Anno XI 
Venerdì 2 Maggio 2025
- GIORNALE NON VACCINATO
claudio
claudio5

Scritto da chiara grassini
Cronaca
12 Giugno 2023

Visite: 1702

Corrispondente Rai per dodici anni da New York, poi da Pechino e dal dicembre 2021 da Parigi. Tra gli anni Novanta e i primi anni Duemila ha seguito i più importanti avvenimenti internazionali come il crollo dell'Unione Sovietica, l'inizio della guerra nella ex Jugoslavia e dal 1992 al 1996 le vicende in Bosnia, la Sarajevo assediata e... nell'aprile 2007 entra in esclusiva nella centrale nuìcleare iraniana di Natanz. E' la giornalista professionista Giovanna Botteri, che ieri pomeriggio ha ricevuto il premio "Lucca Dillo in Sintesi 2023" per il giornalismo. La Gazzetta di Lucca l'ha incontrata a poche ora dalla premiazione all'hotel Celide dove ha raccontato gli esordi della sua carriera, i suoi successi, l'incontro televisivo con Michele Santoro fino alla politica internazionale e i suoi racconti di guerra.

Laureata in filosofia all'università degli studi di Trieste e un dottorato in storia del cinema alla Sorbona di Parigi. Poi i primi passi nel mondo del giornalismo e la carriera di giornalista professionista. Come e quando nasce la passione per questo mestiere?

Nasce insieme alla passione della lettura e della scrittura nei primi anni di scuola quando alle elementari capisci che sai fare bene i temi, i riassunti, sei brava in storia e ti piace leggere. Credo che poi si sviluppi un'attenzione che ti porta in maniera quasi incosciente a questo lavoro.

 Avvia il suo percorso professionale iniziando a collaborare con riviste di filosofia "Aut Aut" e"Alfabeta", poi con "Il Piccolo" e "L'Alto Adige". Se dovesse tornare indietro nel tempo, quali sono stati i momenti che ricorda con più affetto a inizio carriera?

Ho iniziato a scrivere da Parigi dove sono andata a studiare. Per mantenermi ho fatto un sacco di lavori come traduzioni e insegnavo l'italiano nelle scuole. Ero curiosa di tutto ciò che stava succedendo riguardo a eventi, cinema, teatro e scrittura. Non avevo alcun accesso a questo mondo, ho deciso di intervistare  registi, poeti e autori perché avevo voglia di conoscerli e di scoprire cosa c'era dietro il loro lavoro. Così ho cominciato a trascrivere le interviste e a mandarle ai giornali proponendomi come giornalista italiana.

Nel 1985 inizia a lavorare alla Rai di Trieste e tre anni dopo nel programma "Samarcanda" di Michele Santoro. Di cosa si occupava principalmente?

Da Trieste sono andata a Roma perché ho fatto un programma di astronomia con Margherita Hack in tutti i centri astronomici europei. La trasmissione è stata ripresa dalla rete nazionale. A Roma ho iniziato a lavorare per il Tg3 e Santoro era vicedirettore capo della redazione cultura. Abbiamo lavorato insieme mandandomi prima a la Magliana, poi nei quartieri spagnoli di Napoli a raccontare la storia delle madri coraggio che si opponevano allo spaccio. Successivamente mi ha inviato ovunque.

Che tipo è Michele Santoro dal punto di vista lavorativo?

Una persona che conosce molto bene la televisione e il mezzo televisivo. Ha studiato come fare tv e informazione. Lavorare con lui è stato un momento di crescita personale.

Suo padre, Guido Bottari, giornalista, direttore della sede Rai Friuli-Venezia Giulia è tra i fondatori del teatro Stabile e di prosa di Trieste. Quali sono stati gli insegnamenti e i valori che le ha trasmesso?

Innanzitutto ho cominciato a lavorare in Rai quando mio papà era già uscito. Non avrei mai potuto mettermi al lavoro come "figlia di" e avere gli occhi puntati addosso. Ho sempre  temuto moltissimo il giudizio di mio padre. Mi ha sempre insegnato che per guadagnarsi le cose occorre lavorare tantissimo, sacrificarsi e non dare niente per scontato. Non bisogna usare nessun stratagemma e rimanere con i piedi per terra.

