Conoscendolo, sappiamo che avrebbe preferito non vedere pubblicato alcunché, ma conoscendo lui noi, non si meraviglierà di vedere pubblicate queste poche righe. Con Angelo Croci abbiamo avuto a che fare sin dai primi anni della nostra carriera, si fa per dire, giornalistica. Noi cronisti di nera alla Nazione e lui alle Volanti, carattere burbero, tosto, anche aggressivo a volte, ma generoso e con un cuore grande così. Non sopportava di essere preso in giro e un giorno, era caduto un aeroplano da turismo nel Compitese, finimmo per scontrarci. Era l'epoca in cui non esistevano i telefonini, ma solamente le macchine fotografiche. Insieme ai colleghi stava perlustrando la zona collinare alla ricerca dei resti del velivolo e, una volta trovati, stava armeggiando intorno ad essi quando si accorse che noi, contravvenendo ai divieti di accesso, stavamo scattando delle foto. Noi scappammo pensando che, tanto, non ci avrebbe certamente inseguito. Errore. Rientrati dove stavano tutti i colleghi, lo vedemmo arrivare e, senza tanti complimenti, farsi consegnare la Nikon che si guardò bene dal restituirci e che ci fu restituita solo dopo una nostra telefonata al questore. Altre volte ci siamo scontrati, ma, alla fine, siamo diventati amici.
Ieri, 16 marzo, è stata una giornata normale per molti, non però per Angelo Croci ed ecco, nelle sue parole, il motivo: Esattamente il 16 marzo 1985, quaranta anni fa, iniziava la mia avventura nella grande famiglia della Polizia di Stato. Ero poco più di un ragazzino, salutai la famiglia, valigia alla mano e, prima le visite a Roma e poi la Scuola Allievi agenti a Trieste. Sono grato, dal profondo del cuore alla Polizia, perché in tutti questi anni mi ha fatto conoscere migliaia di persone, nel bene e nel male e mi ha dato l'opportunità di poter riuscire ad aiutarne qualcuna.
Ad Angelo Croci un abbraccio forte e gli auguri di continuare allo stesso modo anche gli ultimi mesi di lavoro prima di concedersi la meritata pensione.
