Albaclara Fontana buonasera. Hai appena partecipato al concorso ippico a Lido di Camaiore. Quando e come è nata la tua passione per i cavalli?
Credo che la passione per i cavalli sia nata grazie a mia mamma. Anche lei da ragazza ne era affascinata: ogni tanto montava per fare delle passeggiate, e penso che quell’amore me l’abbia trasmesso. I miei genitori mi avevano regalato un pony, si chiamava Lucy. È con lei che ho iniziato davvero ad avvicinarmi a questo mondo. Veniva una ragazza a casa a farmi lezione nel giardino, ero piccolissima, ma già allora mi sentivo completamente a mio agio. Poi, a 5 anni e mezzo, i miei genitori mi hanno portata nella prima scuderia a Montecarlo. Di solito si inizia a 6 anni per motivi assicurativi, ma mi hanno fatto iniziare un po’ prima. Ho montato subito cavalli, e da lì… non ho più smesso.
Ricorda quando hai preso parte alla tua prima gara di equitazione e come si chiamava il cavallo che montavi?
Sì, assolutamente. La mia prima gara di salto ostacoli risale ormai a 15 anni fa. Mi ricordo benissimo che saltavo 60 cm, ma a me sembrava di affrontare dei grattacieli! Il cavallo con cui ho fatto quella gara si chiamava Farah, ed è ancora con me oggi: ha 23 anni e vive nel mio giardino a Gragnano. È stata una compagna speciale e resterà con me per sempre.
Che cosa provi quando sei in sella ad un cavallo?
Quando sono in sella a un cavallo provo una sensazione difficile da spiegare a parole. È come se tutto si fermasse: pensieri, preoccupazioni, rumore. Mi sento libera, leggera, completamente connessa al cavallo e al momento presente. Ogni battito, ogni respiro, ogni movimento lo viviamo insieme. È un equilibrio tra fiducia, rispetto e complicità. In quei momenti non esiste nient’altro.
Che tipo di rapporto si instaura tra il cavaliere e il suo cavallo durante e dopo queste manifestazioni?
Per me, il legame con il mio cavallo si rafforza ogni volta, perché è proprio in quei momenti che lui mi dimostra fino a che punto è disposto ad arrivare per me. Durante una gara si crea una connessione profonda: è fiducia pura, è ascolto reciproco, è affrontare insieme lo stesso obiettivo. Non sempre le cose vanno come sperato: a volte le prestazioni non sono all’altezza delle aspettative, e può esserci anche un po’ di delusione. Ma io, in quei momenti, sento ancora più forte il bisogno di avvicinarmi al mio compagno. È come se ci dicessimo “abbiamo qualcosa da migliorare, insieme”. E quando invece tutto va oltre ogni aspettativa, mi sento pienamente grata a lui: è un’emozione indescrivibile, un vero lavoro di squadra.
Sicuramente avrai avuto dei cavalli tuoi con cui hai gareggiato. Riesci a ricordarteli e a descriverne qualità e differenze?
Da quando l’equitazione è diventata anche il mio lavoro, ho avuto tanti cavalli di proprietà. Alcuni non li ho nemmeno montati io, ma quelli con cui ho condiviso il campo, il sudore e le emozioni… li ricordo tutti. Non ce ne sono di “più importanti” degli altri, ognuno ha lasciato un segno diverso. Ma ci sono cavalli con cui ho condiviso più tempo, più gare, più sfide e quindi anche più soddisfazioni. Goldeneye è stata una cavalla eccezionale. Aveva un rispetto incredibile, una qualità rara e preziosa. Grazie a lei ho preso il primo grado in pochissimo tempo. Era una di quelle cavalle che avrei voluto tenere sempre con me. Purtroppo le cose sono andate diversamente, ma oggi sta benissimo: la monta una ragazzina che la fa felice, e la vedo tutti i giorni nella scuderia di Montecatini, dove lavoro anche io. Gasha è la cavalla che mi ha fatto affacciare al mondo dei “grandi”. Con lei ho ottenuto il secondo grado, il massimo. Era una cavalla particolare, con le sue paure: temeva gli altri cavalli e i rumori. Ma bastava ascoltarla, capirla, e in campo gara si trasformava. Lì dentro c’eravamo solo io e lei. Riuscivamo sempre ad arrivare in fondo, con il cuore. È la cavalla con cui ho creato il binomio più profondo, e con cui ho superato le aspettative di chiunque ci guardasse da fuori. Chilli è stato il cavallo più bello e buono che io abbia mai avuto. Un pezzato meraviglioso. Con lui è stata una grande sfida: mi ha messa in difficoltà tante volte, ma proprio per questo mi spronava a migliorare. Le aspettative erano alte, forse troppo. E a un certo punto ho capito che non ero la persona giusta per lui. Succede anche questo, ed è giusto riconoscerlo. Poi c’è stato Blue, un cavallo dal carattere fortissimo. Da terra era difficile, a volte persino pericoloso. Ma in sella si trasformava: quella forza, quel temperamento che lo rendevano così complesso da gestire, erano esattamente ciò che lo rendevano speciale. Io adoravo quel suo essere così, unico. Silva è stata la mia prima cavalla giovane. Non avevo mai affrontato un percorso del genere prima. Far crescere un cavallo significa tanta pazienza, accettare che un giorno fai progressi e il giorno dopo ne fai dieci indietro. Ma lei meritava tutto. Ha una macchia bianca a forma di cuore sulla pancia, e questo dice già tanto. Oggi è ancora mia, ma abbiamo deciso di affidarla a una delle migliori amazzoni d’Italia, perché lei merita di arrivare in alto, più di quanto io potessi offrirle in questo momento. Infine, Zeta. È la cavalla con cui ho partecipato al concorso in Versilia, e siamo insieme da poco, solo da qualche mese. È esperta, ha un carattere forte, deciso. Mi ci rivedo molto in lei: ci assomigliamo. E proprio per questo sento che resterà con me per molto tempo.
L'equitazione è considerato uno sport a tutti gli effetti, ma a volte, ironizzandoci su, viene da aggiungere che lo sport e la fatica, in realtà, la fanno i quadrupedi. Sei d'accordo su questo?
No, non sono d’accordo. Il cavallo è sicuramente un atleta, ma anche il cavaliere lo è. Servono forza, equilibrio, tecnica e tanta concentrazione. È un vero lavoro di squadra, in cui entrambi danno il massimo e la fatica si divide in due. Anzi, invito chiunque abbia dubbi a provare una lezione a cavallo di un’oretta… poi mi farete sapere il giorno dopo se riuscite a camminare!
Hai iniziato molto piccola, si può dire che questo sport non ha età?
Assolutamente sì, questo sport non ha età. Iniziare da piccoli è sicuramente un vantaggio, ma la cosa più bella è che puoi continuare finché vuoi. L’equitazione si basa tantissimo sull’esperienza: più pratichi, più cresci, tecnicamente e mentalmente. Non a caso, tanti grandi campioni oggi hanno 50, 60 e persino 70 anni. È uno sport che ti accompagna per tutta la vita, se lo vuoi davvero. Basti pensare a John Whitaker, leggenda del salto ostacoli, che a 69 anni è ancora in attività ai massimi livelli.
Abbiamo visto una tua foto mentre saltavi un ostacolo con, sullo sfondo, la Tour Eiffel. Rammenti di che concorso si trattava?
Il concorso sotto la tour Eiffel è stato uno dei concorsi più emozionanti di sempre, una location mozzafiato. Si trattava del Longines Global Champions Tour of Paris.
Ci sono altri sport che pratichi con continuità?
No, nessun altro sport.
C'è chi sostiene che l'equitazione faccia bene sia al corpo sia alla mente. Concordi?
Assolutamente sì, concordo in pieno. L’equitazione è uno sport completo: migliora l’equilibrio, la postura, la coordinazione e tonifica tutto il corpo, anche se da fuori sembra solo “stare seduti”. Ma il vero valore aggiunto è quello mentale ed emotivo: ti insegna pazienza, gestione delle emozioni, fiducia, rispetto. E infatti non è un caso se esiste l’ippoterapia. Per tanti bambini (e non solo) con difficoltà fisiche, cognitive o relazionali, montare a cavallo fa parte di un percorso terapeutico vero e proprio.
Il cavallo percepisce, non giudica, comunica in modo diverso. E attraverso lui, le persone riescono ad aprirsi, a migliorare, a ritrovare equilibrio. Insomma, fa bene al corpo… ma alla mente forse ancora di più.
Il tuo sogno nel cassetto da giovane amazzone.
Partecipare al Longines Global Champions Tour di Miami.