Politica
Sicurezza, il Pd attacca l’amministrazione Pardini: “Persa ogni credibilità”
“Completamente persa la credibilità della giunta Pardini sulla questione sicurezza”. Lo dicono il gruppo consiliare e la segreteria del Partito Democratico di Lucca. “Sbandierato come il tema…

E mo' pure la pensione?
Demonizzando Berlusca la sinistra in più occasioni ci ha elettoralmente buscato, e lo stesso è accaduto con l’attuale PdC Meloni. Ma il demone dei demoni d’oggi, il bersaglio preferito per certa stampa, resta il generale più conosciuto dagli italiani, Roberto Vannacci

Lucca è un grande noi sulla piscina comunale, chiusa da anni: “Soldi pubblici sprecati, lavori incompleti e promesse tradite”
“A Lucca, da anni la cittadinanza è privata di un servizio essenziale per il benessere e la salute: la piscina comunale del palazzetto dello sport è chiusa, abbandonata,…

Sicurezza, per Difendere Lucca: "Bene i controlli del Comune, ma ora serve una svolta dal Governo"
"Il provvedimento di estensione dei turni della polizia municipale, dai noi fortemente caldeggiato e certamente utile, rischia di non essere sufficiente a risolvere il problema della sicurezza nella…

Olivati, Lucca Futura: "Pessima comunicazione su spargimento insetticidi in centro storico"
Il 22 luglio 2025 il Comune di Lucca ha effettuato una disinfestazione all'interno del centro storico: l'obiettivo era intervenire preventivamente contro le "zanzare tigre", nell'area in prossimità…

Fratelli d'Italia replica senza tante storie a Ilaria Vietina
Fratelli d’Italia - con una nota congiunta da parte del coordinatore comunale Luca Pierotti, del coordinatore provinciale Riccardo Giannoni, e il capogruppo in consiglio regionale Vittorio Fantozzi - tiene a intervenire per rispondere a quanto apparso sulla stampa in questi giorni da parte del gruppo “Lucca è un grande Noi”

Consiglio provinciale di Lucca: eletti i membri effettivi e supplenti delle Commissioni elettorali circondariali
Da Palazzo Ducale via libera anche alla regolarizzazione delle somme urgenze del Molinetto e del Ponte di Sant'Ansano

Fantozzi (FdI) "Perché si deve fare morire il proprio cane di fame e sete? Perché continuiamo a leggere tali aberrazioni? Il caso di S.Maria del Giudice ci indigna"
"Il triste e penoso caso di una cagnolina anziana, morta perché quella che doveva essere la sua amica umana ha smesso di occuparsi di lei, accomuna S.Maria…

Variazione di Bilancio e salvaguardia degli equilibri: l'amministrazione punta a investire risorse su periferie, difesa del territorio e servizi
Presentata stamani (25 luglio) a palazzo Orsetti la manovra che reinveste l'avanzo di 12milioni e 562mila euro fin qui realizzato

Cambierà davvero?
Siamo alla svolta finale con la riforma della magistratura voluta dal ministro, e magistrato, Carlo Nordio. Se le cose in Parlamento andranno secondo logica – ovvero in base…

