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Riceviamo e volentieri pubblichiamo quest lettera aperta scritta dal consigliere comunale di minoranza ad Aldo Grandi nella quale si lamenta di una serie di considerazioni che avrebbero attinenza con la sua sfera privata invece che con quella politica. E offre biscotti befanini:
Pregiatissimo direttore Grandi,
in premessa desidero dirle che la rincorro da Natale per consegnarle un pacco di biscotti, che ho fatto con le mie mani come pensiero per gli amici in occasione delle feste.
Non perché, ad onor del vero, tra di noi ci sia un rapporto così intimo. Anzi, a mio ricordo, l’unica occasione in cui (quasi) parlammo fu una cena a cui ci ritrovammo ormai ben più di venti anni fa. O meglio, a quella tavola - io allora giovanissimo e timido reporter (benché già allora sorridente e rubicondo, evidentemente qualcosa in comune col sindaco Pardini ce l’ho) di un giornale locale adesso non più in edicola - mi rammento rimasi per lo più in silenzio, colpito dai coloriti racconti, riferiti a quello che allora era un suo collega, con cui lei tenne banco per tutta la sera davanti a me e gli altri presenti. Non so se si ricorda il fatto, ma le assicuro che lei fece di tutto, tranne che stare in disparte. Anni dopo, leggendo le sue rubriche, mi fece piacere scoprire che col tempo il rapporto con la persona che allora aveva menzionato con così tanta foga, si era evidentemente ristabilito: sia perché non fa mai bene restare arrabbiati; sia perché si trattava di un professionista che stimo.
Le dicevo che le ho preparato dei biscotti, proprio perché leggo - anche se, ammetto, saltuariamente - i suoi articoli. E mi è rimasto in particolare in mente quello della scorsa estate, in cui dedicó una pagina al limite dell’agiografico ad una delle nuove amministratrici lucchesi di cui - vado a memoria - esaltó le doti politiche in virtù proprio della capacità del suo congiunto di prepararle delle sopraffine acciughe fritte. E allora mi è venuto in mente: non è che se assaggia anche i miei befanini, finisce che il direttore Grandi fa un bell’articolo pure su di me? Nel dubbio, ho dunque preparato un pacchettino.
Non è però per tali questioni amene che le scrivo, quanto piuttosto per risponderle all’articolo “Fabio Barsanti fascista? Sarà, ma sempre meglio lui di Rosa Chemical, Daniele Bianucci e della sinistra lucchese”, in cui in maniera inequivocabile mi cita, benché non abbia ancora assaggiato i miei famosi biscotti.
E le do ragione: è vero che, come scrive, sono un ammiratore di Elly Schlein. E seppur da indipendente - non sono iscritto ad alcun partito e sono stato eletto consigliere in una lista civica - sostengo attivamente la sua corsa alle primarie del centrosinistra. Perché credo che possa rappresentare una svolta decisiva per l’area progressista e quindi per tutto il Paese, incarnando quel bisogno di cambiamento che tutti noi domandiamo e che è indispensabile per permettere alla sinistra di tornare ad essere maggioranza.
Ho letto nel suo articolo le parole di elogio per chi sfida Elly Schlein, e devo ammettere che la cosa non mi ha affatto stupito: mi pare anzi naturale che chi - legittimamente - fa riferimento alla destra, abbia a cuore che nel centrosinistra vinca e prosegua a dare le carte la parte che permette la continuità maggiore col presente e lo status quo, in quanto sicura polizza sulla vita per il governo di Giorgia Meloni e per le amministrazioni locali come quella di Pardini a Lucca.
Non è normale infatti che le simpatie di chi come lei è di destra siano tutte per chi è garanzia di proseguimento delle interminabili sconfitte della sinistra, a cui abbiamo assistito negli ultimi anni? E la sua analisi, caro direttore, mi pare che non si scosti molto da questo desiderio: legittimo da parte sua; molto meno condivisibile da parte nostra, che auspichiamo finalmente un deciso cambio di rotta.
