Anno XI 
Venerdì 16 Maggio 2025
- GIORNALE NON VACCINATO

Scritto da Carmelo Burgio
Politica
08 Giugno 2024

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Da appassionato studioso di storia ho avuto modo di effettuare una serie di approfondimenti sulle vicende di alcuni reparti italiani. Uno degli elementi di maggiore interesse per eseguire corrette valutazioni è costituito dalle decorazioni al valor militare, la cui concessione non segue parametri uniformi nel tempo, e risponde a normativa più volte adeguata.

Furono concesse con criteri piuttosto restrittivi nel corso delle guerre d’indipendenza e avevano anche l’intento d’erogare sussidio economico a chi s’era distinto. Del resto in Africa, a Dogali, ebbero l’Argento al Valor Militare tutti i famosi 500 ricordati nella piazza romana di fronte alla stazione Termini, ma da nessuno di coloro che vi passeggia, che sicuramente si chiede “che vor dì Piazza dei 500?” Poco dopo non avvenne la stessa cosa coi Caduti di Adua, forse perché nessuno si aspettava che dopo il primo massacro ve ne sarebbe stato un altro, o forse perché, date le proporzioni del macello, si rischiava di mandare fallite le casse del giovine Regno.

Nella Grande Guerra si registrò una certa parsimonia nelle concessioni, ma col fascismo si ebbe una vera inflazione, fra conquista dell’Impero e, financo, Guerra Civile Spagnola, cui teoricamente avrebbero partecipato solo volontari congedatisi o in aspettativa dal Regio Esercito: arduo comprendere come potessero essere decorati al Valor Militare.

La 2^ Guerra Mondiale vide una certa larghezza di manica e si può dire che gesto che faceva meritare un bronzo nella 1^, nella 2^ dava l’argento. La nuova inflazione ebbe a registrarsi con la Guerra di Liberazione, sia essa stata condotta da partigiani, sia da unità regolari. Quasi ogni caduto e ferito venne decorato.

Fin qui poco male, direte. L’importante è che si sia garantita l’uniformità nel periodo.

Purtroppo a questa sostanziale equità non ha corrisposto analoga ripartizione dei meriti della storia.

In Italia, ancora, la vulgata vuole che dopo l’8 settembre 1943 e la fuga di Badoglio e del re:

  • le Forze Armate Regie siano evaporate per l’improvvisa ondata di caldo registrata in quel tardo scorcio d’estate;

  • gli alleati fossero impegnati a ballare il boogie-woogie a Napoli, trastullandosi con donnine di malaffare e fanciulli;

  • sia fortunatamente sbarcata, proveniente da Marte, un’armata di extra-terrestri partigiani per liberare l’Italia.

Per decenni, in questo modo, è stato gettato l’oblio su caduti e decorati delle Forze Armate Regolari, non funzionali al consolidamento del mantra suelencato.

Con l’oblio ha mosso, coerente, l’attribuzione di “partigiano” a chi tale non fu, limitandosi poveraccio, ad essere solo un militare regolare caduto con le stellette sul colletto, in costanza di regolare rapporto di lavoro con le Regie Forze Armate. Facendo saltare numeri e percentuali, a favore di una sola direzione.

Anche questo produce oggi divisione, in quanto misconoscendo la realtà, si fa presto a abbracciare posizioni estreme, anti-militariste di maniera.

Già il semplice computo dei caduti:

  • delle unità che si opposero ai tedeschi nell’immediato post-8 settembre (Italia, Balcani, Grecia, isole dell’Egeo), oltre 18.000 in Italia e oltre 54.000 all’estero;

  • fra gli internati nei lager tedeschi (oltre 60.000 morti) a seguito della sciagurata gestione dell’armistizio;

  • fra militari effettivi che, trovandosi a grande distanza dall’Esercito del Sud e dagli alleati, per combattere i nazi-fascisti costituirono in proprio unità partigiane o dovettero unirsi ad esse, assumendo spesso posizioni di rilievo e fornendo indispensabile contributo di conoscenze tecnico-tattiche;

  • di 1° Raggruppamento Motorizzato, Corpo Italiano di Liberazione e Gruppi di Combattimento;

  • fra partigiani arruolatisi volontari nel C.I.L. e nei Gr. Cbt., dopo che il loro territorio era stato liberato,

ci fornisce un dato superiore a quello dei patrioti partigiani caduti in combattimento, considerato che furono almeno 12.000 i caduti militari nei reparti regolari e nelle bande partigiane.

Il divario aumenterebbe espungendo dal novero delle perdite fra partigiani, ai quali, beninteso, va tutto il mio commosso rispetto:

  • militari e civili uccisi nei primissimi giorni di combattimento contro i tedeschi, o per rappresaglia, se non inseriti in formazioni partigiane;

  • militari effettivi al Servizio Informazioni Militare, infiltrati dietro le linee nemiche per fornire sostegno tecnico-tattico alle bande partigiane, catturati e giustiziati;

Potrebbe allora oggettivamente valutarsi il contributo che dettero le Forze Armate ancora Regie, e avvedersi che forse in quello scorcio d’estate non fece poi tanto caldo da consentire loro di passare dallo stato solido al gassoso.

Su tutto ciò è stato steso un velo, non pietoso, ma semplicemente mendace.

Mi son già espresso su cosa pensi io del fascismo, e ribadisco che fu un male per oltre 20 anni, che ha protratto i suoi effetti fino ai giorni nostri, in Italia giustificando divisione, all’estero alimentando discredito.

Ma bene non ha fatto neppure la mistificazione della realtà.

Non è argomento da 25 aprile, mi si creda. Proprio in questa Italia che si approssima alle elezioni con le parti intente a giocare allo sfascio col solito “fascio o raddoppi?”, credo che uno studio oggettivo farebbe bene per darsi una rasserenata. Potrebbe servire comprendere il sacrificio che fu italiano nel suo complesso, non di una parte, men che mai di una specifica componente di una parte.

Anche perché molti di quei caduti non saprebbero neppure dire se si sentissero in quel momento uomini della montagna, o sbandati che continuavano a compiere il proprio dovere, per l’amore – già, l’amore – d’Italia. Senza chiedere lo sconto.

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