In un'intervista ha dichiarato che da piccola non voleva fare la giornalista per "non competere con un papà così bravo nel suo mestiere". Poi però le cose sono andate diversamente. Che cosa l'ha spinta dunque a raccontare la cronaca?

Il fatto che mio padre è andato via dalla Rai mi ha reso più leggera e Roma mi ha dato la possibilità di confrontarmi senza protezioni. Mio padre si è occupato di politica nazionale e io invece ho scelto gli esteri.

Nel corso della sua carriera ha seguito importanti vicende internazionali come il crollo dell'Unione Sovietica, l'inizio della guerra nella ex Jugoslavia, la Sarajevo assediata. Poi Bosnia, Algeria, Sudafrica, Iran, Albania e Kosovo. Da inviata di guerra ha mai avuto paura ogni volta che si è recata in posti diversi?

La paura sempre, me ne vergognavo e cercavo di non darlo a vedere. A Sarajevo mi hanno insegnato che avere timore può essere utile qualche volta perché ti salva la vita e ti rende più prudente e attenta. Quindi sì, ho avuto tante volte paura e credo che questo mi ha aiutata a tornare sempre viva a casa.

La sua città di origine è Trieste e questo mestiere, molto spesso, ci porta  a stare lontani da casa. Le manca?

Trieste è una città di confine e di frontiera. Tutti coloro che vi nascono con questa idea sanno che oltre l'orizzonte c'è il mondo. E' un rapporto molto contraddittorio che forse fa parte del mio bagaglio culturale e delle scelte professionali che ho fatto.

Il 20 marzo 2003 iniziava la guerra in Iraq e lei filmava in esclusiva mondiale le immagini mentre era in collegamento telefonico da Bagdad per il Tg3 condotto - all'epoca dei fatti - da Federica Sciarelli. In quel momento dall'altra parte del fiume Tigri i bombardamenti dei palazzi e dei ministeri di Saddam Hussein. Quali sensazioni ha provato in quel preciso istante quando dava la notizia?

Eravamo a Bagdad con il mio operatore Guido Cravero ed Enrico Bellano del Tg1 e Lilli Gruber inviata per lo stesso telegiornale. Abbiamo fatto una scelta, ovvero rimanere. Mentre l'85 per cento dei giornalisti se ne era andato. Siamo riusciti a far venire attraverso il circuito del contrabbando questo sistema per trasmettere perché non esistevano più strutture. In quell'istante sono in diretta e nel frattempo comincia il bombardamento di Bagdad. Federica, in studio a Roma, mi chiede cosa sta succedendo e io descrivo l'inizio dell'invasione americana in Iraq. Il direttore di allora, Antonio Di Bella, mi racconterà che nel suo studio aveva davanti a sé 22 televisioni con tutte le reti italiane, europee e la Cnn. Ad un certo punto arrivano le mie immagini del Tg3 che cominciano a vedersi su tutti gli schermi.

Insegna anche al master di studi internazionali del polo universitario di Trieste-Udine-Gorizia, giusto?

Per me è stata un'esperienza importante perché ho ripreso tutto quello che avevo fatto - in Bosnia, Afghanistan, Iraq - e l'ho trasformato in lezioni e trasmesso agli studenti.

Parla inglese, francese, un po' di spagnolo e montenegrino. Dove ha imparato quest'ultima lingua?

Il montenegrino è quello che era una volta il serbo-croato, ora differenziato perché il croato si scrive in caratteri latini mentre il serbo in cirillico. Mia madre era di una famiglia serbo-montenegrina e a Trieste c'è una bellissima chiesa serbo-ortodossa al cui interno si trova una scuola dove si insegna la lingua. Io l'ho frequentata e mi è stata utile.

Tra i riconoscimenti alla carriera ha ricevuto premi di un certo spessore come il "premio Hemingway", "premio internazionale Matilde Serao", "premio Ischia" (come migliore giornalista del'anno), "premio Ilaria Alpi", "premio la Voce del cuore", "premio Porto Venere donna" e "premio Granzotto", tanto per citarne alcuni. Qual è stato - a suo avviso  quello più importante?

