Da tempo scambio opinioni con Mario Pardini: mai sopra le righe, a volte persino stoico nel subire gli sgarbi del cdx, paziente nel digerire le intemerate di un pezzo della sinistra (tuttavia non di Raspini, anche lui uomo pacato e pieno di dignità), efficiente e attivo come la maggior parte di chi conosce la fatica di gestire imprese o organismi complessi, ben poco legato alle ideologie, disponibile al confronto e persino inclusivo.
È un peana al vincitore? Non nel mio caso che nulla ho in gioco se non le convinzioni maturate nel corso di una lunga vita.
È invece la speranza che la Lucca “bella addormentata” possa aver trovato il principe azzurro che la risvegli.
Fare il sindaco è diventata una specie di vocazione, un richiamo al “sacerdozio” non tanto politico quanto civile: il sindaco non è l’icona televisiva o giornalistica, è carne e ossa con cui poter parlare, misurarsi, consigliarsi, discutere e litigare.
È l’ultimo presidio politico in cui i cittadini sembrano avere ancora fiducia, per quanto modesta: nel concreto Pardini ha acquisito il consenso di circa il 25% non dei cittadini di Lucca ma degli aventi diritto al voto. Tuttavia va peggio agli altri rappresentanti politici.
A sua volta il sindaco deve misurarsi con le maggioranze consigliari, con l’organizzazione burocratica interna al Comune, con le reali disponibilità economiche, con le normative così spesso irragionevoli che pervengono da mille cecchini appostati nella lunga e invasiva filiera burocratica che avvolge il nostro Paese.
In Toscana abbiamo il ben noto PIT di provenienza Enrico Rossi, che è una gabbia più ideologica che logica. Il PIT toscano si aggiunge a tutti gli altri presidi che lo Stato e la Regione, a cascata, hanno posto a guardia di un progetto orientato a un centralismo burocratico brutale più che a una libera competitività di chi ha voglia di fare.
Nel caso delle maggioranze consigliari Pardini sembra possedere la capacità di mediazione che è la principale dote di chiunque si occupi di soggetti complessi, anche amministrativi.
I partiti non escono bene dalla competizione lucchese, tanto a destra quanto a sinistra.
A destra i partiti, anche quelli che oggi salgono sul carro e intonano peana, hanno messo - loro sì – a rischio questa vittoria per mesi e mesi. La corsa di Pardini è stata autorizzata 40 giorni prima della scadenza elettorale, la vittoria è sua, non dei recalcitranti partiti!
A sinistra il PD e gli alleati l’hanno messa in ideologia.
Aveva un bello sforzarsi Raspini a visitare rioni e frazioni, a interloquire con i cittadini, a rappresentarsi come amministratore, il controcanto del suo partito e dei suoi sostenitori era acremente ideologico: il pericolo era Barsanti, il piccolo Fhurer di Lucca che mette in pericolo l’essenza stessa della democrazia cittadina. Andiamo ragazzi, di per sé è una cosa comica.
Detto poi da chi ha sulla sua coscienza storica la svendita a Tito (ordine di Stalin eseguito da Togliatti) del Friuli e di parte del Veneto e quindi la correità nelle foibe e nell’eccidio della Brigata Osoppo, le atrocità dell’esercito titino, il silenzio sulle tragiche vicende dei profughi dalmato/istriani, perseguitati dai comunisti jugoslavi e detestati come “fascisti” da quelli italiani, e i triangoli della morte!
Più difficile interpretare e coinvolgere il partito degli astenuti, che non hanno votato ma che hanno pretese e diritti uguali a chi ha votato. Siccome non si capisce bene quello che vuole chi non ha votato è altrettanto difficile coglierne le esigenze.
L’entità molto risicata della vittoria di Pardini indica che Lucca è divisa per davvero. Al netto degli estremi, i lucchesi sono schierati per quasi la metà da una parte o dall’altra.
Mettere insieme le due parti per ottenere il consenso nelle decisioni di maggiore impatto sarà una impresa: forse Pardini riuscirà a diminuire il dissenso ideologico secondo cui l’avversario politico sbaglia sempre, facendo prevalere l’efficacia delle decisioni. Le apprezzabili dichiarazioni, post sconfitta, di Raspini contengono un messaggio di disponibilità.
Ci sono le attese dei soggetti economici oltreché “sociali” e culturali che nobilitano la città da studiare e soddisfare.
Il profilo poco partitico, molto tecnico, molto concertativo di Pardini può fornire alla città una competitività obiettiva. Il dover rispondere ai cittadini e non a un partito è un vantaggio.
C’è poi il problema della Giunta, che è come il Consiglio di Amministrazione del Comune: anche qui più che meriti di partito valgono competenze e dedizione all’incarico.
È facile pensare che Pardini stia in queste ore affrontando la “battaglia” della Giunta lucchese: primo banco di prova della solidità della sua composita maggioranza.
Insomma Pardini è già carico come un mulo di cose da fare più che da proclami da enunciare.
Infine i risultati complessivi dei ballottaggi confermano che il centrosinistra si afferma e conquista posizioni là dove il centro destra continua a farsi male da solo. A Lucca il centro destra ha provato a farsi male, non ci è riuscito: Lucca è in controtendenza, affida a Pardini e alla sua giunta il compito di ben governare.