Infine mi permetta un’ultima considerazione. La trovo da tempo assai interessato alla mia vita, tanto che i riferimenti in tal senso nei suoi articoli diventano continui e pressanti. Capisco che quando si acquista una dimensione non solo privata, ciò possa accadere. Non per questo reputo appropriati toni e riferimenti, e credo - al di là di ogni ironia - giusto sottolinearlo. Mi riferisco all’articolo che ho citato in premessa, dove con fare caricaturale prova ad accostarmi appunto all’artista Rosa Chemical. Ho provato più e più volte ad individuare sottotesti reconditi su tale “fine” riferimento, ma francamente mi pare che emerga solo il più scontato, e quindi il più becero. E spero che abbia l’onestà intellettuale di ammettere che non è la prima volta che ciò accade, ad opera sua o di un paio di suoi collaboratori. Ho più di 40 anni, ho le spalle grosse, provo a vivere con tutta la dignità che riesco la mia vita. Non credo debba chiedere a lei alcun permesso né per le mie idee, né tanto meno per le scelte sulle quali intendo impostare la mia esistenza. È vero che se lei non riesce ad accettare - come sembra evidente - né le prime né le seconde, ciò è un problema suo, e non mio. Ma mi pare altrettanto vero che sia un mio legittimo e sano diritto sperare che ciò non sia oggetto di una ripetuta campagna ostile da parte di un organo di stampa cittadino. In ultima istanza, però, non è neppure questo il punto più cruciale, che invece va ben oltre quello che sono io. Perché forse non tutti, nella nostra città, hanno la stessa scorza di chi le scrive: e di questo sarebbe importante, io credo, che lei cominciasse a tenere di conto, perché la cosa che fa più male è che quando fa scherno delle mie idee e delle mie scelte di vita, attacca pure la serenità di chi si trova in una situazione similare alla mia. Persone - a volte anche giovani, e per questo ancora meno attrezzate per un tritacarne che certo non si meritano - che hanno il diritto di cercare con tranquillità il proprio percorso. Basterebbe provare a leggere con più attenzione la cronaca cittadina recente, per avere riprove concrete (purtroppo drammatiche) di quanto sto provando a dire.
Senza la presunzione di insegnarle nulla, e col pieno rispetto delle posizioni diverse dalle mie, le esprimo l’auspicio che possa però esternarle con più attenzione al rispetto della vita di tutti.
Resto in attesa di consegnarle i biscotti sperando che bastino, anche perché non so cucinare il pesce: ma se crede, potrei provare con baccalà e ceci. Intanto la saluto cordialmente,
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Il Manifesto città 30 è un accordo tra istituzioni, associazioni delle vittime della strada e lega ambiente per raggiungere l’obiettivo di mortalità zero, prefissato per il 2050 dall’ONU a livello internazionale e dall’UE a livello europeo, che serve anche in Italia ed alcuni comuni importanti stanno già attuando anche approfittando del PNSS 2030. Quest’ultimo è dotato di fondi adeguati e vincolanti per la realizzazione di interventi di gestione e controllo della velocità, che adotteranno tecniche consolidate come il traffic calming e l’implementazione di zone 30 e isole ambientali. L’obiettivo è quello di ridisegnare le città, con la progettazione di spazi pubblici e ambienti urbani sicuri con elevati standard di sicurezza e favorirne al massimo l’accessibilità e la fruizione da parte di tutti gli utenti. Dalla lettura delle più recenti statistiche è emerso che il 73,3 per cento dei sinistri stradali avvengono sulle strade urbane, ed una delle tre principali cause di incidenti in Italia è proprio la violazione dei limiti massimi di velocità. Da qui la necessità di nuove politiche più efficaci per contrastare soprattutto il fenomeno mortale, quindi bisogna creare una rete che sia in grado dii cambiare non solo la forma mentis di tutti gli utenti della strada, ma anche la viabilità e la segnaletica cittadina, lo stile di guida e di vita dei conducenti dei mezzi di locomozione (pedoni, ciclisti, automobilisti e motociclisti), avviando una straordinaria campagna di incentivazione del trasporto pubblico urbano che decongestioni il traffico rendendo le strade più libere e più respirabile l’aria con meno smog. Bisogna quindi guardare al futuro e creare una alleanza tra istituzioni nazionali, regionali e comunali, organizzazioni di mobilità attiva e sostenibile ed associazioni delle vittime della strada per ridurre i danni e raggiungere il primario obiettivo della mortalità zero. Si deve attuare una generalizzazione del limite massimo di velocità di 30 km orari nell’ambito urbano promuovendolo sulle strade di quartiere, implementando quello dei 50 km orari sulle strade urbane di scorrimento, creando nuove piste ciclabili ed ampliando le misure di sicurezza e di luminosità degli attraversamenti pedonali e degli ostacoli fissi. A tutto ciò si aggiunga una nuova legge per l’assistenza delle vittime della strada che potrà avvalersi dei fondi di circa 2.000 milioni di euro che ogni anno vengono versati con il contributo sanitario della RCA auto e che lo Stato trasferisce alle Regioni.