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claudio
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Scritto da Redazione
Cronaca
07 Maggio 2022

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Sono trascorsi ben sette anni dall'avvio dell’inchiesta da parte della Guardia di Finanza che lo portò agli arresti domiciliari con l’accusa di frode fiscale ai danni dello Stato per un totale di 400 mila euro nei confronti di alcune decine di imprenditori.

L’ex pilota di rally, Gianluca Vita, 58 anni, nato a Massarosa, ma abitante da tempo a Lucca, è stato condannato dal giudice monocratico Gianluca Massaro a tre anni di reclusione con i benefici di legge per alcuni reati di natura fiscale legati alle annualità che non sono ricadute nei termini della prescrizione o che il giudice ha ritenuto non essere ascrivibili all’ex pilota che è stato assolto per tre capi di imputazione.

Nel corso della prima fase delle indagini era decaduto anche il reato di truffa che la Guardia di Finanza originariamente aveva contestato all’indagato. Adesso, dopo la sentenza di condanna di primo grado, il legale di Vita, dopo aver letto le motivazioni, ricorrerà in Appello.Una vicenda che fece molto rumore nel luglio 2015 quando le fiamme gialle - a conclusione di una lunga indagine che vedeva, per l’accusa, l’ex pilota da almeno otto anni sconosciuto al fisco - oltre ai domiciliari con divieto di comunicazione fecero scattata la misura cautelare del sequestro per equivalente con beni mobili, immobili e conti correnti per un valore di 203 mila euro.

Perché il nome di Gianluca Vita negli anni Novanta e sino a metà degli anni Duemila era sinonimo di vittoria. Un pilota che per cinque volte trionfò nel rally Città di Lucca - spesso alla guida di una Peugeot 306, di una Ford Fiesta, di una Toyota Celica o di una Abarth Grande Punto - lasciandosi alle spalle piloti importanti come Caldani, Bini, Taccini, Falleri e Aghini. Un driver ritenuto nell’ambiente delle corse tra i più forti degli ultimi trent’anni. Tenace, combattivo, meticoloso nella messa a punto della vettura. Dal Caffè delle Mura, luogo di partenza e di arrivo del Città di Lucca, il pilota ha festeggiato i trionfi in compagnia di navigatori come Francesco o Simona Girelli o dello sfortunato Flavio Guglielmini.

I suoi guai, stando agli investigatori, riguardavano proprio una vicenda di sponsorizzazioni legate alle corse e non solo. Con emissioni di fatture per operazioni inesistenti e una frode fiscale che, stando agli inquirenti, andava avanti almeno dal 2011. Un’inchiesta condotta dal pubblico ministero Enrico Corucci durata almeno un anno (dal 2014 al 2015) con perquisizioni eseguite dai finanzieri in almeno quattro città (Firenze, Pistoia, Parma e Treviso) dove si trovavano le sedi legali di società, ditte o imprese individuali che avrebbero utilizzato le fatture emesse dalle società gestite dall’ex pilota di rally (un’associazione sportiva dilettantistica e altre operanti nelle sponsorizzazioni) per operazioni inesistenti in modo da abbattere gli utili. Lui ha sempre contestato gli addebiti e, attraverso il suo legale, già in sede di udienza preliminare fornì corposa documentazione volta a dimostrare l’esistenza delle operazioni commerciali indicate nei capi d’imputazione.

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