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"Un movimento politico è populista quando si presenta come un'opposizione alle élite corrotte; quando si contrappone alle classi dirigenti che si sono arroccate su posizioni di potere e che, grazie a tale posizione, perseguono i propri interessi di 'casta' invece del bene comune". Questo l'incipit del bel libro di Daniel Klein professore di Economia alla George Mason University (Usa), presentato dall'istituto "Bruno Leoni" di Torino, celebre tink tank di scuola liberale.
In effetti visto sotto questo aspetto il populismo non appare necessariamente un male, così come in genere lo si intende quando lo si identifica come sottocategoria delle dottrine politiche e per come lo si esecra nelle mani di improvvisati leader che lo indirizzano in ben altra direzione e con finalità di scadente contenuto. Nel Belpaese non sono stati pochi gli interpreti di un populismo "alle vongole" spesso coinciso con il qualunquismo e la demagogia spicciola di qualche istrionico ed improvvisato interprete.
Il populismo all’italiana è cominciato con "L'Uomo Qualunque", un movimento varato nel primo dopoguerra che raccolse quanti si sentivano disorientati dal neonato sistema democratico repubblicano e che, pur non essendo mai stati degli avanguardisti o delle camice nere, votavano per un partito anti-regime, ossia contro la nuova classe dirigente formata da democristiani e socialcomunisti, senza ripararsi dietro lo scudo crociato. Guglielmo Giannini, capo di quel movimento, era un uomo di cultura o meglio ancora, di teatro. Più allenato alla battuta che alla politica. Allorquando, convocato da Alcide De Gasperi (che aveva ricevuto dal Capo dello Stato il mandato di formare il nuovo governo), si sentì chiedere a quale ministero avrebbe aspirato in caso di confluenza parlamentare del suo "Uomo Qualunque" sulle posizioni del nascente esecutivo, l'istrionesco drammaturgo di origini campane, rispose: "il Ministero delle Fregnacce". Una battuta sprezzante ed immaginifica per rimarcare la sua contrarietà ai governi di unità nazionale dove sarebbero entrati anche i socialisti di Pietro Nenni ed i comunisti di Palmiro Togliatti. Ma bastarono pochi anni perché quel movimento esaurisse la propria forza propulsiva in uno con l'attitudine di voler dare risposte semplici a problemi complessi. L'elettorato "qualunquista", mano a mano virò verso il Movimento sociale italiano, la Democrazia cristiana e le frange più clericali ad anti comuniste. Ora, venendo ai nostri tempi, la reviviscenza di quella irripetibile esperienza apolitica è tornata in qualche modo in auge con il sorgere del movimento grillino, con i "Vaffa Day" e poi con l'organica formazione politica del Movimento 5 Stelle. Va comunque detto che un po' tutta la storia della politica parlamentare italiana ha visto nascere e poi morire partitini e movimenti che a quello stampo indeterminato ed approssimativo di "gianniniana" memoria si sono ispirati. Basti ricordare la nascita delle Leghe in Lombardia, Veneto e Piemonte, riunitesi poi sotto il vessillo comune del Carroccio, con il loro vacuo retroterra culturale e xenofobo e l'assenza di precisi modelli economici e sociali di riferimento. Insomma: sul proscenio del teatro politico nostrano, la rappresentazione spesso ha attinto alla trama delle "fregnacce" e della contestazione al cosiddetto "sistema". Non è un caso infatti che la cosiddetta "seconda repubblica" sia nata da Tangentopoli, dall'onda di contestazione moralistica sollevarasi contro il meccanismo dei partiti, dall'adesione ad una sbrigativa analisi tendente a buttare via l'acqua sporca (la partitocrazia ed il suo enorme bisogno di finanziamenti occulti) con il bambino (la funzione costituzionale dei partiti politici). Tuttavia possiamo affermare che quasi tutti i governi nati dopo il 1994 si siano formati sulla critica al sistema partitocratico della prima repubblica. Quella furia iconoclasta contro il sistema parlamentare ed il ruolo di mediazione delle forze politiche, tra popolo ed istituzioni democratiche, ci ha regalato la politica del “ capo” e gli attuali partiti di plastica, le ditte personalizzate e familiari. Se oggi la critica anti sistema la portano i plutocrati come Elon Musk a l'uomo più potente della Terra, il miliardario newyorkese Donald Trump, è diventato presidente degli Usa, lo dobbiamo ad una nuova forma di populismo, con il suo carico di propositi sbrigativi vuol dire che non siamo molto lontani dal qualunquismo di dimensione planetaria !! Così ad Est del mondo ove gli oligarchi di Putin sorreggono il despota del Cremlino (e la sua politica di espansione) e la Cina vive prigioniera di un ibrido tra marxismo politico e liberismo economico tirannico in politica e permissivo in economia, espressione di un qualunquismo colossale, ossia arrichitevi ma tacete.!! Insomma il qualunquismo del terzo millennio rischia di divenire la narcosi della democrazia e della libertà politica in un mondo dove tutto si decide sugli interessi e nulla sulla dignità, i diritti ed il benessere degli esseri umani.
