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Scritto da Luciano Luciani
StoricaMente
24 Luglio 2025

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È noto che a fianco di Giuseppe Garibaldi si schierarono non pochi combattenti per la libertà provenienti da terre e Paesi stranieri anch’essi alla ricerca di una faticosa identità nazionale. Per esempio, gli ungheresi che ebbero in Stefano Türr uno tra i loro personaggi più significativi e rappresentativi dell’aspirazione alla libertà e all’indipendenza che attraversava tutti i popoli europei e segnatamente quello magiaro. Provvisto di quello che potremmo definire le physique du role - “alto, biondo, con due occhi cerulei luminosi, elegante nel portamento, bellissimo” – per tutta la seconda metà dell’Ottocento, Türr rappresentò l’incarnazione romantica dell’Ungheria e di quella fraterna solidarietà che sempre si stabilisce fra tutti gli oppressi in lotta contro un nemico comune. Il ’48 europeo e italiano lo vede prima tenente in un reggimento di granatieri ungheresi al servizio dell’impero asburgico; poi, dal gennaio 1849, impegnato nel favorire la diserzione di molti suoi compatrioti che vanno a costituire una Legione Ungherese che si batte sotto le insegne italiane. Esauritasi malamente la primavera dei popoli europei e restaurata l’egemonia asburgica sul continente, Türr diviene uno dei bersagli privilegiati della polizia austriaca. Per sfuggire a quella accanita persecuzione, T͖̽ürr si rifugia in Svizzera, in Piemonte, in Francia, in Inghilterra, in Turchia dove offre la sua spada a Omer Pascià, che si guarda bene dall’accettarla per il timore di spiacere all’Austria. Scoppiata la guerra di Crimea, l’ungherese si arruola come semplice volontario negli eserciti alleati anglo-francesi e si batte da valoroso nella battaglia della Cernaia (16 agosto 1855). Con la divisa del British Army, Türr raggiunge Bucarest per acquistare cavalli e carriaggi: qui viene arrestato dai servizi di sicurezza austriaci, processato e condannato a morte "“quale capo della propaganda rivoluzionaria per staccare l'Ungheria e il Lombardo-Veneto dall'Austria”. Per salvarlo dal capestro si renderà necessario un intervento diretto della Corona inglese e della stessa regina Vittoria. Esiliato a Corfù, intraprende un'attività commerciale tra il Caucaso e l'Inghilterra... Ma grandi novità si annunciano sullo scenario politico europeo: l'Italia è sul punto di entrare di nuovo in guerra contro l’impero asburgico e Stefano Türr lascia gli affari e torna soldato, distaccato presso lo Stato Maggiore di Garibaldi, comandante del Corpo dei Cacciatori delle Alpi. Il 15 giugno, nel combattimento di Tre Ponti, Türr viene ferito alla spalla sinistra e oltre a una medaglia d’argento al valor militare viene ricompensato da una lettera dell’Eroe dei Due Mondi: “Io sarò privo di un valoroso compagno di armi per qualche tempo, e d’un amico, ma spero rivedervi presto sano al mio lato – per ricondurre i nostri giovani e soldati alla vittoria”. E l’occasione non si fa attendere troppo. Nel maggio 1860, l’ungherese è tra gli organizzatori della spedizione dei Mille, tra i primi a sbarcare a Marsala, intrepido combattente a Calatafimi, protagonista, sino allo stremo delle forze, della liberazione di Palermo (5 giugno). Il passaggio sul continente e le successive vicende, sino alla decisiva e sofferta battaglia del Volturno (1-2 ottobre) che sancì la fine del regno delle Due Sicilie, vide Türr svolgere sempre ruoli di grande importanza sul piano sia militare sia politico. Generale fin dalla sua costituzione nell’Esercito meridionale garibaldino, incaricato di reprimere agitazioni, moti e sommosse di chiara origine borbonica, anche in tali delicate contingenze Türr si distinse per la grande moderazione che ne ispirò i comportamenti al punto da meritarsi l’appellativo di “generale pacifista.” L’ungherese, che aveva ormai maturato posizioni monarchiche, anche in forza dei suoi pregressi rapporti con la Francia e l’Inghilterra coglieva meglio di tanti altri collaboratori di Garibaldi le preoccupazioni delle cancellerie europee per la situazione italiana. Per questo, senza ipocrisie, mantenne sempre rapporti di collaborazione con Cavour e col governo italiano spesso in contrapposizione con gli ambienti garibaldini più radicali, rappresentati da Agostino Bertani di spiccate simpatie repubblicane. Dopo l’unità d’Italia gli venne riconosciuto il grado di generale dell’esercito italiano e il titolo di aiutante di Campo di Vittorio Emanuele II. Nel 1866, in occasione della terza guerra d’indipendenza italiana, Türr ebbe il compito, operando dal territorio serbo, di preparare l’insurrezione dell’Ungheria. La sconfitta austriaca costrinse l’imperatore Francesco Giuseppe a concedere la riforma costituzionale dell’Ausgleich, pareggiamento: ovvero la concessione all’Ungheria di una parziale parità con l’Austria, dotandola di una larga autonomia entro la duplice monarchia di Austria-Ungheria. Si trattò di una profonda trasformazione del clima politico, che vide molti fuoriusciti, tra cui anche Türr, fare ritorno in patria e contribuire allo sviluppo e al progresso civile del proprio Paese. Impegnato, lui già uomo d’arme, nel movimento pacifista in Europa e in America, non si risparmiò con interventi pubblici, iniziative associative, articoli su quotidiani e riviste. In prima fila in molte manifestazioni del liberalismo progressista, fu massone e si adoperò per la diffusione dell’istruzione pubblica. Un’esistenza intensa, la sua, che terminò a Budapest il 3 maggio 1908 e che nell’anno bicentenario della sua nascita abbiamo pensato che valesse la pena ricordare.

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