colpirono duramente causando anche molti morti e feriti.

Davanti a Porto Palo di Capo Passero, fu raggiunto e colpito da uno di questi anche il MAS 452 dove erano imbarcati tra gli altri il Comandante della X MAS, Capitano di Fregata Vittorio Mocagatta e il Capitano Medico Bruno Falcomatà, non ci fu scampo per nessuno.

Nella concomitante battaglia aerea, gli aerosiluranti inglesi furono contrastati dai caccia italiani. Secondo la versione del tempo gli italiani sostennero di aver abbattuto tre Hurricane e la perdita di due Macchi, mentre gli inglesi affermarono di aver abbattuto tre Macchi perdendo un solo Hurricane.
Quella bruciante sconfitta, lasciò il segno tra gli assaltatori di Bocca di Serchio, ma fu proprio da tanto sconforto che partì la loro riscossa, attraverso una più ardita impresa, che li condusse ad una strabiliante vittoria.

La notte del 3 dicembre 1941 il sommergibile Sciré comandato dal Capitano di Corvetta Junio Valerio Borghese, lasciò il porto della Spezia per la missione G.A.3.
Dopo uno scalo all’isola di Lero nel Mar Egeo per imbarcare gli operatori dei mezzi d'assalto giunti sul posto dopo un trasferimento in treno dall'Italia.
Il 14 dicembre il sommergibile si diresse verso la costa egiziana per l'attacco previsto nella notte del 17 dicembre, ma una violenta mareggiata fece ritardare l'azione di un giorno. 
A quel momento erano stati risolti i problemi dell’incerto funzionamento dei motori elettrici dei Siluri, dovuti a piccoli cortocircuiti che guastavano le batterie. Areando i cassoni di trasporto collegati al sommergibile, furono risolti gli inciampi e il motore funzionava a meraviglia. La notte del 18 dicembre le condizioni del mare erano ottimali, approfittando dell'arrivo di tre cacciatorpediniere, che obbligarono i britannici ad aprire un varco nelle difese del porto, i Siluri vennero sbarcati e il comandante Borghese con un ben augurante calcio nel sedere buttò in mare pure gli operatori.

Successivamente voltò la prora del sommergibile di centoottanta gradi, avvisando Supermarina che la sua missione era compiuta, riprese il mare in senso inverso e dopo aver percorso tremila miglia nautiche, rientrò al porto della Spezia.

I tre Siluri a Lenta Corsa furono pilotati ciascuno da un equipaggio composto da due assaltatori che nell’occasione furono:

1.    Tenente di Vascello Luigi Duran De La Penne e il Capo Palombaro Emilio Bianchi, che con il SLC 221 si diressero verso la corrazzata Valiant;
2.    Capitano delle Armi Navali Vincenzo Martellotta e il Capo Palombaro Mario Marino, che con il SLC 222 si diressero verso il Cacciatorpediniere HMS Jervis;
3.    Capitano del Genio Navale Antonio Marcelia e il Secondo Capo Palombaro Spartaco Schergat, con il SLC 223 si diressero verso la corrazzata Queen Elizabeth.

La programmata missione degli assaltatori consisteva nel giungere sotto la chiglia del proprio bersaglio, piazzare la carica esplosiva, successivamente abbandonare la zona, dirigendosi a terra e autonomamente cercare di raggiungere il sommergibile Zeffiro, che li avrebbe attesi qualche giorno dopo al largo della città di Rosetta.

Tutti gli equipaggi dei Siluri, dopo il compimento dell’azione, vennero purtroppo catturati nelle successive ore dai marinai inglesi. Vale la pena ricordare l’altruismo dimostrato nell’occasione da Duran De La Penne e da Bianchi, dopo che furono rinchiusi in un locale sotto la linea di galleggiamento della Valiant, nella speranza di convincerli a rivelare il posizionamento delle cariche esplosive.
Alle 5.30, a mezz'ora dallo scoppio, De La Penne chiamò il personale di sorveglianza per farsi condurre dal comandante della nave Morgan ed informarlo del rischio che correva l'equipaggio; ciò nonostante questi fece riportare l'ufficiale italiano dov'era.

