"Vi do il benvenuto nella nostra sede - ha accolto i ragazzi del Fermi e del Pertini Daniele Massimo Borella, presidente della Croce Verde - per la sesta manifestazione entro il palinsesto di iniziative che abbiamo ideato per celebrare un compleanno importante: quello dei 130 anni della Croce Verde. Era il 21 maggio 1893 quando un gruppo di persone, fatto di donne e di uomini, ha deciso di creare questo bellissimo sodalizio. Ancora più importante per noi è celebrare questa ricorrenza assieme ai ragazzi delle scuole: qui abbiamo il futuro della nostra cittadinanza. Magari fra di voi ci sono i nostri prossimi volontari."
Un incontro, quello che si è tenuto oggi, dal nome "Rispetto: il valore aggiunto della diversità", che ha dunque una significanza particolare; ancor più, se si pensa alla data nella quale è stato organizzato: 8 marzo, festa internazionale delle donne, come non ha mancato di ricordare il presidente Borella.
"Qui abbiamo dei braccialetti che vi consegneremo, non solo alle donne, ma a tutti. Naturalmente, per questa ricorrenza il mio pensiero affettuoso va a tutte le donne; ma l'augurio lo riservo a noi maschi- l'augurio che riusciamo quanto prima a recuperare tutto quanto ci è mancato in questo tempo: la giusta attenzione verso tutto quello che riguarda il mondo femminile, l'umanità che dobbiamo trasmettere in tutto ciò che facciamo, nei confronti di tutti i nostri simili. Un augurio che non ha sesso, perché abbiamo davvero tanto da recuperare- e possiamo farlo solo a partire dalla consapevolezza."
E sicuramente connesso con lo spirito della giornata odierna, andando però anche oltre, è il tema che è stato affrontato nell'incontro di oggi: quello della violenza nell'intero spettro delle sue manifestazioni, dalla violenza sulle donne al pericolosamente attuale fenomeno del cyberbullismo.
"Un argomento importantissimo ed estremamente interessante- ha commentato il vicesindaco Giovanni Minniti, che ha presentato i saluti dell'amministrazione e del sindaco Mario Pardini- che è importante discutere con i ragazzi, visto che sono soprattutto i giovani che oggi utilizzano la rete, e sanno loro meglio di me quanto si è velocizzata la trasmissione dei dati. Invito i giovani a essere sempre attenti ai pericoli della rete."
Ha concluso la presentazione del tema il presidente Borella: "Oggi affronteremo, in generale, il senso del rispetto- il cyberbullismo non è soltanto un modo di fare, ma un modo di pensare. Noi non pretendiamo che usciate di qui con la mente diversa, ma vogliamo almeno farvi riflettere".
Il primo intervento, dal nome "Legge sul cyberbullismo", è stato curato dalla Polizia Municipale di Lucca e presentato dall'ispettore Francesca Fambrini e le agenti Monica Pera e Laura Pardini.
"Le parole fanno più male delle botte- ha avviato il suo intervento l'ispettore Fambrini, citando le parole di Carolina Picchio, una fra i troppi ragazzi che negli anni sono caduti vittima del cyberbullismo- spesso ci tatuiamo parole, disegni sul corpo; questo dovete tatuarvelo nella mente: le parole fanno più male delle botte."
Dopo aver spiegato in dettaglio ai ragazzi cosa comporta e come funziona la legge sul cyberbullismo- la legge 71 del 2017-, l'ispettore ha concluso: "Siate migliori, siate diversi. Non galleggiate, non annaspate- nuotate. Siate voi gli occhi che vedono di più, le orecchie che ascoltano di più, perché casi del genere non si verifichino ancora."
Ha poi evidenziato la necessità, condivisa da Katia Bracciavento, dell'ufficio scolastico di Lucca, di un dialogo tra i giovani e le forze dell'ordine. "In caserma non ci si va solo per fare una denuncia- ha affermato- se c'è qualcosa che vi turba, qualcosa che non riuscite a capire, se avete bisogno di un consiglio- venite, chiedete. La divisa deve essere motivo di avvicinamento, non di allontanamento".
