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Un necrologio di emozioni per salutare la scomparsa di José “Pepe” Mujica, ex presidente dell'Uruguay
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In un'ottica di discussione pubblica, vorrei aggiungere qualche riflessione all'intervista rilasciata dal direttore di Lucca Crea, Emanuele Vietina, sulle sue parole cruciali e fondamentali come cultura, innovazione e tradizione.
Niente che mi possa trovare più d'accordo e che non mi spinga a dire la mia, dato che la cultura è il mio bene principale. Ovviamente sono un'imprenditrice, mentre il direttore di Lucca Crea è un manager di una società che fa capo al 100 per cento al Comune di Lucca, possiamo quindi dire che è un dipendente pubblico.
Lo sottolineo ad onore di chiarezza, perché credo che sia importante la differenza tra noi, sia in termini d'innovazione sia anche ahimè, in termini economici. Il mio fare cultura si scontra con dei costi faticosissimi ed impegnativi a livello personale che un manager pubblico a livello personale non ha, pur dovendo amministrare in maniera attenta ed oculata, non solo da un punto di vista economico ma anche sociale.
Molto bella la riflessione su quanto detto dal professor Robert de Filippi nel suo intervento all'IMT, infatti è di queste ore la presentazione di una vetrina "virtuale" di Lucca Comics su Amazon, notizia che mi ha lasciato "un po' interdetta" e non perché sia sbagliata o altro, anzi, la trovo necessaria in uno scenario mondiale come quello attuale, ma chiedo dove sia, in questo caso così importante, la citata tradizione.
Questa è una vetrina, si, ma solo "commerciale", me lo lasci dire, perché il marchio Lucca Comics su Amazon vende dei prodotti, punto.
Quindi mi rispondo da sola, la tradizione in questo caso non c'è, non esiste, qui abbiamo l'innovazione pura. Allora riformulo la domanda, dov'è la tradizione in questo importante progetto, per la città di Lucca? La città badi bene intesa non come brand, ma come gente, come cuori pulsanti, persone che vivono. Se vuole, se ne ha voglia possiamo metterci intorno ad un tavolo e parlarne, allora io - ma credo anche qualche altro - potrà raccontarle i salti mortali che si fanno nel periodo di Lucca Comics, che dovrebbe essere un periodo d'oro, ma si trasforma in un incubo, fatto di tanto incredibile lavoro che corrisponde a zero guadagno.
Perché tanto alla fine è di questo che si tratta. Innovazione, cultura, tradizione tante belle, meravigliose, scintillanti parole che però non riempiono la pancia, al contrario di una vetrina su Amazon. La tradizione parte "dall'arboreo cerchio" e si estende naturalmente fuori le mura e per essere molto spiccioli ha un nome e si chiama appunto Lucca, con i suoi cittadini, che talvolta sono anche dipendenti di attività commerciali che a fine mese devono mettere su uno stipendio pur mantenendo alta la cultura, per esempio, che non ha un concetto diverso da una holding pubblica.
Adesso il centro di Lucca si è spostato e si chiama ex-Manifattura, ma tutto il resto della città dov'è? Sparisce per effetto di un incantesimo, malefico o benefico, che vuole creare un altro centro commerciale? Per inciso stiamo ancora aspettando di risistemare il Carmine però andremo a pagare un posto macchina ad una società milanese...
Cosa si pensa di fare del resto del mondo commerciale che già esiste? Lo buttiamo via? La legge del mercato m'insegna che a domanda corrisponde offerta, ma le do una notizia, la domanda non c'è, o per lo meno non è adeguata ai costi che si vogliono mantenere in questo vecchio e ammuffito centro esistente.
Qualunque cosa sarà realizzata all'ex-Manifattura non credo che sarà gratis, ci saranno affitti da pagare e rimango ancora perplessa quando vedo le zone morte della città, zone che erano vive solo 10 anni fa, Piazzetta San Carlo, Via Mordini, tutta Via San Giorgio solo per citarne qualcuna che incrociano l'arteria personale della città...
Mi sarebbe piaciuto, quindi, che Lucca Crea, cosa che non ha mai fatto in questi anni, proponesse anche a noi "bottegai", non solo librai, una vetrina vera e non virtuale come quella di Amazon. Forse quest'anno, forse dico..., potevamo dare modo agli editori e agli standisti tutti di avere vetrine vere sulla città e nella città, che non arrivassero in Congo o in Uganda così come a Roma e a Milano ma che fossero tradizionalmente lucchesi, in nome di una tradizione di una città che li ospita da anni, e che il canone - che in questi anni veniva pagato a voi con gli stand che nel 2020 non ci saranno - fosse corrisposto in maniera semplice e tradizionale alle attività di qualunque genere, che fossero state disposte a concedere i loro spazi.
Troppo complicato? Ah già, ma a noi è stato dato un contributo sugli affitti di 500€ una tantum, mi scusi la frecciata che non la interessa direttamente perché lei non paga un affitto, ma mi da l'occasione per dire al Comune per cui lei lavora che purtroppo nonostante gli sforzi e la lunga attesa questa cifra non aiuta nemmeno lontanamente, così come i prestiti a tasso zero per i primi due anni, che sempre prestiti sono.O forse c'è una cultura di serie A e una di serie B e io non lo sapevo?