Tutti perché il mio lavoro viene apprezzato e conosciuto. Tra l'altro mi hanno dato anche il premio Lucchetta alla Carriera e Premiolina a Milano.

Oggi il festival "Dillo in sintesi" le ha consegnato il premio Marcello Petrozziello a Lucca. Se lo aspettava?

Assolutamente no! Perché sono una logorroica pazzesca ( ride), essere premiata per la sintesi? Si sono confusi! Chissà... forse stasera scopriremo che non sono io!!

Ha alle spalle una lunga carriera giornalistica: corrispondente Rai da New York per 12 anni, poi da Pechino - dove ha seguito le vicende legate al Covid-19 e ora da Parigi. A proposito, come ha vissuto il lockdown in Cina sia dal punto di vista lavorativo che personale?

Un paese come la Cina con due miliardi di persone che si è fermato senza poter uscire di casa è stato molto impegnativo da seguire. Dovevo raccontare quello che succedeva quando ancora in Italia non avevano assolutamente idea di cosa potesse essere. Ho dovuto raccontare una realtà mai vista e quando sono arrivata in Italia vedevo i camion militari portare via le bare e i cadaveri. A Wuhan si cominciava a uscire dall'incubo mentre gli italiani erano terrorizzati in casa. Ho raccontato che c'era un'uscita dal tunnel e che ce l'avrebbero fatta. Sono stati due momenti importanti dal punto di vista professionale e personale. Io ero lì isolata e temevo che mi succedesse qualcosa come prendere il virus e finire in uno dei centri Covid- 19.

La Cina ha adottato misure dure per affrontare il Covid- 19. Lei che ha seguito le vicende da Pechino, ci racconti meglio il clima che si respirava in quel periodo.

I cinesi hanno capito che stava succedendo qualcosa di spaventoso e dalla sera alla mattina hanno chiuso il paese. A Pechino, una città di 28 milioni di abitanti, hanno chiuso le scuole, le fabbriche e fermato i trasporti pubblici.

Che impressione le ha fatto Pechino?

Improvvisamente ho visto una città vuota, deserta. Nessuno per le strade, non circolavano né una macchina né un autobus. Le uniche cose che hanno continuato a funzionare sono state il sevizio sanitario ospedaliero e i negozi che vendevano il cibo. La zona di Wuhan è stata completamente isolata e ha iniziato a raccogliere la gente che stava male.

E gli ospedali?

Non sono bastati e in dieci giorni sono riusciti a costruirne due e aperto i centri per ricoverare le persone con sintomi.

Quali sono state le misure più dure adottate dalla Cina per debellare il virus?

L'esercito portava il cibo alle famiglie e metteva il filo spinato intorno alle case dove c'erano casi di positività. Il cibo veniva messo nei sacchetti al di là del filo spinato.

In ultimo... chi non rispettava le misure adottate?

Venivano usati i droni per vedere se qualcuno usciva di casa.

Pin It
  • Galleria:
real
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie

ULTIME NOTIZIE BREVI

Spazio disponibilie
Spazio disponibilie

Si svolgerà giovedì 8 maggio alle 21.00 nella scuola Chelini di via delle Cornacchie l'assemblea pubblica dedicata ai lavori…

"Il lavoro di squadra paga sempre. E la sinergia fattiva tra enti di vario livello porta sempre a dei…

Spazio disponibilie
Spazio disponibilie

Venerdì 9 maggio alle 10.30, alla Biblioteca Civica Agorà sarà inaugurato lo "Scaffale del Ricordo", ovvero uno…

Sistema Ambiente informa i cittadini che il prossimo 2 maggio gli uffici amministrativi saranno chiusi al pubblico. Rimarrà…

Spazio disponibilie

"Avendo appreso della ufficializzazione della nomina di Massimo Marsili come nuovo presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di…

L'Informagiovani di Lucca, in collaborazione con l'agenzia per il lavoro Umana, annuncia un'importante iniziativa dedicata a chi…

Spazio disponibilie

RICERCA NEL SITO

Spazio disponibilie
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie