Tatuaggio? Sì grazie.
Inaugurato quest’oggi al Polo Fiera il decimo Lucca Tattoo Festival. Tre giorni intensi con oltre 200 tatuatori presenti provenienti da ogni città d'Italia. A tagliare il nastro l’assessore comunale alla cultura Mia Pisano, l'assessore alle attività produttive Paola Granucci e l’assessore al turismo Remo Santini, insieme a Davide Carpeggiani e Francesco Cerasomma che hanno curato la manifestazione. Con loro Nicola Lucchesi il presidente di Lucca Crea e il vicepresidente della Camera di Commercio Rodolfo Pasquini.
Non solo tatuatori, ma anche spettacoli e un’apposita area Street Food curata da Truck Food Vizi & Virtù, con birrerie artigianali e specialità locali.
Molti i banchetti con abiti, oggettistica e gioielleria. Una predilezione per l’artigianato che rende l’offerta particolarmente interessante e originale.
“Non è la prima volta che vengo con le mie creazioni”- racconta Giovanni ( Rasna Jewel)- “ questa situazione si confà perfettamente a quello che realizzo. Alcune volte capita che alcuni oggetti in altri ambienti, non vengano capiti, che alcuni orecchini ad esempio, che servono per allargare vengano scambiati per anelli. Qua no.”
Un’atmosfera piacevole, calma. Tantissimi gli stili, dai tatuaggi più realistici all’astrattismo, passando attraverso il disegno manga.
Nonostante che il festival sia iniziato da poche ore, molti i lettini occupati e gli artisti all’opera.
Alcuni si conosco altri semplicemente si scelgono. Quattro sono le parole intrinsecamente legate a questa pratica, dove la pelle diventa tela : ronzio, dolore, inchiostro, pelle. Questi gli ingredienti principali di una pratica che affonda le sue radici molto lontano e che trova la prima definizione semantica nella metà del settecento, quando il capitano inglese James Cook scrisse tra i suoi appunti il termine “Tattow” che stava ad indicare il termine polinesiano “Tau Tau”, una parola onomatopeica per indicare il rumore prodotto dal picchiettare del legno sull’ago per creare il disegno.
Questa pratica è ancora in uso.
Perché il tatuaggio nasconde e racchiude un rito interiore di chi diventa opera d’arte con il connubio della fantasia e della creatività del pittore.
Ognuno di questi 200 artisti, che nei prossimi giorni si sfideranno anche con vari contest, ha un suo percorso artistico e una sua personale ricerca. Tra tutti la gazzetta ne ha scelto uno per farsi raccontare l’esperienza del festival e per conoscere meglio questo mondo e quest’arte.
La scelta è andata su una ragazza, con uno stile molto particolare, sicuramente diverso da tutti e 200 i disegnatori presenti. Ilaria, in arte Ilaria Jey insieme con la sua assistente personale Giulia, è la prima volta che si presenta con un banchetto tutto suo e non in collaborazione con lo studio presso cui tatua. Di origini lucchesi è stata adottata da Bologna.
Che differenza c’è tra farsi tatuare qua o farsi tatuare allo studio?
In studio l’ambiente è più calmo, forse per alcuni versi anche più professionale. In convention è più bello perché c’è più possibilità che vedano direttamente i tuoi disegni e che si tatuino direttamente quelli, mentre in studio è più facile che arrivino tante richieste in più. Commissioni, cose personalizzate.
Come è nata questa passione?
Al liceo, una mia amica si fece fare un tatuaggio terribile sul polso e da lì ho iniziato a interessarmi al mondo del tatuaggio.
Cosa diresti alle persone che solitamente chiedono il senso di disegnare sulla pelle e non sulla carta?
Che personalmente io lo faccio da entrambe le cose. Io nasco come disegnatrice. Mi sono affacciata con il tatuaggio all’illustrazione, creando questo stile un po’ più bambinesco e semplificato. Ho iniziato facendo realistico. Lentamente l’ho abbandonato per arrivare all’essenzialità. La semplicità nella sua accezione più positiva.
Come descriveresti il tuo stile?
Con l’arte tu scopri sempre te stesso e a volte vengono fuori cose che tu stesso ancora non conosci di te. Piano piano disegnando mi sono resa conto che tendevo a semplificare e a fare soggetti sempre felici. Ho cercato di dare un’accezione positiva anche a parole che vengono definite negative. Io mi ispiro a tutta la sfera emotiva in generale e da lì cerco di tirare fuori alcune cose.
Cosa vuol dire tatuare un tuo concetto e una tua opera su una persona?
Quando disegno non spero che le persone sentano quello che ho sentito io mentre disegnavo, ma penso di regalare un’emozione alle persone che guardano le cose che faccio. Spesso succede che quando scelgono un mio disegno, poi mi raccontano la loro storia e il perché l’hanno scelto. Io non lo chiedo mai perché quello è uno spazio molto personale e intimo. Spesso mi raccontano che hanno visto cose che io non ho visto disegnandole. La bellezza della prospettiva.
Ti è mai capitato di rifiutarti?
Sì. Quando le persone mi chiedono di ridisegnare un disegno di un altro tatuatore. Io in quel caso gli dico che se gli piace il concetto, io lo posso ridisegnare secondo il mio stile, però uguale non lo farò mai. A volte ho dovuto dire di no, perché lo volevano proprio uguale e io non sono la persona giusta. Una volta invece mi sono rifiutata perché mi hanno chiesto di disegnare una cosa su una parte intima maschile e ho detto di no, non tanto per imbarazzo, quanto perché non sapevo proprio come approcciarmi a livello professionale.
Questa è una delle tante esperienze e delle tante storie che si incontrano al Lucca Tattoo Festival e lei fa parte dei 200 artisti che per tre giorni coloreranno con la loro creatività la pelle delle persone.
Stili diversi e storie diverse, difficile guardare quei disegni, ascoltare gli artisti parlare dei loro percorsi e non uscire con un’opera loro disegnata sulla pelle. Provare per credere.