All'interno del centro storico i locali, negli ultimi lustri, sono sorti come funghi, al punto che qualcuno è arrivato a definire la città una sorta di mangiatoia come, del resto, la maggior parte, ormai, delle località turistiche italiane. In realtà se molti ristoranti e altri locali gastronomici sono nati, è altrettanto certo che molti hanno chiuso i battenti e hanno resistito, vincendo anche il Covid, quelli che non hanno mollato e hanno saputo reinventarsi. Uno di questi è Canuleia, situato nella omonima strada a due passi da piazza Anfiteatro, gestito da una coppia di coniugi, Matteo Crudeli ed Eleonora Giorgi, entrambi lucchesi, che dopo una esperienza svizzera a Losanna di cinque anni, poco più di dieci anni fa, scelsero di tornare a casa e di aprire un proprio ristorante.
Era anzi, correva l'anno 2013, per la precisione il 23 marzo e, come ricorda Matteo Crudeli, eravamo in tre, io, Eleonora e una persona addetta alla cucina. Sono passati esattamente dieci anni, e i dipendenti, adesso, sono, addirittura cinque. Tra essi, Deborah, sommelier e ex studentessa dell'alberghiero barghigiano e Sara, addetta anche lei alla sala. Posti complessivi circa 65, una ventina dentro e gli altri a disposizione nel meraviglioso giardino esterno curato e arredato in maniera semplice, ma efficace e invitante: un gioiellino nascosto alla vista che, già adesso a primavera appena sbocciata, merita la sosta.
Matteo è lo chef e ai fornelli si dedica con passione occupandosi di tutto, dalla scelta dei prodotti alla loro preparazione. Il servizio è ottimo, Deborah e Sara - sabato e domenica c'è anche una terza persona - sono estremamente professionali senza dimenticare simpatia e un bel sorriso che accoglie e riscalda. La carta dei vini è piuttosto convincente e attira il fatto che ci siano numerose bottiglie da 375 ml casomai uno non abbia voglia o possibilità di sciropparsi una bottiglia intera.
Confessiamo che è la prima volta che varchiamo la soglia di questa trattoria che, a dire la verità, a noi sembra qualcosa di più rispetto ad una normalissima trattoria. Al di là degli interni, colorati con gusto e per niente invasivi, il menu è davvero ottimo, senza troppi inutili piatti, ma concentrato su un numero ridotto, ma degno assolutamente di essere assaggiato. Ed è, infatti, per questa ragione che optiamo per tutta una serie di piccole porzioni, proprio per sperimentare un po' la cucina.
Buono il servizio al tavolo e non è cosa scontata, soprattutto, di questi tempi e con la penuria di personale che gira complice il cosiddetto reddito di cittadinanza. Abbiamo volutamente e ci perdonerà Matteo con Sara e Deborah, fatto cadere sulla tovaglia un po' di vino rosso e non abbiamo detto alcunché se non scusandoci appena. Non c'è stato nemmeno bisogno di aggiungere altro che le due ragazze hanno immediatamente provveduto a coprire la macchia restituendo alla tavola il bianco originario. Complimenti, si trattava, in fondo, solo di una piccola fuoriuscita di vino dal bicchiere.
L'ambiente è riservato, l'atmosfera rilassante, si sta bene. Bagno simpatico e pulito come piace a noi: un cartello campeggia sopra il wc: Se non lo trovi come vorresti, lascialo almeno come lo hai trovato. Illuminante.
La prima pietanza che degustiamo sono le seppioline spadellate concassè di pomodoro, fagioli cannellini e bottarga. Semplicemente sublime il retrogusto della bottarga. Da provare. Il secondo assaggio è ancora più sorprendente e stimolante: pappa al pomodoro, cozze e crumble di pancetta. Il pomodoro lascia esterrefatti e goduriosi. L'attesa è breve, ma la voglia di testare è sempre più forte: arriva il carpaccio di manzo di pozza della Garfagnana con taccole olio e limone e ciliegini. Il manzo di Pozza ci riporta alla mente vecchie battaglie giornalistiche combattute con l'amica e collega Barbara Pavarotti, lasciamo stare. Buon piatto, però, la carne è veramente gustosa.
Non è finita qui. Poteva mancare, di questi tempi, la zuppa garmugia? Certo che no e la scodella è una favola. Consistente la garmugia senza essere pesante, allieta e soddisfa gli istinti fagici del consumatore. Subito appresso è la volta del top del top: il risotto al pomodoro con emulsione di burrata e verdure saltate. Ecco, potremmo anche fermarci qui, brindare con Matteo, Deborah e Sara - Eleonora stasera non c'è - alla ricorrenza decennale e salutare. Se volevamo una testimonianza su come si mangia e si sta da Canuleia, siamo sufficientemente in grado di poter rispondere: bene.
Invece Matteo insiste e noi non ci possiamo far trovare impreparati: è la volta dei paccheri asparagi, fave, pomodorini confit e crema di pecorino. Sapore originale, accattivante, fuori dal comune e che lascia una ottima impressione sulle nostre pupille/papille gustative.
Ora, però, è il momento di dire stop, come il Big Ben, di Enzo Tortora nella sua trasmissione epocale Portobello. Un secondo, però, non si può rifiutare così Matteo ci invia le costolette di agnello al timo su salsa al vino rosso e verdure brasate. Se anche gli occhi vogliono la loro parte, qui la trovano senza ombra di dubbio. Avremmo cotto un po' di più le costolette, ma la salsa al vino rosso è ottima e la carne saporita.
Chiudiamo con una crème brulée alla vaniglia del Madagascar e siccome non abbiamo limiti se non quelli che ci imponiamo, raddoppiamo vista la bontà del dolce.
Dimenticavamo i vini: abbiamo sbagliato scelta, ma l'Amarone Valpolicella sia pure 15,5 gradi, è stupendo e accompagna anche le nostre brevi meditazioni. Infine, un passito dell'Alto Adige, il Sissi Goldmuskateller Meran, stesso nome della principessa ed ex imperatrice d'Austria. Tanta, tantissima roba.
Siamo cotti? No, la pennichella quotidiana alla quale raramente ci sottraiamo - siamo o non siamo liberi professionisti? - ci fa essere come grilli fino a tarda ora. Andiamo in giardino e restiamo estasiati: bellissimo, un angolo di paradiso nel cuore della città. Matteo se la cava molto bene, ci racconta di come, lui e Eleonora, sono 'sopravvissuti' al Covid, economicamente parlando, e della sua felicità se i colleghi lavorano perché, in fondo, c'è spazio e tempo per tutti.