Giovanni Martini, 49 anni, due figli, titolare di uno dei locali più conosciuti e frequentati nel centro storico, presidente della commissione Città di Lucca e membro della giunta provinciale di Confcommercio.
Martini, lei è titolare di un pubblico esercizio e, se si va avanti di questo passo, riaprirà, probabilmente, dopo il 15 maggio. Come mai non è per niente incazzato?
Voglio fare una premessa. Noi, i commercianti di Lucca, non solo del centro storico, ma anche quelli fuori, siamo stati, per senso civico e responsabilità, i primi a chiudere le proprie attività anche prima che venisse applicata la quarantena e, quindi, ai primi di marzo eravamo già con le saracinesche abbassate. Perché dico questo? Perché non vorrei si pensasse che siamo persone senza scrupoli, che pensiamo solo al cassetto e a lavorare per incassare.
Ci perdoni, ma che cosa c'è di male nel lavorare e incassare?
Non c'è niente di male, però, di fronte all'inizio dell'epidemia, a noi sembrò una cosa giusta chiudere e tapparsi in casa anche perché ci avevano detto che questa cosa sarebbe passata in due settimane. Anticipando i tempi e, ripeto con grande senso civico, ci siamo detti che prima si chiude e prima si riapre. Così, abbiamo pensato, con qualche giorno di anticipo evitiamo che i nostri dipendenti, i nostri clienti e le nostre famiglie possano, magari, essere contagiati. Tornando alla prima domanda, le dirò che adesso sono molto incazzato perché a distanza di 40 giorni e dopo i sacrifici che abbiamo fatto e stiamo facendo, non si vede una luce.
Cosa vuol dire non si vede una luce?
Non si vede una luce perché i provvedimenti adottati fino ad oggi sono scandalosi e inadeguati alla situazione attuale. Sono 40 giorni che siamo chiusi, ad oggi l'elemosina di 600 euro a qualcuno è arrivata e a qualcuno ancora no e secondo i benpensanti e i geni di questo Governo, con questi soldi noi dovremmo pagare l'affitto, l'energia elettrica, il gas e l'acqua. Inoltre ci sono gli assegni che arrivano da parte dei fornitori che sono messi come noi. Poi ci sono le scadenze da pagare messe in programma con la speranza che a Pasqua uno avrebbe potuto saldarle. Invece, abbiamo visto come è andata a finire. Ci vogliamo mettere anche qualcosa da mangiare e anche le bollette doppie visto che abbiamo anche una casa dove viviamo? E chi ha il mutuo da pagare come fa? Secondo lei con 600 euro cosa ci facciamo?
Martini, ma la gente pensa e crede che voi commercianti vi siete sicuramente messi da parte un bel gruzzoletto visto che, secondo vox populi, guadagnate parecchio in genere.
Sicuramente questa roba qui appartiene alla generazione che non c'è più da molto tempo. La realtà di oggi è ben diversa e quelli che hanno un minimo di intelligenza dovrebbero saperlo. Sono almeno 15 anni che le cose vanno ben diversamente e in peggio. La realtà di oggi è che noi commercianti lottiamo contro tutto e tutti per cercare di mantenere aperta l'azienda mese dopo mese. Anche prima della pandemia le cose non andavano bene. I nostri comunicati stampa pubblicati dai giornali lo hanno detto più volte. Chi sostiene che abbiamo da parte chissà quale tesoretto o non ci conosce oppure dice cazzate.
A proposito di cazzate... lei è conosciuto per essere una persona schietta e senza peli sulla lingua, che più volte si è messa di traverso alle decisioni assunte dall'amministrazione comunale in materia di commercio. Non pensa che la giunta Tambellini, in materia di aiuti ai commercianti in questo difficile momento, abbia fatto poco o nulla?
Non è che lo penso, è la verità. Al momento non è stato fatto nulla anche se devo dire che alle nostre richieste che arrivano continuamente all'amministrazione comunale, ci è stato risposto che stanno preparando una fase 2 in base a quello che il Governo darà ai comuni e che questi potranno utilizzare per aiutare il commercio. Così mi risulta, ma di concreto, al momento, c'è solo quello che è uscito settimane fa e non è assolutamente sufficiente, anzi, è meno di zero.
Il direttore di Confcommercio ha chiesto la cancellazione dei tributi per il 2020, una richiesta plausibile e manifestamente logica: se non si lavora, come si fa a pagare le tasse e le imposte? Però, sono sempre le solite parole a fronte delle quali non arrivano mai risposte concrete da parte della giunta. Non crede che sarebbe l'ora di passare ai fatti? Insomma Martini, ci vogliamo dare una mossa?
Dottor Grandi le vorrei ricordare che siamo costretti a restare in casa e che qualunque movimento che non sia tra quelli autorizzati ci porterebbe conseguenze pesanti. Detto questo, aggiungo che questo non mi preoccupa nemmeno più di tanto nel senso che c'è in ballo la nostra vita, ci sono le nostre famiglie che hanno bisogno di sopravvivere e, quindi, non mi spaventano le conseguenze di una eventuale protesta accesa. La realtà, però, è che non siamo stati fermi. Abbiamo avuto modo di consultarci con i vertici federali di Confcommercio e abbiamo buttato giù delle richieste che ci auguriamo vengano prese in considerazione. Qualora dovessero, però, abbandonarci e lasciarci morire così, il passo successivo sarebbe quello della protesta e posso garantire che abbiamo preso in esame già alcune ipotesi che, indubbiamente, sono molto significative, ma, del resto, glielo ripeto, questo non è un gioco e stiamo combattendo per la nostra vita e quella delle future generazioni.
