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Scritto da Redazione
Enogastronomia
01 Ottobre 2020

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E' una ventata di vitalità quella che si respira, da subito, appena entrati al ristorante pizzeria Da Tito Peccati di gola, in via Francesco Baracca 145 a Novoli, periferia immediata di Firenze. Merito del suo gestore, Mohamed detto Momi, El Hawi, 34 anni, fiorentino di nascita e di tifo calcistico, ma anche di uno staff che risulta simpatico e disponibile. A cominciare da Kimo El Hawi, 26 anni, cugino di Momi, anche lui egiziano e anche lui nato nella città del giglio. La differenza è che mentre Kimo, oltre ad essere molto più esuberante, addetto ai dolci e al bar, un vero e proprio showman, è anche musulmano senza particolari ripensamenti, Momi ed è questa la sua peculiarità, ha scelto di esserlo e di restarlo, musulmano, ma non... troppo. In che senso? Nel senso che, avendo a che fare con un mestiere di ristoratore dove si serve alla gente quello che mangia, gli è sembrato più che giusto e naturale rinunciare a certi dettami religiosi che gli impedivano, ad esempio prosciutto, maiale, vino, di conoscere bene ciò che doveva andare a vendere. Una decisione maturata nel tempo, ma che ha avuto anche il precedente di una vita vissuta, a tutti gli effetti, da fiorentino doc e con un accento da far invidia anche a chi è nato in  piazza San Frediano e dintorni.

Chi è Tito? Tito è il nome, italianizzato, del papà di Momi, un egiziano musulmano doc che, cinquanta anni fa, è venuto in Italia prima a Roma  dove ha iniziato come lavapiatti, ma dove ha appreso, come una spugna e come chi ha voglia di non fermarsi e di imparare a crescere, come si facevano le pizze. Così, quando è arrivata l'emergenza, lui si è fatto avanti e da allora il proprietario ha capito che aveva a che fare con una persona di grande capacità.

Da lì è iniziato tutto fino a quando, appunto,  Tito non ha scelto di salire a Firenze e dove, più tardi, ha aperto il suo primo locale, quindi il secondo, infine un terzo con aggiunta di altri due ad Ismailia in Egitto. Ad un certo momento Tito avrebbe anche voluto rientrare in Egitto, stanco di avere a che fare con tasse, balzelli, prescrizioni e roba del genere. Ma, alla fine, è rimasto a Firenze che, ormai, è la sua città. E suo figlio, il Momi, ha preso in gestione, da solo, il più importante dei tre locali, una macchina da guerra dove ci sono cinque pizzaioli che servono ai commensali una pizza che Tito si è inventato con un impasto ad hoc, e che costituisce l'esempio della leggerezza fatta pizza. Digeribilissima, leggerissima, conditissima. Unico difetto se così possiamo dire, non ne basta una a nostro avviso...

Ma a Mohamed non è bastato fare le pizze e tra le più gradite al pubblico fiorentino. No, ha voluto allargare la visuale e ha deciso di alzare la qualità del ristorante, servendo pesce e carne di alto livello grazie a una cucina accurata e a uno staff giovane e capace. Ottimi i primi e gli antipasti di mare, ancora meglio i secondi. 

Si sta bene da Tito, ci si rilassa, i locali sono ampi, addirittura esiste una veranda con decine di tavoli e di posti, il tutto ben protetto e ovattato. Brava la direttrice di sala, Adriana, rumena che a 21 anni, oggi ne ha poco più di 30, ha lasciato il suo paese orfano di Ceausescu ed è venuta in Italia in cerca di un futuro migliore. Staff multietnico se si pensa che c'è anche una ragazza tunisina, diversi italiani, qualche rumeno. Il pezzo forte, però, va detto, è Kimo El Hawi, questo ragazzo dotato di una elasticità nei movimenti da far invidia ad un contorsionista. Kimo ha giocato, addirittura, da ragazzo, insieme a Salah, il giocatore egiziano che ha militato per un anno a Firenze prima di andare a Roma e, adesso, al Liverpool. Salah è un idolo per Momi e non solo e, infatti, alla cassa c'è una foto che ritrae il papà col giocatore. 

Kimo è uno che ama scherzare, come quando ti getta addosso un boccale di birra pieno dal quale, però, non esce una goccia o come quando, al momento del caffè, ti rovescia la tazzina addosso facendoti prendere un colpo e, poi, si scopre che era un suo gioco di prestigio con le mani che ripete con una semplicità e facilità disarmanti. 

Manca, ma questa sera è a cena fuori con la moglie, proprio lui, Tito, che prima o poi ci racconterà la storia di un immigrato che è venuto in Italia partendo da meno di zero. 

 

 

 

 

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