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Scritto da loreno bertolacci
StoricaMente
02 Aprile 2023

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Una location perfetta, una bella serata primaverile e un anchorman illustre e conosciuto, Paolo Del Debbio. Il tutto condito da un giornalista veramente free (lancer), Aldo Grandi. Questi sono gli ingredienti che hanno consentito di sfornare un piatto gourmet perfetto, quello della presentazione del primo romanzo scritto da Paolo Del Debbio “Il filo dell’aquilone” organizzato da Franca Dini Eventi.

All’inizio c’è stato il giusto richiamo all’ordine da parte del conduttore della serata che questa volta non era Paolo Del Debbio, ma Aldo Grandi. Eh si, il pubblico, entusiasta per la presenza di Paolo, ma anche per i piatti e le bevute serviti nei locali del bagno Biondetti ViennaLvce, si era un po’ distratto rispetto al vero tema della serata. E allora ci ha pensato bene il buon Aldo a richiamare tutti all’ordine. Ma quando è iniziata la presentazione e Aldo Grandi ha fatto la prima domanda immediatamente si è avvertito un silenzio assoluto e i presenti sono stati catturati da quell’interesse attento che suscitano le persone che ti sanno comunicare qualche cosa, quelle piene e non quelle vuote fatte solo di parole che tutti conoscono nelle sue trasmissioni televisive come “diritto e rovescio”.

Chi scrive, probabilmente, è un po’ di parte, essendo un lucchese che si ritrova molto nel modo di esprimersi e di comunicare che ha Del Debbio, ma credo che come me anche altri ritrovino in lui qualcosa di familiare, di logico e immediatamente capibile in modo inequivocabile, anche se non sono proprio della nostra zona. Tutti lo conoscono come giornalista e conduttore televisivo, ma forse non tutti sanno che insegna etica ed economia all’università Iulm di Milano.

Laureato in filosofia, teologia ed economia, ha pubblicato vari volumi di economia ed anche autobiografici, ma questo volume è il primo romanzo. “Il filo dell’aquilone”, titolo che la dice tutta una volta capito quale sia la logica e il funzionamento di questo magnifico oggetto. Quell’aquilone che rappresenta il volo che ognuno di noi vorrebbe fare, un volo però possibile solo se limitato da un giusto ritegno, quel filo che lo collega a terra o alla mano di chi lo guida. Se non ci fosse questo filo l’aquilone cadrebbe inesorabilmente al suolo perché non potrebbe contrastare il vento che lo solleva, proprio come una vela.

Anche nella nostra vita un giusto ritegno, una giusta limitazione alle nostre azioni ci consente di volare sempre più in altro, verso le nostre aspirazioni. Il collegamento tra il volo dell’aquilone della nostra vita con quel filo impercettibile e a volte invisibile può essere con una persona cara, con un ambiente, con un interesse, con un’identità o un’idea. Insomma con qualche cosa in cui si crede che limiti l’infinita libertà, proprio come un filo. Paolo Del Debbio, filosofo, teologo ed economista, cerca con questo libro di stimolare la nostra attenzione sulle piccole cose ma anche sulle ragioni della nostra vita. L’inquietudine che ogni giorno ci accompagna, fatta di profondi interrogativi che spesso non trovano risposte, soprattutto nei momenti più bui. Spesso le risposte sono vicine a noi, spesso si ritrovano vicino a Dio, spesso dopo profonde riflessioni filosofiche, ma non quelle degli studiosi, bensì le riflessioni che ognuno può fare dentro di sé.

Eh si, perché ognuno di noi può essere un filosofo. Uno sguardo partecipe, quello dell’intenso romanzo di Paolo Del Debbio, sulle fragilità che accompagnano l’essere umano. Astorre Cantacci, personaggio immaginario del romanzo, trascorrendo le sue vacanze estive sulle colline toscane e osservando gli aquiloni volare di fronte alla certosa di Vallelucente, avverte da quel luogo di preghiera un richiamo a sé con la promessa di pace e serenità. Ed è lì che decide di trovare delle risposte alla sua inquietudine e alle sue domande per dare rinnovato senso alla sua esistenza. Ma anche in quel posto così vicino a Dio nuovi conflitti interiori lo attendono; l’uomo non può abdicare alla propria natura e come tale deve alternare conflitto e apparente quanto momentaneo chiarimento.

La presentazione del libro, magistralmente condotta dal Aldo Grandi, ha visto anche momenti nei quali si è andati oltre la normale illustrazione dell’opera. Paolo ha spiegato il suo modo di scrivere un libro, fatto di piccoli pezzi, massimo dieci righe e spazi bianchi sul foglio. Tutto quanto utilizzando una normale macchina da scrivere e non un computer. Forse perché con una macchina da scrivere quando si digita si debbono avere ben chiari i concetti e quello che si vuol dire, non si possono fare correzioni e se si fanno debbono essere limitate. Insomma il copia-incolla o cancella tutto e ripeti come ci permette il potente mezzo di scrittura come il computer è demandato alla mente umana. La mente deve a priori avere ben chiaro quello che vuole mettere sulla carta, altrimenti si stralcia tutto e si ricomincia. Bell’insegnamento anche questo a mio avviso, insegnamento venuto fuori dal chiedersi perché la macchina da scrivere e non il computer.

C’è stata anche una breve riflessione sulla carriera del conduttore che, con soddisfazione e orgoglio, ha raccontato un po’ della sua vita, degli studi e di quanto ha lavorato presso un ristorante - il Prato Verde di Chiatri - per pagarli insieme alle borse di studio avute per gli indiscussi meriti. Un sogno, quello di conduttore televisivo, che si concretizza a quasi cinquanta anni. Ma come ha consigliato a tutti i giovani presenti, il sogno va mantenuto ma nel frattempo si deve lavorare, anche con lavori apparentemente più umili, senza attendere inermi il lavoro desiderato. Quello poi arriva da sé se deve arrivare, altrimenti ogni lavoro è a modo suo nobile.

Una bella lezione di vita che è proseguita poi a tavola dove Paolo Del Debbio, insieme agli altri commensali, ha potuto apprezzare le speciali focaccine Gourmet del bagno Biondetti ViennaLvce. che, tra l'altro, proprio con questo evento - il primo di una lunga serie - ha dato il via alla stagione estiva.

Tante le persone presenti entusiaste di questa “bella persona” come Paolo Del Debbio. E chissà se anche il suo aquilone abbia potuto volare così in alto come è volato grazie a quel filo, a quel legame identitario con la sua Lucca che ha cercato sempre di mantenere. Anche nel suo modo di fare e di porsi nelle sue trasmissioni, nei rapporti con gli altri, in modo semplice e chiaro, cercando sempre quel “diritto e rovescio” delle cose in modo logico e pacato, magari a volte arrabbiandosi un po’, ma sempre nella sacrosanta ricerca della verità nel buonsenso.

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