L'anno scorso avevate il Summer Festival, prima la pasqua e la pasquetta, poi il 25 aprile e il primo maggio. Aggiungiamoci anche Lucca Effetto Cinema e il turismo quotidiano che a Lucca, fortunatamente, non manca quasi mai. Quest'anno, invece, è crollato tutto. Come sta vivendo lei, emotivamente, questo disastro?
Le rivelo che a differenza degli altri problemi che quotidianamente affrontiamo - problematiche di lavoro ormai di routine - questa è molto più angosciante perché non ha termini di paragone e non ci sono soluzioni all'orizzonte. Faccio un esempio stupido, per un terremoto abbiamo dei precedenti cui fare riferimento. E la volta dopo si cerca di migliorare la reattività. Questa non ha precedenti e di conseguenza spaventa di più perché si vive nell'incertezza senza sapere se tutto tornerà ancora come prima. Questo, sicuramente, vale per tutti, ma noi abbiamo un pensiero in più perché siamo lavoratori autonomi cioè viviamo di un lavoro fatto di consumi. Per noi è ancora peggio e saremo gli ultimi a ripartire. Ci sono molte categorie che sono ripartite e sono attive, alcune non si sono nemmeno mai fermate, noi invece dobbiamo reinventarci tutto da capo.
Sia sincero Martini: ha paura?
Certo, tantissima.
Del Coronavirus?
Fino a qualche giorno fa sì, ora ho paura del post Coronavirus. Fino a qualche giorno fa pensavo esclusivamente alla salute mia e dei miei cari, ma adesso mi sto rendendo conto che saremo in pericolo anche dopo e che questo pericolo è altrettanto grave.
Non crede che se un Governo obbliga la gente a stare a casa e a non poter lavorare per vivere, dovrebbe garantirgli la sopravvivenza?
Certo, è questa la questione che stiamo affrontando con i vertici della nostra categoria. O ci mettete in condizioni di lavorare dignitosamente per mangiare o se ci fate stare a casa dovete garantirci la sopravvivenza. E non con 600 euro al mese che non bastano nemmeno per fare la spesa. Noi non vogliamo essere mantenuti, questo deve essere chiaro. Noi vogliamo soltanto essere messi nella condizione di poter lavorare per vivere. E certamente le ultime disposizioni, non solo governative, ma anche regionali, sulle aperture di alcune attività piuttosto che altre, non servono a nulla. Le nostre attività hanno dei dipendenti che lavorano con noi da anni e che, ormai, fanno parte della famiglia. Pensi lei al dolore di doverli, eventualmente, mandare via perché non possiamo lavorare come prima. Sarebbe una tragedia nella tragedia. Noi abbiamo un indotto troppo grande per poterci permettere di abbandonarlo. Poi, le dico sinceramente una cosa. Possibile che siamo stati i primi in Europa a prendere provvedimenti drastici come il lockdown e ora finirà che saremo gli ultimi a riaprire con altri paesi che, invece, stanno già ripartendo? E abbiamo più morti e contagiati degli altri. Qualcosa non quadra.
Lei in questi giorni, immaginiamo, sentirà molti colleghi.
Tantissimi.
Cosa le dicono?
Quello che le ho elencato fino ad ora. Questo è l'umore di tutti ed è per questo che, rispetto ad altre volte, c'è e ci sarà una forte unità, perché questo è un male più grosso di noi e ci fa nascere dei dubbi più grandi noi e che riguardano la nostra stessa sopravvivenza.
Ci sono già situazioni di emergenza economica che lei sappia?
Certo che ci sono.
Intendiamo gente che non ha più soldi né risparmi.
Certo. Si fanno aiutare dai parenti, da chi è pensionato, dalle persone che hanno vicino e che, magari, hanno stipendi fissi.
Siamo tutti, adesso, sotto anestesia Coronavirus, ma quando ritorneremo a respirare sarà, a nostro avviso, molto peggio di prima e di adesso. Sarà una tragedia immensa. Lei è consapevole di tutto ciò ossia del fatto che niente sarà più come prima per chissà quanto tempo?
Certo che lo so e lo sappiamo. Io, fino a poco tempo fa, ho sempre detto ai miei colleghi: 'Ora pensiamo a rimanere vivi perché da morti non si può fare nulla'. Adesso dico di prepararsi, perché finito tutto questo, inizierà la nostra vera battaglia, quella della fase 2 o fase tre chiamatela come vi pare, quella per riportare le cose come erano prima.
Ultima domanda. Nei giorni scorsi il comitato vivere il centro storico e un cittadino residente in Corso Garibaldi hanno presentato due esposti in comune contro quei gestori di esercizi pubblici che hanno lasciato sedie e tavoli sulla strada senza toglierli adducendo motivi di pericolo per il contagio. Secondo noi si tratta di stronzate. Secondo lei?
Secondo me tanto sciacallaggio. La cosa positiva è che la maggior parte dei residenti ha preso le distanze da tutto ciò perché sono nostri clienti e persone molto comprensive. Con questi esposti i firmatari, che dicono di rappresentare molti cittadini e, invece, non è assolutamente vero, si sono isolati. Questa è l'unica cosa positiva.