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Scritto da Luciano Luciani
StoricaMente
06 Settembre 2023

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Accadde all'improvviso. Da un certo punto in poi nelle nostre vite ancora bambine, la Roma e la Lazio, Pedro Waldemar Manfredini e Alcide Ghiggia, Bob Lovati, Tozzi e i vari miti pallonari che costituivano gran parte della nostra vita nei primi Sessanta, cominciarono ad appannarsi e a perdere d'appeal, peso e importanza. Ne acquistavano invece, e ti sorprendeva quanto a lungo ci si soffermasse il pensiero, Bice e Orietta, Franca e Mariella, Paola e Simonetta che da qualche tempo ti rivolgevano, sì, proprio a te, la parola o, addirittura, ti sorridevano.

Dopo averle trascurate per anni, escluse dai giochi e dai segreti delle conventicole maschili, averne sminuito, se non disprezzato, i giochi e le loro attività, scoprivi che le tue coetanee non erano poi così sceme, sapevano rispondere a tono e poi fare proposte, elaborare progetti e metterli in pratica. Ma, cosa più importante, da goffe e sgraziate, “racchie” quale ti erano sempre apparse, incredibilmente si erano fatte morbide, tenere, dolci... Appetibili e desiderabili... Improvvisamente, senza capire perché, avevi voglia di difenderle, proteggerle, carezzarle. Era più di uno stato d'animo, era un desiderio acuto: valeva un po' per tutte, ma per alcune di più. Sentivo/tivamo, noi ragazzotti, che ci stava succedendo qualcosa ma non sapevamo perché e, soprattutto, non riuscivamo a dargli un nome.

Noi non lo sapevamo, ma si stava preparando la stagione degli amori. L'ennesima nella storia dell'umanità, ma la prima tra i figli dell'immediato dopoguerra, come tutti noi eravamo. Non ce ne rendevamo conto, ma avevamo avuto un gran culo: scampati, talora per pochi mesi, alla guerra, non avevamo fatto esperienza dei bombardamenti, né del cuore in gola di un arresto notturno o di una possibile deportazione. Eravamo più o meno tutti figli della libertà riconquistata prima, della Repubblica poi, della Costituzione, della democrazia. Appena aperti gli occhi al mondo godevamo già, senza rendercene conto, di un bel gruzzoletto di garanzie, diritti e libertà. Certo eravamo impegnati, e duramente, a leccarci le ferite: quelle materiali e le morali. Eravamo poveri, ma non miserabili: e poi, soprattutto, come ebbe a raccontare un film di grande successo allora, eravamo “poveri, ma belli”. Ora poveri di sicuro, belli non lo so, perché i criteri estetici cambiano repentini e incontrollabili. Di sicuro eravamo fortunati: la prima generazione di italiani che non avrebbe conosciuto la guerra e con indosso una divisa non avremmo ammazzato nessuno e nessuno ci avrebbe ammazzati. Non è cosa da poco. Sì, indossavamo abiti di risulta, pantaloni di ascendenza militare, giacche riadattate dei padri o dei fratelli più grandi e, quando ce n'erano, di cappotti rovesciati; non pochi si portavano ancora addosso i segni della fame e della miseria dei padri e dei nonni: certi pallori, certe gambette magre, talune malattie che non volevano proprio saperne di guarire, venivano di lì, da generazioni di stenti. Però eravamo vivaci, vitali, intraprendenti... Caciaroni e confusi percepivamo che il meglio doveva ancora venire e ce lo aspettavamo: eravamo sicuri che sarebbe arrivato. Il futuro, nonostante tutto, appariva sul bello stabile. Il nostro era un rosso di sera con quel che segue e che in parte, in gran parte, è seguito e che ci piacerebbe rimanesse tale per i figli e i nipoti.

Intanto, guardavamo con sorpresa meraviglia il farsi donne delle nostre compagne: l'ammorbidirsi dei lineamenti, le gambe che si allungavano sino a renderle alte come noi, le curve invitanti dei seni e dei fianchi. E poi quel nuovo pudore che interveniva nelle nostre relazioni che erano sempre state libere e fin troppo disinvolte, si percepiva una strana timidezza verso quelle che fino a quel momento erano state poco meno che sorelle. Ti prendeva un'inconsueta voglia di protezione verso chi fino a quel momento era stata oggetto solo di grossolanità e rozzezza e un sorprendente languore ti scendeva giù giù sino al basso ventre con buffe conseguenze anatomiche. Nell'aria una già intensa fragranza di baci, un afrore di voglie di carezze: non ancora elargiti o ricevuti, non ancora soddisfatte, ma prossimi, imminenti, nella loro semplicità e nelle infinite dinamiche e complicatezze che avrebbero comportato e innescato. Del sesso conoscevamo il giusto: ovvero poco o nulla. Rade informazioni e per lo più confuse. Disvelamenti che ti lasciavano sì più adulto, ma anche carico di un senso di perdita e di inquietudine. Comunque, ci fu chi dette seguito fin da subito a quella nuova, inedita sensibilità: i più grandicelli, i più spregiudicati, i più prepotenti. Nacquero così le prime “coppie”, amori precoci e precocissimi alcuni dei quali sarebbero poi durati per esistenze intere. Con risultati... mah, provate a chiederlo agli interessati.

Io, per timidezza o per accidente, nonostante qualche maldestro tentativo, rimasi fuori da quelle scelte. Capii, o mi resero edotto, c'erano tanti mezzi, che dentro quel pollaio non erano previsti spazi per me e che forse sarebbe stato meglio ampliare gli orizzonti e guardare altrove.

Con la stessa dignità offesa della volpe esopiana decisi di seguire quel consiglio.

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