I reati che possono essere commessi in rete, e come tenersene al sicuro, sono stati al centro del secondo intervento: "Pericoli della rete, adescamento e revenge porn", a cura della sezione operativa per la sicurezza cibernetica di polizia postale e delle comunicazioni, che di questo tipo di reati si occupa.
"Nessuno ha il diritto di prevaricare, diffamare e umiliare le persone": questa frase il cuore pulsante di uno dei video informativi che sono stati usati per illustrare l'argomento ai ragazzi, e con questa frase ha aperto il suo intervento Sonja Giannessi, vice sovrintendente della sezione.
"Voi siete nativi digitali, eppure non avete consapevolezza della portata della rete- ha affermato, dopo aver spiegato ai ragazzi che sempre in agguato su internet v'è il rischio di essere truffati e adescati- Ci vorrebbe una sorta di patentino digitale. In casa davanti al monitor voi non siete al sicuro. Ci sono due domande principali che dovete farvi prima di pubblicare in rete: la prima è, se lo facessero a me mi piacerebbe? La seconda è: io questa cosa andrei a farla in Piazza Grande? Perché stare a casa collegati in rete è come stare in mezzo a Piazza Grande. "
Infine, ha dato ai ragazzi dei consigli- forse "scontati", ma mai di poco conto- per limitare la possibilità di finire vittima di crimini del genere: non condividere mai le password dei propri profili social e non accettare l'amicizia di chi non si conosce di persona.
Il responsabile della sezione, il sostituto commissario Massimiliano Campese, è poi intervenuto per parlare ai ragazzi del revenge porn: un crimine in ascesa, forse uno dei più comuni legati all'utilizzo di nuove tecnologie, che consiste nella diffusione di contenuti multimediali sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta al fine di violentarla psicologicamente, come atto di vendetta. Si tratta di un reato particolarmente grave perché, come ha detto il sostituto commissario, si tratta di "video che vanno a ledere una libertà inalienabile, quella di poter vivere serenamente e privatamente la propria sessualità".
Il dottor Campese ha concluso il suo intervento evidenziando quella che ritiene essere la soluzione al problema: un'educazione sessuale adeguata ai tempi in cui viviamo. "Il sexting- che è lo scambio di messaggi a sfondo sessualmente esplicito- non è solo una pratica ad alto rischio e un possibile preludio della vendetta pornografica, ma è anche un modo di vivere l'intimità sessuale in forma diversa da un tempo. Contiene, se vogliamo, la ricerca di attenzione da parte del partner e cerca di esprimere una certa capacità seduttiva. Per i nostri adolescenti, che vivono relazioni distanti in cui il corpo è mancante, può essere un modo per avvicinarsi alla sessualità con minor ansia. Di certo è necessario che gli adulti di riferimento siano in grado, da un punto di vista educativo, di accompagnare i giovani nel processo di individuazione perché è l'educare che fa emergere gli strumenti necessari per crescere, realizzare se stessi e organizzare le risorse necessarie per proteggersi e contenere i rischi".
"Prima o poi, la stupidaggine viene commessa in rete: comunicatela- ha affermato, in chiusura dell'intervento, l'assistente capo coordinatore Giovanni Imbemba- Cerchiamo di avere un contatto reale con i genitori, con i professori: anche loro hanno un loro vissuto, possono darvi una mano".
Durante la pausa tra le due sezioni in cui è stata divisa la mattinata, in occasione dei quali i ragazzi hanno avuto modo di rifocillarsi con un piccolo rinfresco, sono stati distribuiti sulle sedie, dei sottobicchieri; proprio da questi ha preso avvio il successivo intervento, dal nome "Codice rosa: il pronto soccorso per le vittime di violenza", a cura di USL Toscana Nordovest.
"Dietro avete il numero anti violenza e stalking e i numeri dei vari centri anti violenza sul territorio della provincia di Lucca. Tenetevelo in borsa, potrebbe servirvi quando meno ve l'aspettate", ha spiegato la dottoressa Piera Banti.