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Le immagini delle recenti manifestazioni che hanno seguito il decesso – su cui ancora è necessario attendere la sentenza delle istituzioni competenti ad emetterla – mostrano una preoccupante evoluzione in negativo dell’apparato preposto alla gestione dell’Ordine Pubblico.
C’insegnavano a tenere distanti e al riparo i mezzi, ad allontanare i gruppi che aumentavano la pressione sullo schieramento, ad avanzare e caricare – all’occorrenza – per incanalare la massa dei facinorosi verso precostituite vie di fuga. Dovevamo evitare di tornare in caserma con feriti e contusi, e se proprio doveva accadere era tassativo cercare d’intercettare i responsabili del ferimento e trarli in arresto. In quel caso noi ufficiali e funzionari organizzavamo squadrette preposte a individuare chi lanciava pietre o aggrediva con spranghe e altro, per neutralizzarlo, documentandone le malefatte, perché la punizione in giudizio fosse assicurata.
Non era per crudo senso di vendetta, ma serviva per far capire alla controparte che, ove avesse alzato il livello dello scontro, lo Stato avrebbe reagito. Cercavamo, peraltro, anche di dialogare e cercare una soluzione, perché non ci faceva piacere che la tensione sfociasse in devastazione e guerriglia urbana. Eravamo lì per garantire l’Ordine Pubblico!
Poi abbiamo cominciato a sentirci dire che eravamo stati bravi a non farci trascinare dalle provocazioni, che nonostante tanti feriti, non avevamo “ecceduto”. E nessuno s’è mai posto, pare, il problema, che la controparte potesse “eccedere”. Quella lo poteva fare, in nome di una libertà non meglio qualificata. Noi, da signori, dovevamo lasciar perdere.
Lo Stato ha accettato di sostenere i costi per le lesioni subite dai suoi uomini in uniforme, per preservare le zucche – sovente vuote – di chi scendeva in piazza per far casino. Perché, sia chiaro, i veri lavoratori che protestavano per migliorare la loro condizione di vita e di lavoro, il loro salario, quelli non cercavano di offendere e far male. Del resto tanti di loro erano padri e fratelli dei nostri uomini: lo disse Pier Paolo Pasolini, uno che di destra non era di certo.
L’aver per decenni la politica accettato che il manifestante fosse pressochè intoccabile ha determinato quello cui si assiste oggi. Città trasformate in scenari di guerra, e appartenenti alle forze dell’ordine che potrebbero essere tanti protagonisti di un “Io speriamo che me la cavo”.
E allora oggi gruppi di arrabbiati spingono indietro fino ai loro veicoli blu o azzurri muniti di lampeggianti i contingenti di agenti e carabinieri. Svellono pali della segnaletica e pesanti transenne per usarli come arieti o lanciarli. C’è pure chi prende a calci gli scudi, e anche il didietro del nostro ragazzo in uniforme, o prova ad aprire la portiera di un mezzo delle Forze di Polizia, tanto nessuno gli farà nulla. Neppure se agisce col viso travisato, cosa di per sé illecita. Il funzionario responsabile e l’ufficiale non so che cosa provino, oggi, sapendo di doversi solo ritirare, se “butta male”. Una volta il mio colonnello mi avrebbe fatto correre se avessi riportato la macchina distrutta, oggi pare sia sufficiente non aver fatto male al povero dimostrante, per essere stato bravo a gestire l’O.P.
Bocciatura a scuola, punizioni, manganellatura, sono tutte “una sconfitta della società”, bella banalità che serve solo a tirare su una generazione nella certezza della propria impunità. Meglio i manifestanti degli anni ’60 e ’70, che sapevano che avrebbero potuto buscarle. Questi di oggi vengono avanti tranquilli nella loro viscerale arrabbiatura, col cervello sguazzante in un brodo primordiale d’informazioni sommarie e monodirezionali, privi di un’ideologia seria e articolata.
Eppure bisogna risparmiargli quella ripassata, che sarebbe stato compito dei genitori fargli provare, pena il “deja vu” di Genova-G8. Bene, cresceranno così, pieni di certezze di diritti, assenza di doveri e onnipotente presunzione d’impunità, che svaniranno come nebbia al sole quando dovranno cercarsi un lavoro o superare un concorso. Cresceranno arrabbiati con tutto e tutti, infarciti d’idee irrealizzabili, sperando comprendano prima o poi di doversela prendere con se stessi.
Colpa loro? Ma no! Li hanno resi tali coloro che – pochi, quelli sì abili e intelligenti – non li hanno fatti ragionare, imponendo modelli settari, convincendoli che esistano il nero e il rosso, il buono e il cattivo.
Insomma, il fallimento di Manzoni, quando scrisse che torto e ragione non si separano con un taglio netto.