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Scritto da mauro pardini
Cultura
17 Febbraio 2023

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Villa Paolina nel tempo fu oggetto d' innumerevoli manomissioni e spoliazioni da parte dei molti proprietari che si avvicendarono dopo la morte della Principessa avvenuta nel 1825, trasformazioni che iniziò la sorella Carolina quando ne divenne erede e proseguirono puntualmente lungo tutto il corso dell’Ottocento.

Tra i molti proprietari che contribuirono all’aspetto attuale della Villa possiamo citare tra i più significativi: i lucchesi Felice Francesconi e
Sigismondo Giberti, il Barone Tommaso Ward di Vienna il quale continuò gli ampliamenti già intrapresi da Carolina e il Cav. Vittorio Papanti, grande cultore di memorie napoleoniche; a quest'ultimo dobbiamo l’estetica che la Villa ancora conserva. Il Cavaliere celebrò le sorelle Carolina, Elisa e Paolina Bonaparte come figlie di Zeus nella volta del salone ad opera dei pittori Francesco Bianchi e Torricini di Pisa.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento i Papanti cedettero la villa al “Real Collegio” di Lucca e a partire da questo momento cominciò un lento declino dell’edificio, che da residenza padronale fu convertito ad uso pubblico prediligendone l’aspetto puramente funzionale; così furono intraprese profonde trasformazioni per convertirlo a colonia marina e successivamente ad uso scolastico. Un ulteriore perdita avvenne con
la costruzione negli anni Venti del Novecento dell’edificio del Liceo Carducci, opera egregia dell’architetto Alfredo Belluomini, che si sostituì ai giardini ricchi di agrumi, lecci, camelie e ortensie dove la Principessa soleva rifugiarsi durante la calura estiva: la cultura del tempo capeggiata dal pittore Lorenzo Viani tentò inutilmente di salvare il parco annesso alla residenza, come testimonia una lettera pubblicata sul “Nuovo Giornale” di Firenze nel marzo 1921.

Per restituire dignità alla Villa bisognerà aspettare la fine degli anni Novanta del secolo scorso quando fu avviata una serie di opere di carattere strutturale e conservativo durante le quali rividero la luce i pregevoli affreschi celati sotto strati di intonaco. La celebre guida di Viareggio del Michetti del 1893 descrive come si presentava la Villa dopo gli adeguamenti estetici del Papanti: “E’ un bel palazzo con ampio giardino annesso. All'esterno ha due terrazze bellissime e nell'interno si ammirano sale magnifiche, ne' cui soffitti a volta hanno lavorato egregiamente i pittori Bianchi di Lucca e Torricini di Pisa.”

Quando Paolina la abitava era un ambiente colto e raffinato frequentato da scrittori, da pittori e da altre personalità che gravitavano intorno alle arti, si discutevano in quelle sale argomenti artistici, letterari, filosofici ma anche politici. Tra i simposi greci si prediligeva il Simposio di Platone, per la Roma imperiale i maggiori poeti: Virgilio, Orazio; accompagnavano gli accesi cenacoli culturali le tragedie musicali di Giovanni Pacini, tra le quali: La Sacerdotessa d'Irminsul, La Vestale e l’Ultimo giorno di Pompei che qui vide la luce. Il giovane musicista catanese fu al centro di una burrascosa storia d’amore con Paolina che proprio a Viareggio trovò il suo definitivo epilogo. Il 21 maggio 1822 Pacini per conto di Paolina ottenne da Maria Luisa di Borbone la riva del mare dove sarebbe sorta la sua dimora, appartata dalla mondanità in stretta relazione con la natura, ne affidò il progetto all’architetto Giovanni Lazzarini, colto artefice del neoclassicismo lucchese, che seppe ben
applicare i principi e i metodi compositivi degli antichi. Nelle decorazioni dei saloni Paolina scelse cicli pittorici ispirati alla classicità: colonnati, rovine, figure mitologiche e sontuosi panneggi magistralmente eseguiti dal pittore Giovanni Marsili.

Lady Morgan in viaggio a Roma nel 1820 ci fornisce una preziosa testimonianza del gusto di abitare della Principessa Borghese, scrive: "di tutte le ville della famiglia Borghese, una sola la si può abitare, una sola offre lo stile inglese, eleganza francese e gusto italiano, combinati tra loro nel modo più felice: è Villa Paolina Bonaparte, adornata, arredata secondo i modi della stessa principessa”.

Per arredare i saloni furono chiamati i migliori mobilieri francesi e locali, come Jean Baptiste Youf che Elisa Baciocchi volle a Lucca durate il suo
governo: l’ebanista parigino diede seguito ad una folta schiera di artigiani operosi nel piccolo Ducato, tra i migliori citiamo Pietro Massagli,
Giovacchino Cantieri e Antonio e Pietro Ricci maestri dei sedili, manifatturieri ai quali probabilmente si rivolse Paolina per gli arredi
necessari. L’inventario degli eredi Murat del 1840 ci informa dell'arredo che plausibilmente era nella villa almeno in parte fin dal 1822, si legge: “letti in mogano alla francese, tavoli da centro con piano in marmo, specchiere con fregi, sofà rivestiti in seta, consolle con applicazioni in bronzo sulle quali si ammiravano pregevoli vasi all’etrusca, fruttiere in porcellana finemente dipinte, orologi e candelieri in bronzo cesellato e molti altri suppellettili preziosi di manifattura parigina.”

Il saggista Mario Praz, insuperabile maestro di raffinatezze e conoscitore dello stile Impero, nel suo libro “La Filosofia dell’arredamento”, fissa le linee basilari della conservazione di una casa museo : “Una casa museo fu dimora di personaggi storici trasformata in museo per conservarne l’arredo, le collezioni, i cimeli, rispettando l’impostazione originaria, per tenere traccia dell’epoca, del gusto e
della quotidianità del personaggio che l’ha vissuta, nel rispetto della sua memoria”.

A Praz dobbiamo il ritrovamento dell’acquerello di Francis Mac Donald secondo marito di Carolina datato 1835, che ritrae il “Salone Orientale” di Villa Paolina alla presenza della moglie intenta a suonare l'arpa, e delle figlie dedite al ricamo. Seguendo e rielaborando con una visione personale gli eruditi Principi di Praz, nel 2017 la studiosa Renata Frediani, profonda conoscitrice del periodo Impero, e collezionista di importanti cimeli napoleonici, basandosi sullo studio delle antiche fonti, ha presentato all’amministrazione comunale un progetto scientifico d’arredo dei saloni monumentali, frutto di una lunga e accurata selezione in ambito internazionale di manufatti con caratteristiche perfettamente rispondenti al contesto architettonico ed estetico della residenza napoleonica, così da evocare quelle atmosfere che si respiravano nel primo ventennio dell’Ottocento nelle corti europee più aggiornate.

Tuttavia non possiamo esimerci dal richiamare l'attenzione sull'attuale utilizzo della dimora che fu di Paolina, destinata a mostre di vario genere molto spesso non rispettose della natura della residenza, come più volte sottolineato dalla stessa Renata Frediani, che sostiene: “Villa Paolina deve assumere l’identità di polo napoleonico e dialogare con le altre dimore napoleoniche presenti sul territorio nazionale ed
europeo”.

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