Guardate bene questa foto. E' datata 7 aprile 1986. All'epoca eravamo ben lontani dal sapere e anche solo dall'immaginare ciò che, 30 anni più tardi, saremmo stati e anche diventati. Ci appellò nella lettera, il console nicaraguense a Milano Bergman Zuniga Perez, companero, dal momento che ci eravamo dati da fare, con le nostre amiche infermiere in un paio di cliniche private romane, per la raccolta di medicinali da inviare al popolo del Nicaragua impegnato in una dura guerra contro i Contras finanziati e foraggiati dagli americani di Ronald Reagan, colui che, nel film meraviglioso di Oliver Stone, Salvador, uscito proprio in quell'anno, era definito ironicamente dal protagonista della pellicola James Woods a proposito della sua carriera cinematografica, la spalla di una scimmia. Erano altri tempi. Tempi in cui essere di sinistra voleva dire stare dalla parte dei più deboli e dei diseredati, ma non nel senso in cui lo si interpreta oggi. Non c'erano teorie Gender, gay pride, dizionari lgbtq. C'erano i popoli dell'America Latina che erano stati massacrati in Cile e in Argentina, in Salvador e, appunto, anche in Nicaragua solo perché chiedevano giustizia e si ribellavano all'arroganza e alla violenza di chi stava al potere. Erano anni in cui non si poteva non stare dalla parte di Óscar Arnulfo Romero, l'arcivescovo cattolico ucciso a San Salvador nel 1980 senza che gli americani aprissero bocca. Altro che papa Francesco o Bergoglio che dir si voglia. Bene, fatta questa premessa e con un salto di quasi 40 anni, eccoci all'oggi e al fatto che noi non siamo più quel che eravamo anche se non rinneghiamo alcunché anzi. Rifaremmo tutto allo stesso modo. Solo che il mondo è cambiato, la realtà è completamente mutata di fronte all'unica vera rivoluzione riuscita, quella della tecnologia. Oggi la sinistra non sa più nemmeno che pesce è. Si è ridotta a difendere i diritti di qualche minoranza scambiandola per maggioranza così va allo sfascio. Le resta solo il trito e ritrito antifascismo e, infatti, i pochi successi li ottiene su quel fronte come è accaduto, ad esempio, a Lucca in questi giorni. Gli italiani, per il partito di Elly Schlein, contano poco o niente, più importanti gli immigrati, quel potenziale grimaldello che, come l'operaio massa, può, secondo i Nuovi Rivoluzionari col Rolex, scardinare la serratura della porta del sistema. Poveri sciocchi e illusi. Arriverà il giorno in cui l'Islam li travolgerà senza alcuna considerazione né pietà.
La sinistra, quindi, custode della Resistenza e dell'antifascismo? Una puttanata, ma nell'immaginario collettivo così è. Peccato che ai milioni di musulmani che sbarcano impuniti sulle nostre coste del nostro Risorgimento e della nostra Resistenza fotte zero. Eppure i sinistroidi dementi e verniciati di rosso sbiadito credono ancora alle favole dell'integrazione e del très bien vivre ensemble che in Francia ha fatto danni irreversibili. Ma torniamo a noi.
Quando, un anno fa, festeggiammo la vittoria dell'amico Mario Pardini che votammo e che, è bene dirlo, voteremmo ancora, dicemmo subito e senza fronzoli che se la nuova giunta pensava di trovare un giornale alleato a prescindere aveva fatto male i suoi conti. Noi siamo stati un dito in culo con la sabbia per l'amministrazione Tambellini e avremmo continuato ad esserlo anche con i Nuovi Venuti. Forse non ci hanno preso sul serio eppure qualcuno lo comprese e se ne congratulò anche.
Lo abbiamo dimostrato più volte in questi 12 mesi di governo di centrodestra: dalla vicenda della piscina a Forci alla nomina del presidente di Sistema Ambiente, dalla cooptazione del nuovo addetto stampa alle partecipate del comune, alla vicenda di Sandro Pertini agli impianti sportivi che si vogliono, ma come?, ma con quali soldi?, rimettere a norma. In più, altre perle cui abbiamo dovuto assistere impotenti. Per questo riceviamo critiche amareggiate, ammissioni di speranze tradite, di sogni infranti, di amicizie da rivedere - e non soltanto gastronomiche - di sproloqui a senso unico. Peccato. Non ce ne dispiace nemmeno. Noi non prendiamo soldi dall'amministrazione comunale Pardini e se anche li prendessimo sarebbe lo stesso.
Scriviamo quel che pensiamo e diciamo, ce ne freghiamo di chi non è d'accordo per questioni di mera appartenenza politica e andiamo avanti. Ciònonostante quando portiamo Vannacci a Lucca ce ne dicono di tutti i colori e ci danno dei fascisti, ora che plaudiamo a Pertini veniamo considerati alla stregua di traditori e voltagabbana. Fa parte del mestiere. E del gioco. Una nostra cara e vecchia amica che, un giorno, prese in affitto il nostro appartamento a Picciorana, una volta ci raccontò che degli amici, venuti a trascorrere una serata a casa sua e vedendo gli scaffali pieni di libri, non riuscivano a capire da che parte stesse il loro proprietario: c'era l'opera omnia di Marx, ma anche quella di Mussolini. Ma che razza di intellettuale è questo Aldo Grandi? Ecco, ci piacerebbe che anche all'interno dell'universo politico nostrano non riuscissero a capire bene da che parte stiamo per il semplice motivo che non esiste una parte, ma esiste il tutto e quel tutto dipende dalla nostra indipendenza di giudizio e dalla nostra autonomia di pensiero. Tutto il resto sono puttanate.
Già, ma che razza di giornalista sarà mai questo Grandi?
Un giornalista, ma, sicuramente, un intellettuale nel senso più ampio del termine che si interessa di quello che accade nel mondo e che, con curiosità, cerca di comprenderlo prendendo anche posizione, mettendoci la faccia, schierandosi sempre. E non con un partito, ma con una convinzione. Che è solo ed esclusivamente la propria. Se sbaglia tutta colpa sua.
Quindi sereni a destra, così come a sinistra: se c'è da sparare merda non siamo né saremo secondi a nessuno. Così funziona nella repubblica delle Gazzette.