La dottoressa è poi entrata nel vivo dell'intervento: il codice rosa, un percorso nel pronto soccorso rivolto a chi subisce violenza, che ha lo scopo di garantire privacy, incolumità e massima rapidità dell'intervento. Si tratta di un progetto della regione Toscana introdotto nel 2010 e progressivamente esteso a tutta la regione, per creare una rete antiviolenza attiva in maniera coerente a livello non solo provinciale, ma anche regionale. "Dal 2006 al 2011 in provincia abbiamo avuto 11 femminicidi; dall'attivazione del codice rosa ne abbiamo avuto quattro- ha spiegato- Evidentemente, è il segno che questa rete sta funzionando".
L'intervento è proseguito con l'illustrazione di alcuni elementi finalizzati alla miglior comprensione del fenomeno della violenza in generale e, in particolare, della violenza sulle donne. Un elemento importante da sottolineare, di cui forse spesso non ci rendiamo conto, è che- lo mostrano i dati- la violenza attraversa trasversalmente la società è il mondo: "Dobbiamo levarci- ha detto la dottoressa- il preconcetto che la violenza sulle donne sia qualcosa che appartiene ai margini della società".
Ancora un altro dato, significativo e allarmante, è quello per cui le violenze che vengono a galla non sono che la punta di un'enorme iceberg: si stima infatti che il 93% degli atti violenti e persecutori rimangano sommersi- ed è così semplicemente perché chi subisce, paralizzato dal trauma psicologico che ha subito, troppo spesso non parla. Per questo, imparare come si parla e, soprattutto, come si ascolta qualcuno che subisce violenza è una cosa fondamentale: trattenersi da qualsiasi giudizio e non porre domande aperte sono gli atteggiamenti migliori da tenere per impedire che la persona si chiuda in sé e non parli più.
Entrando nelle specifiche dinamiche della violenza, la dottoressa ha sottolineato che in gran parte gli atti di violenza contro le donne vengono messi in atti da persone che la vittima conosce personalmente: si è osservato infatti che nell'88% dei casi le donne vengono uccise da qualcuno che conoscono, mentre negli uomini si tratta solo del 35,7% dei casi. Lo stesso vale anche per la violenza sessuale, come è stato illustrato, in maniera affascinante e pervasiva, a partire da un dipinto del grande artista Degas: questo rappresenta due figure, una giovane donna di spalle e un uomo che la osserva dall'altro lato della stanza, in chiaro rapporto di confidenza reciproca. "Guardate come si comporta la ragazza- non sta fuggendo, non sta cercando di ribellarsi, non sta chiamando aiuto: è immobile- ha illustrato la dottoressa Banti- Questo atteggiamento si chiama tanatosi ed è lo stesso che si osserva negli animali quando si trovano in una condizione di pericolo: si fingono morti. Lei è rassegnata a subire quello che probabilmente ha già subito innumerevoli volte".
Ancora, da non trascurare è il problema dei bambini coinvolti in casi di violenza domestica: in Italia sono circa 400mila i bambini vittima di violenza assistita, o perché subiscono direttamente una violenza o perché vi assistono. "L'età e il grado di sviluppo del bambino non impediscono la percezione della violenza. I bambini vedono, apprendono- così si ha la violenza intergenerazionale".
Si tratta di un problema insito nella nostra stessa matrice culturale, da vicende mitiche come il ratto delle Sabine a filosofi come Aristotele e Platone che teorizzavano l'inferiorità delle donne, giustificandone così la sottomissione. Come si può combattere, debellare qualcosa di cui la nostra società è tanto intrisa?
"La violenza sulle donne si può combattere- ha affermato con forza la dottoressa Banti- si fa con la prevenzione e con un pronto intervento sociale che nella nostra zona ancora manca, ma che presto ci sarà".
Più rapidi, ma non per questo di minor impatto e necessità, gli ultimi due interventi: "Violenza di genere, dalla categorizzazione al ciclo della violenza", a cura dei carabinieri di Lucca, che hanno spiegato il fenomeno del gaslighting - un tipo di manipolazione psicologica mirata a far dubitare la vittima dei propri ricordi, pensieri e sentimenti -; e "Il centro antiviolenza Luna e lo sportello PerTe", che ha illustrato la presenza sul territorio dei centri antiviolenza, e come approcciarvisi.