Mi scusi l'ironia ma mi piacerebbe sapere perché poi c'è bisogno di un nuovo futuro centro commerciale, o meglio come lo definisce lei "di un luogo dove possa germogliare una novella impresa culturale" per iniziare con Lucca Crea una collaborazione con le persone che "vivono"di Lucca. Non va bene quello che già c'è???Guardatevi intorno e attingete dalla tradizione che è sotto i vostri occhi, aiutatela a mantenerla in piedi aiutatela a mantenerla VIVA!!
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Riceviamo e pubblichiamo questa lunga lettera, decisamente critica, inviataci dall'amico e collega Paolo Bottari e diretta al presidente della Lucchese 1905 Bruno Russo:
Al presidente della Lucchese,
sono rimasto sconcertato dal comportamento di certi suoi dirigenti del settore giovanile o di chi lo vorrebbe rappresentare e pur sapendo di essere una voce fuori dal coro, in un momento in cui gli sforzi principali sono riservati a rilanciare la prima squadra, mi permetto di fare una riflessione, sapendo di interpretare il pensiero anche di tanti altri operatori di società dilettantistiche che, come me, si impegnano nelle Scuole calcio del territorio. So che se il buongiorno si vede dal mattino…allora dobbiamo seriamente preoccuparci…
Alleno i più piccoli della Folgore Segromigno e proprio ad allenamenti non ancora iniziati, la scorsa settimana vengo a sapere che un mio ragazzo di sette anni, già da noi tesserato, probabilmente non verrà più perché ha avuto la “fortuna”, ahimè (!), di partecipare all’”Open day” della Lucchese alle Madonne Bianche e là, insieme al padre, è stato avvicinato e circuito dai dirigenti presenti, convinto, senza tanti giri di parole, a lasciare la propria squadra anzitempo, per andare a coltivare il “sogno” Lucchese. Parole riportate dallo stesso genitore e in parte confermate anche dal dirigente stesso che ho voluto sentire personalmente, se non fosse che si tratta di un bambino con capacità normali e non di Maradona. Quello che difetta in questa storia, comune a tante altre ma fuori tempo massimo, è la correttezza dei metodi e la tempistica. Il ragazzo a luglio era già tesserato per la nostra società, con cui aveva rinnovato l’impegno dell’anno prima con entusiasmo. Poi partecipando ad una iniziativa fatta per trovare nuove adesioni alla vostra Scuola calcio, mettendo in campo il nome Lucchese, ha cambiato idea ma direi è stato indotto a cambiarla con comportamenti scorretti che vanno oltre il buonsenso. Dopo i convenevoli, infatti, i dirigenti hanno suggerito alla famiglia di portare il ragazzo da loro, spiegando anche come avrebbero potuto svincolarlo rapidamente, nonostante l’assenza di qualsiasi vera motivazione. Questa è scorrettezza allo stato puro e slealtà sportiva, che è già condannabile quando succede tra società dilettantistiche di pari grado ma che è peggiore quando a farla è una società professionistica e ad inizio stagione. Mi si dirà, come hanno provato a dirmi i diretti interessati, che la neonata società “Lucchese Academy” o “Piccole Pantere Rossonere”, non so quale sia il vero nome, è una normale società dilettantistica e può fare quello che vuole, ma allora dico di spiegare bene chi è Lucchese e chi no, facendo dei distinguo e non giocando sull’ambiguità di un nome simile perché c’è molta disinformazione e qualcuno alla fine poi se ne approfitta. Essere professionisti implica anche una professionalità nei rapporti con le società e una correttezza nello stile e nel modo di approcciare i ragazzi e le famiglie che in questo caso non hanno avuto ma so anche di altri casi. Poi, siccome i bambini a sette anni devono essere contenti, giocare per il gusto di divertirsi e non inseguire sogni troppo grandi da fantacalcio indotti dagli adulti, ho lasciato libero il ragazzo ma non voglio che la vicenda finisca nel silenzio.
Un settore giovanile che deve risorgere e tornare competitivo e a rappresentare magari il meglio che c’è sul territorio delle giovani leve, deve partire da comportamenti professionali. Tutti amiamo la Lucchese, soprattutto quella che è rinata con una gestione tutta locale ma poi per farsi amare, deve saper trovare un equilibrio e costruirsi una credibilità a partire dai più piccoli, che tanti anni di gestioni passeggere hanno minato.
Costruire un settore giovanile professionistico costa, esige risorse ma anche collaborazioni con persone e società esterne, ed entrare a gamba tesa in concorrenza con quelle più piccole, inseguendo una quota in più e nascondendosi dietro un nome, non è una bella pubblicità, se è vero che la Lucchese punta sui più piccoli per rifarsi il nome. Anche le altre società meritano rispetto.
Sono convinto che Lei non sappia niente di tutto questo ma la invito a vigilare sulle persone a cui sta affidando il progetto del rilancio del settore giovanile, da cui passa sicuramente una buona fetta della buona immagine del marchio Lucchese e a cui associare quei valori che vedo inseguite con altre iniziative ma che poi si perdono inesorabilmente alla “prova del campo”. Serve una migliore cultura sportiva, molta più professionalità e non farebbe male una maggiore informazione.