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Scritto da Redazione
Economia e lavoro
09 Febbraio 2021

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Sara Giovannini, direttore di Confcommercio, è nata a Massa, ha 47 anni, due figlie e vive a Lucca dal 2000. Ha assunto il ruolo di direttore succedendo a Rodolfo Pasquini ora presidente dell'associazione.

Sara Giovannini lei è stata nominata direttore in uno dei periodi più difficili degli ultimi decenni. Come ha affrontato a livello personale e organizzativo questa emergenza? 

L'approccio personale non è cambiato, prima ero vicedirettore e, quindi, c'è stata una continuità nel lavoro ordinario. Sicuramente è cambiato il senso di responsabilità perché, comunque, Confcommercio è una istituzione importante per entrambi i territori in cui opera la struttura. Non è stato e non è tutt'ora facile fare fronte alla mole degli impegni e, soprattutto, anche all'organizzazione degli stessi. Tante cose le ho dovute lasciare e ho dovuto trasformare il mio quotidiano lavorativo. 

In che senso? 

Il telefono che non smette assolutamente di squillare, il fatto che ho perso la parte più tecnica ed operativa del lavoro e ora passo le mie giornate a dialogare e a parlare con i commercianti, con la base associativa, con le amministrazioni pubbliche. Il mio quotidiano è fatto di molte ore spese nel dialogo e nell'ascolto. 

Lei ha preso il posto del direttore per antonomasia di Confcommercio negli ultimi dieci anni, Rodolfo Pasquini. C'è chi dice che sia stato espressamente lui a volerla come sostituta? 

Credo di sì. Rodolfo mi ha sostenuto nella crescita da responsabile del marketing associativo alla nomina alla vice direzione, mi ha sorretto, mi ha protetto e mi ha dato la possibilità di formarmi e, quindi, di poter avviare un percorso i cui risultati sono la mia nomina alla direzione di Confcommercio. Mi è stato concesso tanto dal punto di vista lavorativo a partire dal fatto che mi hanno permesso di studiare - io ho fatto un ulteriore master di specializzazione durante gli anni lavorativi - così come mi hanno concesso di poter frequentare corsi organizzati da Confcommercio Italia. 

Veniamo a Lucca. Situazione drammatica per alcuni settori come, ad esempio, la ristorazione. 

La situazione è drammatica per tutto il settore turistico e questa drammaticità è ancora più evidente in una realtà come la nostra che era, ormai, imperniata sul turismo. Lucca era diventata e speriamo lo sia anche i futuro una città turistica a tutti gli effetti. La crisi ha veramente picchiato duro sulla città, un po' meno sulla costa piuttosto che sulla montagna. Lucca come città d'arte come le altre città d'arte, è stata investita in pieno dall'emergenza Covid. 

Dati alla mano, ci sono state chiusure di attività? 

Ancora ufficialmente i dati camerali non sono stati pubblicati. Basta, però, fare un giro nel Fillungo per vedere quante vetrine si sono spente nel giro di 12 mesi. La situazione per determinati settori, come la ristorazione, è veramente pesante. C'è urgenza di nuove misure che permettano di conciliare la sicurezza sanitaria con le esigenze economiche delle categorie produttive. 

L'unica, a nostro avviso, sarebbe quella di aprire regolarmente come anche numerosi ristoratori stanno facendo, per protesta, in tutta Italia. Perché voi non avete accettato di scendere in campo apertamente contrastando le decisioni 'assassine' del Governo? 

Fipe non condivide il movimento di protesta '#Ioapro' perché in questo momento può essere controproducente per la stessa categoria.

In che senso scusi? A noi pare che faccia semplicemente quello che dovrebbe fare ogni imprenditore costretto a non lavorare.

Se le aperture dei ristoranti sono un segnale di protesta per richiamare l'attenzione va bene, ma una apertura continuata e forzata si ritorce contro sia da un punto di vista economico perché le attività e i clienti possono essere sanzionati, sia da un punto di vista 'dell'immagine'. I pubblici esercizi, tutti, non sono untori e i loro titolari sono imprenditori seri e responsabili che adottano tutte le misure di sicurezza previste e prescritte. Devono essere messi in condizione di lavorare legittimamente, per questo Fipe chiede con insistenza anche nel rispetto di eventuali protocolli ancora più stringenti, la riapertura serale. La movida non si combatte facendo stare le persone fuori dai locali, ma si può combattere facendole entrare in maniera ordinata all'interno degli stessi nel pieno rispetto di tutti i protocolli. 

Nell'attesa, ormai messianica, che il Governo dia ascolto alle vostre richieste, io ristoratore cosa faccio: alzo gli occhi e prego il cielo? 

Io credo che i tempi dell'attesa siano finiti. Da più parti si parla di una possibile riapertura serale dell'attività alla scadenza dell'ultimo Dpcm ossia dal 15 febbraio. Fermo restando due condizioni: l'andamento dei dati pandemici e la situazione del Governo. Bisogna vedere se il ministro Speranza tutt'ora in carica, firmerà gli atti di sua competenza oppure se preferirà demandare al futuro Governo Draghi. 

