Mettete una sera di autunno, quasi inverno, con pioggia, la prima dopo un bel po' di tempo, e un vento forte anche se la temperatura non è particolarmente fredda. Metteteci anche il ritorno dell'ora solare e il buio che arriva prima a rendere ancora più cupa l'atmosfera. In fondo alla via, fuoriuscendo dalla via Lodovica, si intravede, dopo il cartello stradale Sesto di Moriano, una luce, un bagliore in fondo alla strada. E' lei, è l'Antica Locanda di Sesto che a queste latitudini esiste sin dal lontanissimo 1368.
Parafrasando un celebre romanzo di Italo Calvino, Una sera d'inverno un viaggiatore, il titolo si adatta benissimo a chi, come noi, si appresta a varcare la soglia di questo meraviglioso locale dove il tempo sembra essersi fermato e par di trovarsi, realmente, in un altro evo. Possiamo solamente provare a immaginare che cosa significhi approdare a queste tavole imbandite per chi proviene da una metropoli assuefatta al rumore e all'anonimato, all'assenza pressoché totale di identità e di calore umano.
Dietro il bancone, al lato della scalinata che conduce al piano superiore dove, da sempre, ha vissuto la famiglia Barattini proprietaria della locanda, c'è Raffaella Tomei, una splendida signora con una splendida acconciatura e la capacità di accogliere il viandante con gentilezza, simpatia, ma, soprattutto, semplicità: non sarebbe nemmeno giusto o realistico chiamare questo posto ristorante, anzi, sarebbe riduttivo e solo la parola locanda, preceduta, giustamente, dall'aggettivo-sostantivo antica, si adatta alla perfezione.
Tra i commensali seduti al tavolo, c'è anche un caro e vecchio amico, Luca Braccini, il nostro mentore delle due ruote a motore e, di fronte, un imprenditore lucchese, Serafino Pelosi, un imprenditore che, nel pisano, coltiva e confeziona carote da oltre cinquant'anni per la piccola, media e grande distribuzione.
L'ultima volta che abbiamo messo piede in questa sala circondata da quadri in tema e pentole di rame oltre a luci delicate e per niente invadenti, non eravamo al top per cui, di fronte ad un piatto di spaghettoni “Senatore Cappelli” Felicetti al guanciale e pecoringrana, facemmo fatica ed accantonammo il guanciale, un delitto, realmente, di lesa maestà e in questo caso l'affronto lo facemmo alla cucina dell'Antica Locanda e, in particolare, allo chef Aurelio Barattini, persona squisita, riservata, che non ama stare sotto la luce dei riflettori, in particolare quando la luce rischia di accecare la sostanza delle cose.
Ecco, in questa prima serata e imminente notte di (quasi) inverno siamo voluti giungere a questo eremo enogastronomico per tuffarci, ancora una volta e senza risparmio, in questo meraviglioso e travolgente piatto la cui preparazione e condimento, all'interno di una forma di grana, ricordano tanto il rito che viene proposto in un altro locale di grande tradizione, da Alfredo alla Scrofa nel cuore di Roma.
Una porzione maggiorata è quella che ci arriva e che avevamo chiesto a donna Raffaella. E il tuffo nel piatto non ha incontrato alcun coefficiente di difficoltà... Il tutto bagnati non dall'acqua di una inesistente piscina, ma dal vino della Maolina prodotto dalle viti curate dalla famiglia Barattini, un nettare che avvolge e che amalgama il bolo già sulla via della deglutizione e lascia in bocca un retrogusto di soddisfazione fisica.
Atmosfere di altri tempi, voci che vengono attutite dall'ambiente anche quando aumentano il tono, il personale che lavora con piacere e professionalità, che gode se così si può dire nel far star bene il cliente. Roba, veramente, di altri evi.
L'Antica Locanda di Sesto è una tappa irrinunciabile sul percorso di apprendimento delle cose belle (e buone) della vita.
Semplicità, direbbe Aurelio Barattini, è l'ultima sofisticazione.