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Scritto da Luciano Luciani
StoricaMente
17 Dicembre 2023

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Nell’autunno di 105 anni fa, trova la sua sofferta conclusione la Grande Guerra, il primo conflitto totale della contemporaneità che mutò radicalmente il “mondo di ieri”, quello uscito dal lungo Ottocento, e ne cambiò dal profondo non solo le istituzioni politiche e le strutture sociali, ma anche il modo di pensare, l’immaginario e i comportamenti.

Gli storici attuali, a ragione, hanno definito il primo conflitto mondiale ora come “l’età della catastrofe”, ora come l’inizio della “guerra civile europea” o la “guerra dei Trent’anni del XX secolo”: doveva essere il conflitto che avrebbe messo fine a tutte le guerre, avviando un tempo definitivo di pace, benessere e democrazia, invece dette avvio a un periodo terribile di ferro e di fuoco che sarebbe arrivato a lambire anche l’attuale generazione dei boomers.

Poco più di cento anni or sono accadde che le parole della cultura, della politica, della diplomazia si trasformassero non solo in baionette, ma in ogni genere di ordigno micidiale reso possibile dallo sviluppo industriale e dal progresso tecnologico. Tra l’estate del 1914 e l’autunno 1918 una striscia di terra, a volte larga appena poche centinaia di metri, talora estesa per qualche chilometro, spezzò in due il vecchio continente: era la no man’s land, la “terra di nessuno”, dove si avanzava o si arretrava di pochissimo e ogni piccolo modifica era il risultato di una tragica contabilità di morti e feriti, distruzioni e orrori. Milioni di uomini in quegli anni si scontrarono tra loro facendo ricorso a tutti i tipi di macchine da guerra messe a loro disposizione dal legame tecnicamente necessario ed economicamente vantaggioso stabilitosi tra la grande industria e la produzione bellica. Il primo conflitto mondiale conosce, come mai era accaduto prima di allora, l’utilizzo sui campi di battaglia di armi sempre più precise e mortali e la sperimentazione di nuovi strumenti bellici: mitragliatrici, lanciafiamme, aggressivi chimici, carri armati, aeroplani, sommergibili… L’uso massivo degli sbarramenti realizzati con reticolati di filo spinato, i cosiddetti “cavalli di Frisia” contribuì in maniera decisiva a trasformare il primo conflitto mondiale in una letale guerra di posizione con milioni di uomini costretti a vivere in condizioni durissime esposti non solo ai pericoli bellici, ma anche alle intemperie, a privazioni di ogni sorta, alle malattie.

Tutti questi elementi, tutti questi dati, li ritroviamo compiutamente raggrumati nelle pagine di “Mi assale una tristezza indicibile… “Il diario di guerra del sergente Vincenzo D’Aniello 1915-16, curato dalla nipote Antonia e da uno storico militare, Claudio Gattera, recentemente pubblicato per conto della casa editrice lucchese Pacini Fazzi. Di quella tragedia non manca nulla: le nuove armi micidiali, la gestione dissennata della truppa secondo modalità obsolete da vecchia scuola di guerra; il freddo e il caldo; l’inadeguatezza degli alti comandi e l’inesperienza di una leva di giovanissimi ufficiali che sembravano aver lasciato da poco i banchi di scuola… E poi il fragore assordante delle bombe, le urla strazianti dei feriti e su tutto il fetore sempre incombente della morte e della decomposizione di decine, centinaia, di caduti insepolti.

Napoletano, sottufficiale di fanteria, tiratore scelto, mobilitato fin dai primi giorni del conflitto nella regione del basso Isonzo, il sergente D’Aniello documenta nel suo diario una guerra assolutamente antieroica fatta di fame e di sete, di paura di morire, di poveri corpi fatti a pezzi, di insensati assalti alla baionetta contro le imprendibili posizioni nemiche. E quel giovane uomo spaventato e depresso di un secolo fa, dal fondo di una trincea dove era facile regredire a livelli animali, ci ammonisce: “È inutile si diventa bruti, in guerra si gioisce quando si ammazza un uomo. Ah! Povera civiltà?” E ancora: “Quanti ideali spenti! Quante speranze svanite! Quanti sogni irrealizzati! Quanta tristezza! Quanta delusione si trova sui cruenti campi dove si svolgono accanite lotte per l’Ideale della Patria. Quante madri aspettano inutilmente i figli! Quante spose pregano per i loro cari! E chi sa, mentre loro sperano, già il poverino colpito, giace, disteso, ucciso dal piombo nemico e sotterrato fra le rocce ridotte in sassi dalle granate.” Parole, purtroppo, ancora attuali in giorni in cui, a pochi minuti di volo dai nostri confini, è in corso quella che papa Francesco e il presidente della repubblica Mattarella hanno individuato come l’inizio della terza guerra mondiale. Ancora, per fortuna, frammentata in sanguinosi conflitti locali. Focolai pericolosi, però, perché capaci di allargarsi a più vaste aree del mondo… Per questo è importante ripensare nel cuore e nella mente i ricordi dolenti del sergente D’Aniello.

Antonia D’Aniello – Claudio Gattera, (a cura di), “Mi assale una tristezza indicibile…” Il diario di guerra del sergente Vincenzo D’Aniello, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2021, pp. 100, Euro 12.00

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