I dati sanitari parlano di nuovi contagi di persone sostanzialmente asintomatiche. In realtà i decessi, se ci sono e ci sono, sono di persone con una età avanzata e relative patologie. Ora, non crede che tenere chiusi i locali pubblici e impedire alla gente di lavorare e di vivere siano disposizioni senza alcun senso e, soprattutto, devastanti sotto il profilo sia economico sia psicologico? 

Credo che il problema debba essere inquadrato da un'altra angolazione. Devono essere date come è stato fatto delle prescrizioni di sicurezza e deve, in particolare, essere controllata la loro esatta esecuzione. Quello che è mancato in Italia sono i controlli. Le attività devono riaprire nel pieno rispetto dei protocolli suggeriti e devono essere eseguiti i controlli affinché questi protocolli siano rispettati. 

A Lucca ci sembra che regni l'immobilismo dal punto di vista amministrativo. La giunta Tambellini è concentrata sulla manifattura e non riesce a fare alcunché. Il mercato di piazzale don Baroni è una tristezza a vederlo figuriamoci a visitarlo. Altre zone del centro e della periferia sono desolate. Recentemente in piazzetta San Carlo è andato a fuoco un fondo sfitto e il comune ha promesso di lanciare una sorta di ipotesi di rinascita dell'area. Ci domandiamo: ma chi dovrebbe fare il commerciante di questi tempi secondo le speranze del comune? 

Sul mercato di piazzale don Baroni condivido il suo giudizio. E' opportuno riqualificare i banchi e riportarli in città e ricordo che Confcommercio si è sempre mostrata contraria al suo spostamento al di fuori delle mura urbane. Per quello che riguarda i fatti di piazzetta San Carlo, sono la dimostrazione che nel momento in cui le vetrine si spengono la sicurezza viene a mancare. Le ipotesi di riqualificazione possono essere tante e attendiamo di essere coinvolti dall'amministrazione comunale per valutarle. Se sulla carta le prospettive ci sono tutte e la rivitalizzazione di Chiasso Barletti ne è stata un esempio, ora, purtroppo, sono mutate le condizioni. Gli imprenditori chiamati a investire in quest'area devono essere fortemente e ripeto fortemente incentivati con ogni possibile forma di aiuto diretto o indiretto. 

Peccato che la rivitalizzazione di Chiasso Barletti sia stata, soprattutto, opera di Paola Granucci che è contitolare dell'agenzia immobiliare Casaamica e che si è fatta un mazzo così per restituire alla via una esistenza che, il comune in primis, aveva, ormai dimenticato. 

Io sono sicura che ci possa essere un'altra Paola Granucci di piazzetta San Carlo, ma, le condizioni del 2018-2019 non sono le stesse di oggi. L'amministrazione, quindi, deve essere in grado di sostenere fortemente l'iniziativa imprenditoriale privata. 

Ma se a Palazzo dei Bradipi sono tutti o quasi impiegati dello stato, come fanno a conoscere lo spirito imprenditoriale e il rischio d'impresa? 

Dialogando e cercando di capire e di fare fronte alle esigenze delle categorie. 

Meglio Valentina Mercanti o Chiara Martini e non risponda diplomaticamente per favore. 

Sono due ottime professioniste. Ho lavorato molto bene con Valentina Mercanti e ho avviato un ottimo dialogo anche con l'assessore Martini. Con una battuta rispondo che è troppo presto per fare un paragone. 

Ex manifattura tabacchi: voi non avete mai nascosto la vostra positiva accoglienza per il progetto Coima-Fondazione Carilucca. 

Al momento è l'unico progetto concreto di riqualificazione della parte sud della manifattura. Lo stesso progetto presentato dall'altro gruppo è ancora molto sfumato. La fondazione, poi, di per sé rappresenta una garanzia. Fatte queste premesse crediamo che non si possa perdere questa opportunità e che tutte le parti coinvolte debbano mettersi a un tavolino per addivenire a una soluzione e a proposte condivise. Se perdiamo questo treno temo che non ce ne sarà un altro per molti anni. 

Il suo giudizio come direttore di Confcommercio sull'operato dell'amministrazione Tambellini è negativo? 

No. E le spiego perché. Posso non condividere le scelte finali compiute dall'amministrazione - esempio banale le decisioni assunte nel Pams, piano di mobilità e della sosta - ma un merito che le riconosco è che, verso la categoria dei commercianti, ha sempre dimostrato una volontà di dialogo. 

Via Elisa a senso unico: condivide? In fondo non è che cambi granché rispetto a prima... 

La posizione dei commercianti della zona è fortemente contraria a questa ipotesi. 

Sicura? A noi risulta che qualcuno non sia aprioristicamente contrario... 

Sono stati fatti alcuni incontri con i commercianti dell'area proprio in previsione del Pams e la maggioranza è contraria al senso unico. Non solo temono ripercussioni sull'aspetto economico, ma evidenziano come la realizzazione del senso unico possa avere ripercussioni sullo stesso livello di inquinamento. Ciò non toglie che ci siano degli imprenditori che siano favorevoli al senso unico così come alcuni, addirittura, vorrebbero la pedonalizzazione della strada. A noi tocca fare sintesi. Il comune ha definito nel Pams la realizzazione del senso unico che sembra non poter essere più rimandata. A questo punto è necessario sedersi di nuovo con l'assessore Bove e con l'assessore Marchini per poter definire il rimodellamento a spina di pesce degli stalli blu.

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