All'ora prevista, l'esplosione squarciò la carena della corrazzata provocando l'allagamento di diversi compartimenti, mentre molti altri venivano invasi dal fumo; anche quello che ospitava De La Penne e Bianchi venne interessato dall'esplosione, una catena smossa ferì alla testa l’ufficiale, nonostante ciò riuscirono ad uscire dal locale e ad andare in coperta da dove vennero evacuati insieme al resto dell'equipaggio. L'azione fu un grande successo, ma le navi colpite si adagiarono sul fondo, e non fu immediatamente possibile avere la certezza che non fossero in grado di riprendere il mare. 
Nonostante tutto, le perdite di vite umane furono molto contenute, solo otto marinai inglesi persero la vita.

L'imprevedibile azione della Marina Italiana costò cara agli inglesi in termini di naviglio pesante messo fuori uso.

1.    La nave da battaglia Valiant venne perduta, fu tenuta per lungo tempo nascosta anche a causa della cattura degli equipaggi italiani che avevano effettuato la missione. La corrazzata subì danni in una vasta area della carena a sinistra della torre A, con allagamento del magazzino munizioni A e di vari compartimenti contigui. Gli ingranaggi della stessa torre vennero danneggiati e il movimento meccanico impossibilitato, oltre a importanti danni all'impianto elettrico. La nave dovette trasferirsi a Durban per le riparazioni più importanti che vennero effettuate tra il 15 aprile ed il 7 luglio 1942 Le caldaie e le turbine erano rimaste però intatte;
2.    la nave da battaglia Queen Elizabeth, invece, fu squarciata sotto la sala caldaie B da una grande falla, che passava da dritta a sinistra, danneggiando l'impianto elettrico ed allagando anche i magazzini munizioni, ma lasciando intatte le torri principali e secondarie. La nave riprese il mare solo per essere trasferita a Norfolk in Virginia dove rimase in riparazione per ben 17 mesi.
3.    Il cacciatorpediniere Jervis affondò in rada, a seguito delle cariche esplosive posate sulla carena della nave da parte degli assaltatori.
L'impresa riuscì a risollevare il morale dell'Italia, che dopo la sconfitta di Capo Matapan era stato messo a dura prova. 
Per la prima volta dall'inizio del conflitto, la flotta Italiana si trovava in superiorità rispetto alla Mediterranean Fleet, a cui non era rimasta operativa alcuna corazzata.
La Mediterranean Fleet alla fine del 1941 disponeva solo di quattro incrociatori leggeri e alcuni cacciatorpedinieri.
Tuttavia contrasti tra gli Stati Maggiori dell'Asse non permisero di sfruttare questa grande occasione di conquistare il predominio aeronavale nel Mediterraneo e occupare Malta.

