Ecco Giorgio Panariello che arriva in camicia bianca e un sorriso contagioso. O anche il calciatore Daniele Rugani con la splendida signora. Tutti in visita all'Oste di Lucca, il ristorante di corte Compagni in via Fillungo aperto da Maurizio Del Magro, il ristoratore lucchese morto prematuramente all'età di 56 anni tre anni fa durante una vacanza con la moglie a Santo Domingo colpito da un infarto.
L'Oste di Lucca in via Cenami dell'amico Antonio Di Cecio ha un gemello che, in realtà, è una sorta di fratello maggiore avendo visto la luce un bel po' di tempo prima. Si trova in via Fillungo, proprio di fronte all'albergo storico della Luna e alla libreria Ubik dell'amica Gina Truglio. E', in realtà, ormai un pezzo di arredo perché da decenni accompagna nel loro vai e vieni migliaia di visitatori che percorrono, quotidianamente, la strada più famosa della città.
Al volante di questa Ferrari della ristorazione capace, da sempre, di macinare coperti su coperti e trasmettere una bella sensazione di intimità ai turisti che si siedono ai suoi tavoli, ci sono due fratelli, Chiara e Matteo Del Magro oltre alla madre, Luana Travaglia, quest'ultima dotata di una comunicabilità non comune mentre i figli sono, a tutti gli effetti, veri e propri combattenti in prima linea. Sì, perché questo locale storico, ormai, ha sempre avuto il privilegio e la fortuna, meritati evidentemente, di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, ossia all'ora di cena, in particolare, ma anche a pranzo, nel cuore di una città che sembra fatta apposta per accarezzare desideri e passioni di chi vi si avventura.
Inutile cercare, qui, un menu diverso da quello che siamo abituati ad avere in via Cenami. Stessa spiaggia, stesso mare, quindi gettiamoci a vedere che cosa differenzia, ammesso che esista, queste due realtà. Buono il servizio, il personale è presente e disponibile, Matteo gira in lungo e in largo, Chiara si getta nella mischia. Al momento tutti i tavoli sono all'aperto dove si sta bene, si respira un bel clima e anche l'atmosfera regala un po' di quiete e di serenità.
Questo ristorante è inserito in una delle più famose e belle corti di Lucca, corte Compagni, un punto d'incontro e di ricordo ineluttabile per i lucchesi e non soltanto. Ci arriviamo all'imbrunire, giusto in tempo per accomodarci ad un tavolo isolato così da permettere, all'amico Cip fotografo della Gazzetta, di alzarsi in tutta tranquillità e scattare le immagini che vuole.
Noi, che come al solito siamo, si fa per dire, a dieta più o meno ferrea, ci dilettiamo con una mega insalata di mare caldo mentre il solito Cip vuole cimentarsi con qualcosa di speciale, nel caso, un piatto di gnocchi al gorgonzola in un cestino di grana. Come secondo, al solito non abbiamo dubbi e non dovrebbe averne anche lìipotetico avventore che leggerà queste righe. All'Oste di Lucca esistono molte convinzioni, ma, a nostro avviso, una fondamentale e solida certezza: la bistecca e la carne che si mangiano qui non sono facili da trovare altrove. Così, senza nemmeno stare a pensarci su più di tanto, optiamo, non per la classica Fiorentina cotta su pietra ollare, ma un filetto che quando arriva ci colpisce in faccia come uno schiaffo: azz... tanta roba davvero.
No, perché c'è filetto e filetto e questo che arriva per attraversare le nostre mascelle è alto un bel po', tenero come dovrebbe essere immancabilmente ogni filetto e cotto al punto giusto. La ciccia, a queste latitudini, arriva da un allevamento di Colle Val d'Elsa, provincia di Siena.
Prendiamo i contorni e ci accingiamo a dare inizio alla nostra ennesima serata culinaria. Se, poi, a qualcuno venisse in mente di domandarsi come facciamo a stare sempre fuori a cena, beh, questione di passione congenita e consuetudine ereditaria. Nostro padre, quando era ancora in via, faceva il rappresentante per professione cosa che lo portava a stare spesso fuori sia a pranzo sia a cena. Noi, dopo il conflitto adolescenziale di ogni giovane, ci siamo resi conto che aveva ragione. Soprattutto l'estate, cenare fuori rappresenta un modo per uscire di casa, parlare di più, mangiare, probabilmente, di meno e, il giorno seguente, essere più allegri.
Ci piace la signora Luana che viene a trovarci e si mette seduta a raccontarci di sé, della sua vita e della storia di questo locale e dell'altro. Tutta la famiglia vive ai piani superiori proprio qui, in corte Compagni. Ogni ristoratore, lo abbiamo compreso da tempo, dovrebbe avere, verso i propri simili, una solidarietà a prova di bomba perché non ce n'è uno, in genere, che non si faccia un mazzo così per riuscire a portare in fondo, per sé e per i propri dipendenti, quello che ha iniziato quando ha scelto di intraprendere questa attività.
L'Italia, potrà anche essere un luogo comune, ma è la verità, si è fatta a tavola e, senza la tavola, non sarebbe più la stessa.
Cip salta da un tavolo all'altro e lascia stupidamente il filetto senza custodia. Ovviamente, ne approfittiamo anche se carne e pesce insieme potrebbero apparire, ma non è così, un insolito azzardo. Tuttavia e nonostante in molti si ostinino a sostenere che mangiare durante lo stesso pasto carme e pesce fa male, noi riteniamo, armati di solo buonsenso, che non esistono alimenti o combinazioni che fanno male a priori. Importante è non esagerare ed è questo, purtroppo per noi, il problema più grosso. Non a caso il collega Paolo pacino che ci ha sopportato per 20 anni alla redazione lucchese del quotidiano La Nazione, ci aveva definito, parafrasando il titolo di un nostri libro, l'autoritratto di una esagerazione.
Concludiamo chiedendo un bicchierino del solito amaro del Capo, ma non quello classico, ma quello che si trova, salvo eccezione da dimostrare, proprio all'Oste di Lucca: l'amaro del Capo al peperoncino. Provatelo, è divino. E stura, se si eccede, nemmeno si trattasse del miglior idraulico liquido.
Foto Ciprian Gheorghita