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Scritto da renata frediani
passioni napoleoniche
02 Ottobre 2022

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Luciano, il decoro di ogni assemblea politica

Napoleone Bonaparte

Memoriale di Sant’Elena

Luciano - diceva l’Imperatore - ebbe una giovinezza avventurosa: all’età di 15 anni fu condotto in Francia dal signor Semonville, che di lui fece ben presto uno zelante rivoluzionario, ed un ardente clubista […] “Luciano, il decoro di ogni assemblea politica”

Luciano Bonaparte, secondo dei quattro fratelli di Napoleone, terzo figlio di Carlo Bonaparte e Letizia Ramolino, nasce in Corsica ad Aiaccio il 21 maggio 1775. Come i fratelli Napoleone e Giuseppe, frequenta il collegio di Autun e la scuola militare di Brienne a Parigi. Alla morte del padre nel 1785 rientra in Corsica e rimane affascinato dal leggendario Pasquale Paoli, leader della lotta per l’indipendenza dell’isola, diventandone il suo segretario particolare nel 1791. Partecipa, poi, alla Rivoluzione Francese conquistando ruoli di rilievo. Viene eletto al Consiglio dei Cinquecento nel 1778, presidente del Consiglio dei Cinquecento, a soli ventiquattro anni, nel 1779, incarico risultato fondamentale a vantaggio di Napoleone per risolvere il delicato passaggio del 18 Brumaio dal Direttorio al Consolato. Napoleone, generale coraggioso sui campi di battaglia, era spaventato dalle risse che emotivamente non riusciva a gestire e creavano in lui un senso di panico. Sarà Luciano, di sei anni più giovane di Napoleone, che il 18 Brumaio, corrispondente al 9 novembre, con la consueta calma, inclinazione ai buoni rapporti con l’interlocutore, ma sempre pronto all’azione con l’appoggio dell’esercito, a salvare il fratello dalla furia degli oppositori prima che questi fosse dichiarato dal Consiglio di Saint -Cloid “fuori legge” come nemico pubblico. Sale a cavallo e con straordinaria capacita oratoria, considerato i soli ventiquattro anni di età, in un momento particolarmente concitato, arringa “Generale, soldati! Quale Presidente del Consiglio dei Cinquecento vi dichiaro che un manipolo di briganti, pagati dall’Inghilterra, ha violato le deliberazioni dell’Assemblea e tentato di assassinare il vostro comandante. Guardate le sue ferite. Vi invito a impiegare la forza verso quei faziosi. Il Consiglio dei Cinquecento è sciolto” [….]”Giuro di uccidere il mio proprio fratello se mai osasse attentare alla libertà della Francia”.

Grazie alle capacità oratorie e all’intelligenza di Luciano, la partita è vinta: sono stati eliminati gli avversari e il nuovo potere è nelle mani di tre Consoli che, alle due del mattino, giurano “Fedeltà inviolabile alla sovranità popolare, alla Repubblica francese, una ed indivisibile, alla liberta, all’eguaglianza e al sistema rappresentativo.”

Napoleone nomina Luciano ministro degli Interni nel 1799 e ambasciatore a Madrid nel 1800.

I rapporti fra i due fratelli Bonaparte sono molto complessi, Luciano, anche se di carattere ribelle, consapevole del valore del fratello, non prova sentimenti d‘invidia verso Napoleone a cui non fa mancare il suo sostegno, anche se questo rapporto poi si indebolirà per le incomprensioni e i diversi punti di vista politici per il comportamento di Napoleone, a suo giudizio colpevole di autoritarismo. Il loro rapporto si deteriorerà definitivamente proprio per la sua scelta di anteporre la vita privata a quella pubblica. A seguito della perdita della prima moglie, Christine Boyer, Luciano contrae un nuovo matrimonio d’amore con Alexandrine de Bleschamp, suscitando il risentimento di Napoleone che si oppone con determinazione tanto da chiedere a Luciano di divorziare; richiesta che quest’ultimo, giustamente, non manca di rifiutare.

Tale rifiuto è causa della sua esclusione dai fasti dell’Incoronazione, avvenuta a Parigi il 2 dicembre 1804 davanti a 12 mila invitati. Addirittura, escluso da ogni diritto ereditario, è costretto all’esilio. La rottura fra i due fratelli è tanto forte e dolorosa che Luciano, sopraffatto e non compreso nei suoi sentimenti, pronuncia una frase tremenda nei confronti di Napoleone. Lo onoro, lo rispetto, lo ammiro come capo del governo, non lo amo più come un fratello".

Luciano lascia Parigi nel 1804 e viene accolto a Roma da Papa Pio VII; quest’ultimo, in contrasto con Napoleone, gli vende il feudo di Canino presso Viterbo che allora faceva parte della Santa Sede. Qui vive in tranquillità fino al 1809 quando lo Stato Pontificio passa sotto l’egemonia francese.

Lontano dalla Francia e dalla politica, nel 1810 tenta di trasferirsi in America, ma viene bloccato dagli inglesi durante il viaggio in nave e costretto agli arresti domiciliari in Inghilterra dal 1810 al 1814, anche se gli fu lasciata piena libertà culturale per lui importante in quanto amante della scrittura; tanto che nel corso della prigionia scrive un poema epico su Carlo Magno.

Viene, poi, insignito nel 1814 del titolo di Principe di Canino per il rapporto leale che avevo tenuto verso il Santo Padre.

Dopo il ritorno di Napoleone dall’isola d’Elba, durante i Cento giorni, i due fratelli Bonaparte, finalmente, dopo dieci anni si riconciliano e l’Imperatore lo nomina Pari e Principe di Francia.

Dopo la disastrosa sconfitta di Waterloo del 18 giugno del 1815, Luciano si impegna a sostenere Napoleone, pur non riuscendo a salvarlo dall’abdicazione. Gli fu concesso dai vincitori di tornare nello Stato Pontificio, dove Luciano amante dell’arte, raffinato collezionista si dedica con la moglie Alexandrine agli scavi archeologici nel territorio di Vulci.

Luciano Bonaparte principe di Canino, e dal 1824 per volontà di Papa Leone XII principe di Musignano, muore a Viterbo il 29 giugno 1848. E’ sepolto nella cappella gentilizia della chiesa collegiata di Canino, e il suo monumento funebre fu realizzato per volontà della moglie Alexandrine de Bleschamp dallo scultore fiorentino Luigi Pampaloni, artista molto apprezzato in tutte le corti d’Europa. Alexandrine, donna di rare qualità umane, fa traslare nella cappella anche le spoglie della prima moglie di Luciano.

Nel 1855 alla morte, le sue spoglie verranno riunite per sempre a quelle del suo adorato marito Luciano che per amore verso di lei aveva rinunciato alla corona di Re.

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