Il 1º settembre 1939 il Tenente di Vascello Gino Birindelli viene destinato alla X Flottiglia MAS per iniziare l'addestramento sui mezzi d'assalto insieme ad altri sommozzatori e palombari quali Teseo Tesei, Elios Toschi, Emilio Bianchi e Luigi Duran De La Penne.
Conseguì il brevetto da Sommozzatore n° 14 e proseguì la formazione, che veniva svolta a Bocca di Serchio. Durante uno di questi addestramenti un respiratore dell'ossigeno gli lesionò un polmone, fu ricoverato e curato all’Ospedale di Massa. Dopo essere uscito a rientrare subito a Bocca di Serchio, chiese ed ottenne dall'Ammiraglio Aimone di Savoia, di essere mantenuto in servizio tra gli uomini dei mezzi d'assalto.
Nel suo libro Vita di Marinaio, l'ammiraglio Gino Birindelli descrisse così l'attività giornaliera del gruppo a Bocca di Serchio: …Noi andavamo in mare al mattino assai presto ed alla sera a buio fitto, dedicando il lavoro nelle ore di luce al continuo perfezionamento di ogni strumento e quello notturno all'addestramento alle vere e proprie operazioni belliche, di cui studiavamo le tattiche… Al Serchio si era creata, in modo vero, profondo e sincero, quella "banda di fratelli che costituiva un ideale dei giovani allievi dell'Accademia Navale" ed essere uniti come consanguinei non era retorica, come non lo era il volere dare in ogni possibile modo tutto quello che si poteva ad un'Italia che amavamo sopra ogni cosa. Là si creò quello "spirito del Serchio" che nessuno di noi ha mai potuto dimenticare.
All'inizio del secondo conflitto mondiale ebbe il comando della V Squadriglia MAS per Gruppo Mezzi d'Assalto, con i quali operò poi in guerra. Imbarcato sul sommergibile Iride nell'agosto 1940, prese parte attivamente alla prima spedizione dei mezzi d'assalto contro la base inglese di Alessandria.
La data dell'attacco era stata fissata per il 26 agosto1940, ma il sommergibile, salpato dalla base della Spezia il 22 agosto, venne localizzato alla fonda nel Golfo di Bomba da un ricognitore inglese, ed alcune ore più tardi venne attaccato e colpito da tre aerosiluranti.
Nell'occasione Gino Birindelli riuscì a portare in salvo un marinaio di leva dell'equipaggio del sommergibile, intrappolato nel battello in fase di affondamento.
Per il suo comportamento venne decorato "sul campo" con la medaglia d'argento al valor Militare.
ll 30 ottobre 1940 riuscì a penetrare nella base inglese di Gibilterra nell'ambito dell'operazione "B.G.2". tuttavia il Siluro a Lenta Corsa affondò per una avaria e in solitudine a causa di un malore del suo compagno, che fu il Secondo Capo Palombaro Damos Paccagnini, tentò senza successo di portare la carica esplosiva sotto la chiglia della corazzata britannica Barham, trascinando sul fondo a mano senza successo il suo Siluro.
Catturato dagli inglesi, durante la prigionia diede prova di esemplare e fermo contegno, venendo poi liberato alla fine del 1943.
Nel dopoguerra ebbe quindi il comando del Gruppo Operativo Incursori (GOI) del Varignano, della 3ª Squadriglia Corvette e della 3ª Squadriglia Torpediniere.
Promosso Capitano di Vascello gennaio 1952, frequentò l'Istituto di Guerra Marittima a Livorno e quindi, dal luglio 1954 ebbe il comando del COMSUBIN del Varignano e dell'incrociatore Montecuccoli con il quale, dal 1º settembre 1956 al 1º marzo 1957, effettuò una crociera di circumnavigazione che lo portò a toccare 34 porti di quattro continenti, percorrendo complessivamente 33.170 miglia nautiche. 
Fu inoltre Capo di Stato Maggiore Aggiunto al Comando in Capo della Squadra Navale. 

Con la promozione a Contrammiraglio nel dicembre 1959, fu destinato prima al Centro Alti Studi Militari, quindi a rappresentare il Comando delle Forze Alleate del Mediterraneo presso il Comando delle Forze Aeree e Terrestri del Sud Europa, poi allo Stato Maggiore della Difesa.
Nei successivi gradi di Ammiraglio ricoprì, in successione, i seguenti incarichi: Comandante della 1ª Divisione Navale, Direttore Generale per il Personale della Marina, Comandante in Capo della Squadra Navale.
Nella Primavera del 1972 fu eletto deputato della Repubblica Italiana nelle file del Movimento Sociale-Destra Nazionale.
Ricordo ancore le parole con cui chiuse il suo comizio in una piazza San Michele stracolma di persone: “Noi vi chiediamo in piedi quello che gli altri vi chiedono in ginocchio”. Non l’ho mai dimenticato.

Tutti i fatti e le persone qui ricordate ed altre che non lo sono state, sono meritevoli di menzione, degne di essere ricordate, per l’altruismo, il valore, le capacità non comuni, che hanno dato la vita in sprezzo del pericolo per l’onore del nostro Paese,
E’ sostanzialmente per queste ragioni, che a vario titolo, furono tutte decorate con la Medaglia d’Oro al Valor Militare.
E’ a questo punto, che voglio ricordare a quei poco accorti personaggi che si proclamano di destra che con pochi meriti oggi governano l’amministrazione comunale, che di uomini da ricordare per i loro meriti, appartenenti al nostro passato e al nostro territorio, ce ne sono in quantità industriale.
Per cui anziché scaldare le sedie e riscuotere buoni compensi, è ora che si diano una mossa senza farsi dettare l’agenda della toponomastica da chi dimostra più coraggio di loro.

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