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Scritto da luciano luciani
StoricaMente
21 Marzo 2025

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Romeo G.,” scrive Nino Russo Perez, acuto osservatore della vita culturale lucchese e non solo degli anni Trenta del secolo scorso, nelle ultime pagine di una sua memoria narrativa parla di “una personalità complessa, carica insieme di poesia e d’acutezza critica impietosa verso tutti, a cominciare da se stesso.” Romeo G., ovvero Romeo Giovannini, nasce nel 1913 a Santa Maria a Colle, frazione del Comune di Lucca al di là del Serchio. All'età di undici anni entra in seminario dove frequenta il liceo fino al conseguimento del diploma, dimostrando una particolare sensibilità per il greco antico e la sua poesia lirica, la letteratura italiana del Medioevo e del Rinascimento.

Fu Romeo a proporci i primi contatti con la letteratura vivente, a farci sapere che già esistevano alcuni luoghi d’incontro di giovani insofferenti della servitù. Egli scriveva nel “Selvaggio” le sue prose d’allucinante lucidità e semplicità. Leggeva “Solaria”, e ce la dette a leggere, mentre noi non avevamo altro cibo letterario che la “Critica” del Croce. E per lui sapemmo di Guglielmo Petroni, che aveva la bottega dietro San Michele, vicino alla casa di Arturo, e aveva vinto un premio di poesia (mille lire!) con una lirica, in cui era detto che la vita “per le grandi mani che accomodano gli affetti nei seni” somiglia all’uomo che “scava le fosse, fischiando sommesso” nel camposanto adorno.

E una bellissima “lettera dalla città alla madre sorda”, pure del Petroni, Romeo ci lesse, camminando tutti insieme nel sentiero umido, lungo il Serchio, verso la val di Lima. Lui stesso, Romeo, scriveva, la notte, mentre noi dormivamo.

Nel 1931, abbandonato il seminario, inizia a frequentare il Caffè Di Simo, da un quarto di secolo luogo ad alta concentrazione intellettuale e soprattutto letteraria: qui conosce Arrigo Benedetti, Guglielmo Petroni, Manlio Cancogni, Mario Tobino, Mario Pannunzio, ovvero gli esponenti di quella generazione di lucchesi che nel dopoguerra saprà affermarsi nel giornalismo e nella letteratura nazionali introducendovi elementi innovativi e originali. Trasferitosi nel 1935 a Roma insieme con l’amico Petroni diviene uno dei protagonisti della fervida stagione delle riviste: conosce Mino Maccari, e collabora con la sua rivista “Il Selvaggio”. Scrive anche su “Prospettive” di Curzio Malaparte, partecipa alle esperienze di “Solaria”; a “Letteratura”, promossa da Alessandro Bonsanti; al quindicinale “Campo di Marte” con Vasco Pratolini e Alfonso Gatto; alla rivista “Il Frontespizio” diretta da Bargellini. Negli anni ‘41-’42 è tra i primi collaboratori del quindicinale “Primato” di Giuseppe Bottai sulle cui pagine scrivono Pavese, Quasimodo, Guttuso, Muscetta… Un’iniziativa messa in opera dal gerarca fascista “col proposito di operare l’unione tra alta cultura e letteratura militante, fra Università e giornale, fra gabinetto scientifico e scuola d’arte, lavorando nel nome e nell’interesse della Patria”.

Dopo la guerra, nel 1946 pubblica versi e traduzioni su “Botteghe oscure” di Giorgio Bassani, dal 1947 al 1956 è redattore dell’“Europeo” fondato da Gianni Mazzocchi e Arrigo Benedetti. Nel 1950 scrive sul “Mondo!” di Pannunzio. Per competenza e rigore tra i più apprezzati - e temuti - critici letterari italiani collabora a “Il Giorno”, per 17 anni, fino al 1971, quando abbandona la professione e si ritira nella sua città natale.

Giovannini è uomo di un solo libro, le Anacreontiche, edito nel 1941per la casa editrice La Cometa di Roma, accolto con grande favore dalla critica del tempo: Montale, De Robertis, Gatto, Spagnoletti, Vigorelli, Calamandrei ne sottolineano la raffinatezza stilistica, la felicità ispirativa, la pura letterarietà estranea a ogni ragione storica, politica, sociale… Ristampato nel 1946 con l’aggiunta di altre liriche ispirate al modello bucolico dalle edizioni Astrolabio, nel 1992 la casa editrice lucchese Pacini Fazzi ne pubblica la terza edizione. Nel 2003, sempre per le edizioni Pacini Fazzi e per la cura di Laura Di Simo, esce Stornelli di Matraia, che nel 1952 l’Autore aveva raccolti dalla viva voce di una contadina lucchese.

Romeo Giovannini si spegne a Mortara, un piccolo centro in provincia di Pavia, il 23 marzo 2005, vent’anni fa.

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