Anno XI 
Sabato 24 Maggio 2025
- GIORNALE NON VACCINATO
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Scritto da Luciano Luciani
Cronaca
26 Gennaio 2024

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Dopo l’8 settembre ’43 e l’occupazione militare tedesca della provincia di Lucca, la città capoluogo e i suoi territori non rimasero indenni da crudeli e sistematiche persecuzioni antiebraiche, comunque riscattate da straordinarie esperienze di accoglienza, condivisione e solidarietà.

Arresti e deportazioni si hanno in Toscana sin dal novembre 1943 a Siena e a Firenze, e, fin da subito, svolgono un ruolo attivo nella caccia all'ebreo i militi della Repubblica Sociale. In provincia di Lucca le vessazioni hanno inizio nei primi giorni di dicembre e proseguono nel gennaio 1944. Gli ebrei presenti nel territorio provinciale sono condotti a Bagni di Lucca, dove in località Bagni Caldi, nell'ex Grande Albergo delle Terme di Ponte a Serraglio, si trova la sede del campo di concentramento provinciale per gli ebrei previsto in base all'ordinanza n. 5 firmata dal Ministro degli Interni della RSI Buffarini Guidi, già ras del fascismo pisano.

In questo edificio, dal 6 dicembre 1943 al 23 gennaio 1944, sono concentrati oltre cento ebrei italiani e stranieri. Dure le condizioni di vita: un solo pasto al giorno; giacigli di paglia; assai precari il riscaldamento e le condizioni igieniche per cui molti bambini si ammalano. La sorveglianza è svolta da un reparto della famigerata 86° legione di Lucca della Guardia Nazionale Repubblicana. Il 23 gennaio 1944 gli ebrei presi in consegna dai militari tedeschi sono trasportati su camion nel carcere di Firenze e successivamente trasferiti in treno in quello di Milano. Il 30 gennaio, dal tristemente noto binario 21 della Stazione Centrale di Milano, viene fatto partire il convoglio n. 6 con 605 ebrei, tra i quali si trovano anche gli arrestati in provincia di Lucca. Allo stato attuale delle ricerche gli ebrei arrestati e deportati della provincia di Lucca sono complessivamente 110, di cui 27 di età compresa entro i 18 anni di età.

Nessuno di loro ha fatto ritorno.

Se oggi, Giornata della Memoria 2024, noi torniamo a ricordare l’atroce persecuzione antisemita del secolo scorso, per significare tutti gli ebrei perseguitati un pensiero particolare non può che andare ai piccoli cugini Paolo Procaccia e Luciana Pacifici, di un anno l’uno, otto mesi l’altra, che giungono da Napoli alla periferia di Lucca, a Cerasomma, per cercare, con i genitori e i nonni, una difficile salvezza senza trovarla. E neppure possiamo dimenticare Liliana Urbach, di poco più di un anno, lucchese di Bagni di Lucca in quanto nata proprio lì nell'ottobre 1942, e il fratellino Kurt di soli 4 anni, viennese, perché la guerra, tra gli altri orrori, sradica e disperde... A pensarci bene, la guerra di annientamento dichiarata dal nazismo fin dal 1933 nei confronti del mondo ebraico europeo è soprattutto una guerra contro i bambini. “Perché i bambini crescono e diventano schifosi ebrei!”, così argomenta un ufficiale tedesco a chi gli chiede con quale animo possa tenere prigionieri dei fanciulli nell’Hotel Meina, sul lago Maggiore, teatro, nell’autunno del ’43, della prima strage ebraica in Italia: 50 morti ammazzati tra cui 4 ragazzini.

Accanto ai sommersi, però, vogliamo ricordare anche i salvati. E i salvatori: infatti l'8 settembre e i giorni seguenti vedono i civili, soprattutto le donne, muovere in aiuto dei soldati sbandati. Le sofferenze provocate dalla guerra, la disillusione sul fascismo, l'occupazione militare nazista operano in una gran parte della popolazione un risveglio delle coscienze che si concretizza nel soccorrere quanti si trovino in difficoltà e in pericolo. Si tratta a volte di azioni spontanee e individuali, in altri casi sono opera di appartenenti a formazioni partigiane o a una resistenza senz'armi, spesso organizzata in reti di assistenza. All'avvio della persecuzione contro le loro vite, non pochi ebrei in cerca di scampo incontrano persone che compiono la scelta della solidarietà: persone capaci di ascoltare e guardare l'Altro con occhi fraterni, che, nonostante il pericolo, sentono un imperativo interiore all'aiuto disinteressato. Le strade per la salvezza sono molto diverse: a volte sono gli ebrei stessi che riescono a trovare autonomamente un rifugio, altre volte è invece decisivo l'aiuto che scaturisce da un'umanità ritrovata, sfidando inveterati pregiudizi e le micidiali disposizioni fasciste e naziste.

Nella nostra provincia l'arcivescovo Antonio Torrini promuove tra il clero carità e amore verso le popolazioni vittime della guerra e verso i perseguitati. Tutti. Oltre che attraverso le parrocchie, il progetto di assistenza agisce soprattutto in virtù dell'opera dei sacerdoti Oblati dello Spirito Santo: don Arturo Paoli, don Sirio Niccolai, don Guido Staderini e don Renzo Tambellini. Nell'autunno '43, Giorgio Nissim, un ebreo pisano, rappresentante dell'opera assistenziale ebraica DELASEM, prende contatti con gli Oblati. Si crea così una reta di assistenza ebraico-cristiana che, estesa da Genova a Firenze, riesce a salvare molti ebrei italiani e stranieri oltre che esponenti della Resistenza. La rete procura nuove identità e rifugi sicuri: in provincia di Lucca, a questa azione contribuiscono resistenti, parroci, religiosi e religiose (le suore Zitine, le Mantellate, le Passioniste, le Suore dei Poveri Vecchi, le Oblate dello Spirito Santo), appartenenti all'Azione Cattolica, lo stesso arcivescovo e molte altre persone rimaste a tutt’oggi ancora sconosciute.

Un lavoro imponente di assistenza e protezione che permise di salvare circa 700 ebrei italiani e stranieri: mani e volti amici che aiutarono a resistere alla bufera e a dipanare, nonostante tutto, l'esile filo del futuro.

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