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Scritto da aldo grandi
Enogastronomia
30 Gennaio 2023

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Noi siamo tra quelli che sostengono l'utilità, fisica, ma, soprattutto, mentale dei cosiddetti cimenti invernali, ossia bagni e nuotate in mare o anche in corsi di acqua dolce durante la stagione del freddo mutamenti climatici a parte. Così, come ormai è consuetudine da prima del Covid, almeno tre volte a settimana se il mare ancor più che il tempo lo concede, salpiamo verso Livorno e la chiesa di San Jacopo accanto ai bagni Pancaldi-Acquaviva dove un robusto gruppo di altri... incoscienti-folli ama tuffarsi nelle acque trasparenti e verde-azzurro del mare nostrum.

Se un problema esiste, per chi si sciroppa ogni volta 110 chilometri anda e rianda per arrivare da Lucca a questa sorta di suplizio masochista che consigliamo a tutti coloro che vogliono veder crescere, ammesso che ne abbiano bisogno, il senso di benessere e autostima, è quello di sentire immancabilmente il bisogno di mangiare qualcosa appena terminata la prova.

Mezz'ora in un'acqua la cui temperatura si aggira anche intorno ai 12-13 gradi non è semplice e consuma parecchie energie. Il corpo, infatti, per resistere a certe temperature brucia di più. Così, in una giornata meravigliosa baciata da un sole che riscalda, si fa per dire, mente e anima, il dilemma intorno alle 14 è dove andare visto che le gastronomie sono, ormai, chiuse e i negozi di alimentari pure. Resterebbero i supermercati, ma che tristezza o i ristoranti, ma siamo impresentabili e poi, da soli, non ci piace stare al tavolo di un locale più o meno impegnativo, ma pur sempre un ristorante. Così, facciamo quello che abbiamos empre voluto fare e che da un sacco di tempo non facciamo più: saliamo in auto e ci dirigiamo verso il mercato coperto di via Buontalenti, altrimenti conosciuto come mercato centrale o mercato delle vettovaglie. 

Ecco come, se volete conoscere bene la città divertendovi in una lettura senza troppi fronzoli, ma godibile e rilassante, viene descritto il mercato delle Vettovaglie nel bel libro Livorno, le 100 meraviglie scritto da Giuseppe Mascambruno collega ed ex direttore della Nazione e con le immagini di Fabio Muzzi:

Arrivati a questo punto e magari sentite salire un certo languorino, sappiate che mai luogo fu più giusto di quell’edificio maestoso, dal doppio ordine di finestrone a tutto sesto, che dagli Scali Saffi domina il Fosso reale. Ecco a voi il Mercato delle Vettovaglie, firmato da Angiolo Badaloni (1894), il secondo più grande d’Europa. E’ il vero museo vivente della più genuina anima popolare livornese.

Dentro trovate di tutto, dal banco di sole uova, a cominciare da quelle dell’ambitissima gallina livornese ai restanti quasi duecento che offrono carne, salumi, spezie, verdura, frutta e pesce. Tanto pesce, molluschi, crostacei, tutto adagiato a dar spettacolo su veri palcoscenici di marmo. E la sezione degli <ammollati>, baccalà e stoccafisso. Specialità in cui Livorno vince facile.

Si entra per far la spesa, certo, per vedere, ma soprattutto per ascoltare. Fate il pieno di tutto, soprattutto delle battute. E, se non vi siete fermati a mangiare dentro, appena usciti, in Via Cardinali, infilatevi nell’antica <Torteria Gagarin> per farvi almeno un <5 e 5>, ovvero pane francesino e torta di ceci calda fumante, anzi <a bollore> come si dice qui, con spruzzatina di pepe. Occhio però: non chiamate mai la torta <cecina>, perché così dicono a Pisa. Rischiate di essere rimbalzati da mamma Fiorella che, insieme ai figli, gestisce lo storico locale.

<Quan’ero piccolina nelle fasce / Mi’ madre mi chiamava belle ‘osce / Ero discreta e sana come un pesce / Ora ciò le sporgenze tutte mosce>. ( La <cenciaia> al mercato nel vernacolo di Beppe Orlandi, 1898-1963)

Ai tempi della presunta pandemia era piantonato da un paio di agenti che controllavano la mascherina sui volti della gente o, successivamente, il green pass, adesso si entra liberamente anche se, diciamola pure, fa un freddo cane e, se ci arrivate in tarda mattinata non c'è un cane ad attendervi perché i banchi chiudono come i farmacisti, inesorabili e puntuali. Che tristezza l'incapacità di questa città di saper valorizzare ciò che ha. Comunque sia aggirandoci tra le file di banchi rigorosamente sigillati, ci imbattiamo nell'unico aperto che oltre ad un bancone con tanto di vetrina e prodotti gastronomici in bella mostra, ha da poco aperto una sala riscaldata a pochi metri di distanza dove, presumibilmente, prima c'era un altro bancone o, anche, magari nulla. Fatto sta che, infreddoliti, varchiamo la soglia entusiasticamente e ci mettiamo al tavolo. 

Si chiama Vettovaglie dal nome originario del mercato e a gestirlo ci sono alcune rappresentanti del gentil sesso labronico e uno chef al maschile che prepara i piatti. Prezzi onesti, arredi spartani, ma più che sufficienti, servizio gentile e veloce il giusto. Sulla lavagna ci sono pietanze e relativi prezzi, optiamo per aringa e ceci come entrée e, dopo, per un piatto, significativo speriamo, di moscardini cacciuccati. Per chi non è di Livorno o non la conosce, il cacciucco è una portata caratteristica che viene presentata con un sugo bello tosto e ricco insieme al quale ci sta bene anche un accompagnamento di vino rosso. E, infatti, prendiamo un calice di Sangiovese.

Ceci da favola e aringa tagliata a pezzetti sono una coppia perfetta. Spruzzati di un bel po' di pepe come piace a noi e annaffiati con olio extravergine di oliva rigorosamente italiano. Ne prenderemmo un altro piatto, ma arrivano i moscardini che sono una delizia e che si differenziano dai cugini polpi per numero di tentacoli e ventose. Una favola, il sapore del condimento è strepitoso e la fetta di pane che si trova sommersa dal sugo è semplicemente immensa nella sua semplicità.

Potremmo raddoppiare e anche triplicare, ma dobbiamo fare rientro all'ovile e dopo il freddo 'patito' in acqua i colpi di sonno sono sempre in agguato figuriamoci e a pancia piena. Quindi scattiamo alcune foto, ci congratuliamo con la proprietà e chiediamo il conto: 20 euro, prezzo assolutamente onesto. Torneremo e consigliamo a chi ha voglia di semplicità e identità gastronomiche reali, alla faccia della nouvelle cuisine, del locali con così tante stelle che sembra di trovarsi per aria e via di questo passo.

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