Anno XI 
Sabato 10 Maggio 2025
- GIORNALE NON VACCINATO

Scritto da francesco pellati
Politica
24 Novembre 2022

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Caro direttore,

oltre 500 morti, 18 mila arresti, sei condanne a morte, un numero indefinito di feriti, scuole e università occupate, proteste e violente repressioni nelle strade e nelle piazze, mercati chiusi, lavoratori in sciopero, la casa natale di Khomeini incendiata, la provincia del Kurdistan in stato di guerra: dal 25 settembre i giovani e le donne iraniani sono in piazza nel tentativo di liberarsi da un modello di vita medievale che nega a tutti la libertà e perseguita le donne con la fobia sessuale islamica (sunnita o sciita che sia). Da oltre 40 anni avvolge il Paese come una cappa di piombo: miseria, corruzione, costrizioni, violenze, guerre.

Per fronteggiare i “rivoltosi” il regime usa soprattutto i pasdaran, sorta di milizia simile alle SS naziste, ai Khmer Rossi cambogiani, ai cekisti sovietici o alle guardie rosse cinesi: fanatici prezzolati dai regimi, sadici esecutori di morte.

Tutto questo non basta a mobilitare un capannello, un tavolino, un gazebo sulle piazze italiane per esprimere solidarietà e dare maggior forza alle rivolte iraniane: la pubblica opinione pare non avere interesse alla vicenda, per tragica che sia. Essa raccoglie poche righe sui giornali, qualche modesto riferimento alle radio o in televisione, nessun partito in appoggio, il silenzio tombale delle associazioni femministe o dei diritti umani, dei corpi intermedi, degli intellettuali.

Ma neanche i partiti, le istituzioni dedicano attenzione alla vicenda che sembra lontana e sfocata, ma che invece ci dovrebbe impegnare a sostenere donne e giovani iraniani nel loro desiderio di raggiungere il sistema in cui viviamo noi: libertà di espressione e di voto, libertà di scelta del modello di vita indicato dalla maggioranza.

Giornali, televisioni, radio italiani scrivono, mostrano e dicono, ahimè in molti casi, quello che i loro miliardari padroni gli fanno dire.

Per fortuna ci sono voci libere che rispondono solo a se stesse e ai propri lettori.

Tu per esempio. La tua irriverenza, a volte perfino urticante, ti costa querele che spesso e per fortuna vanno a vuoto. È il prezzo che paghi al politicamente corretto: come nell’arte rococò nel politicamente corretto i contenuti sono secondari, quello che fa premio (o danno) è la forma.

Non così dappertutto: ci sono Paesi dove il dissenso è represso con violenze di ogni tipo. Dove il politicamente corretto consiste nel dare ragione ai capi e obbedire ai loro ordini per di più con il dovuto trasporto. Chi non si adegua va incontro a repressioni durissime che non si fermano a querele o ad anatemi, ma si tramutano in galera quando non in capestro.

Il grado di durezza varia:

- dal perdere la vita nell’ultimo Paradiso stalinista, la Corea del Nord dove l’ultimo erede di una dinastia psicopatica governa con potere di vita o più spesso di morte. Guerrafondaio, tiene i suoi sudditi in miseria e in soggezione terrorizzata, lancia i suoi missili per garantirsi il dispotismo futuro.

- dal rischio di finire in uno degli innumerevoli lao gai della Cina del Presidente (a vita!) Xi Jinping.

- dal pericolo di venire imprigionati, percossi a morte, lapidati dai regimi islamici.

Ma l’Occidente è debole, le sue basi sono minate dall’esterno e perfino dall’interno.

Il Qatar ha comprato il campionato mondiale di calcio con i petrodollari ufficialmente erogati alla FIFA, ma, soprattutto quelli distribuiti dentro le voluminose bustarelle ai vari funzionari e direttori: una vergogna. Oggi in Qatar, dove neanche sanno se la palla sia rotonda o quadrata, si disputa un campionato che nasce dalla corruzione e che soggiace alle regole dell’islamismo (bere una birra in pubblico è punito con sei mesi di galera) anziché con quelle dello sport.

Gli iraniani ci avevano già provato più volte a liberarsi, da ultimo nel “Novembre di sangue” del 2019 con oltre 1.500 morti, anche allora con la nostra indifferenza, come indifferenti siamo oggi al destino delle Afgane abbandonate da noi e perseguitate dai Talebani, delle saudite che per muoversi hanno tuttora bisogno del maharam (il tutore maschio), per non parlare delle africane oggetto delle mutilazioni sessuali oltreché di ogni altra vessazione.

Qui decidono i petrodollari, altrove le fobie ideologiche, le nostalgie dei regimi: i Paesi islamici e quelli comunisti riescono a silenziare le voci, attutire il dissenso, chiudere in casa i nostri custodi dei diritti umani, le nostre femministe, i comitati, così chiassosi appena da noi si sfiorano le problematiche, non i diritti, gay o i colori della pelle o i diritti dei rave, ma che non fiatano quando donne, gay, ragazze e ragazzi sono accoppati, imprigionati, discriminati, torturati, percossi, mutilati, lapidati.

A me pare venuto il momento che tutto il cdx si schieri a difesa del nostro stile di vita e a condanna dei regimi che ci minacciano e dei loro fiancheggiatori che operano in mezzo a noi. I partiti, i corpi intermedi, i mezzi di comunicazione (compresa la Gazzetta), le Istituzioni fra cui il Comune, prima espressione della democrazia occidentale, dovrebbero alzare la voce in pubblico. I partiti con gazebi, tavoli, incontri e confronti, le Istituzioni con ordini del giorno unanimi e il patrocinio di eventi, gli intellettuali con saggi e studi, i mezzi di informazione con articolo e approfondimenti.

Costringerebbero tutti a uscire dal limbo del silenzio: dentro o fuori. Con i persecutori iraniani, cinesi. nord coreani, sauditi, afgani, sudanesi, oppure con le social o liberal democrazie occidentali: basta lasciar fare i pesci in barile a fin troppi personaggi che, per di più, sarebbero i primi ad essere soppressi con l’avvento dei regimi che, pur rischiando poco, decidono di non avversare.

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